Chiapas, senz’acqua ma con la Coca Cola

Ormai entrata profondamente nelle abitudini culturali della popolazione, il consumo medio della bevanda gassata nella regione messicana supera i due litri giornalieri per persona, con conseguenze gravi per la salute.
DAVIDE DALLA VIGNA
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pubblicato il 14 aprile 2019

[CITTÀ DEL MESSICO]

A chi arriva per la prima volta in Messico, saltano immediatamente all’occhio tre cose: l’enorme quantità di gente obesa, il gran numero di persone senza gambe e il fatto che Coca Cola e altre bevande zuccherate (qui chiamate refrescos), oltre a costare meno dell’acqua, si vendano anche in farmacia, dal dentista e in ospedale. In quel momento ignoravo la loro indissolubile interconnessione. 

Il Messico, sette volte più grande dell’Italia, registra una popolazione di circa 130 milioni di abitanti, di cui il 43 per cento vive in povertà. Una delle conseguenze di questa situazione è il fatto che le persone hanno una seria difficoltà ad alimentarsi in modo corretto; sono obbligate a preferire cibi e bevande con altissime quantità di grassi o zuccheri, ma economici, invece di qualcosa di più sano, quasi sempre più caro.

Questo, sommato a certe “cattive abitudini” come il fatto di mangiare poca frutta e verdura, ha portato il Messico a diventare il paese con il secondo maggior numero di adulti in sovrappeso al mondo (sette su dieci), preceduto soltanto dagli Stati Uniti. Per quanto riguarda bambini e adolescenti, invece, è il primo: uno su tre. In totale a soffrire solo di obesità è il 32 per cento, più di 40 milioni di persone.

La più forte fra queste “cattive abitudini” è, senza dubbio, quella di bere enormi quantità di Coca Cola. Il Messico è il suo maggior consumatore al mondo; in media ogni messicano ne beve circa mezzo litro al giorno. Il suo alto consumo è tra le principali cause che portano il Messico ad essere il Paese con più morti per diabete di tipo 2 (mellito) in America Latina. Ne soffre il 14 per cento degli adulti e rappresenta la prima causa di morte nel Paese.

In Messico Coca Cola possiede diciassette fabbriche. La più grande si trova a Toluca; seconda più grande al mondo per dimensioni, prima al mondo per produzione. La più discussa si trova, invece, mille chilometri più a sud, a San Cristobal de las Casas, in Chiapas.

Il Chiapas è lo stato messicano più povero: su dieci persone, otto vivono in povertà. Circa il 40 per cento della popolazione parla solo la propria lingua indigena. Il territorio è estremamente ricco di risorse naturali e di acqua, la quale rifornisce il resto del Paese e permette al Chiapas di essere uno dei maggiori esportatori al mondo di frutta tropicale, caffè, miele e cacao.

Proprio l’acqua è il più grave problema oggi in Chiapas: una cospicua parte della popolazione se ne vede privata costantemente, in particolare a San Cristobal, dove l’acqua non arriva al 20 per cento dei 250.000 abitanti. Questa mancanza spinge a preferire ancora di più le bevande zuccherate; in questo modo viene risparmiata acqua, utile anche per lavarsi, fare il bucato e cucinare.

Nell’area il consumo medio di Coca Cola supera i due litri giornalieri per persona con nefaste conseguenze per la salute. Secondo il dottor Marcos Arana Cedeño, direttore della Commissione per la difesa del diritto alla salute in Chiapas, il problema inizia già in tenerissima età e riguarda, in primis, la popolazione indigena. Una sua inchiesta del 2016 ha evidenziato che a San Cristobal consumano refrescos il 3 per cento dei bambini che hanno meno di sei mesi e il 16 per cento di quelli di un anno. Se si aggiunge uno stato di denutrizione spesso presente nei bambini indigeni, la probabilità per loro di contrarre il diabete aumenta enormemente.

Se si confrontano i dati, si può notare che in Messico muoiono cinque volte più persone per le conseguenze del diabete che per ragioni legate al crimine organizzato. I morti sono aumentati da di 110.000 persone durante la presidenza di Enrique Peña Nieto (2012-2018). Proprio l’ex presidente nel 2016 confidò pubblicamente di consumare ogni giorno Coca Cola Light e sperare che tale affermazione potesse essere una buona pubblicità per la compagnia. Solo in Chiapas tra il 2013 e il 2016 i morti per diabete sono aumentati del 30 per cento (3.000 in più all’anno).

Coca Cola è penetrata nella cultura della popolazione locale, che ne fa uso con una frequenza che non ha pari nel mondo. La si consuma in qualsiasi contesto.

L’esempio più visibile lo si trova a San Juan Chamula, un paesino a dieci chilometri da San Cristobal. Nella sua chiesa non ci sono banchi, né sedie, il pavimento è ricoperto da aghi di pino e al buio brillano centinaia di candele. Le persone sono sedute a terra e accendono altre candele, sopra le quali versano la Coca Cola. Questa è entrata a far parte in modo permanente di un rito sincretico secolare, sostituendo il pox (una grappa locale), e si beve all’interno della chiesa mentre si prega. 

La Coca Cola è usata come una bevanda sacra, dalle proprietà curative, oltre che per estinguere debiti e pagare le multe. Jesús Carmona de la Torre, direttore del Sistema di acqua potabile municipale (Sapam), riferisce che una volta è stata rifiutata la costruzione di un pozzo perché la popolazione non è stata ripagata con refrescos. Si tratta di una vera e propria cocacolonización.  

Questo è stato permesso da un abile lavoro di pubblicità. Ad esempio, si utilizzarono delle enormi insegne all’entrata dei paesini di San Juan Chamula e Zinacantan che davano il benvenuto in lingua tzotzil. A seguito di proteste e della pubblicazione di documentari (il più conosciuto è Dulce Agonía), le insegne sono state rimosse, così come la scritta sulla facciata d’entrata della fabbrica, appena fuori dal centro di San Cristobal. 

Quando si parla di Coca Cola, si parla di Femsa, una multinazionale che di certo non è stata ostacolata dal potere politico degli ultimi anni, anzi. Sono stati ai suoi vertici personaggi di rilievo della politica messicana; tra tutti Genaro Borrego Estrada, ex presidente del Pri, e Vicente Fox Quesada, presidente della repubblica dal 2000 al 2006 e presidente di Coca Cola in Messico durante gli anni Settanta.

Proprio durante la presidenza Fox sono stati rinnovati i permessi decennali del 1994-1995 che consentivano a Coca Cola l’estrazione di 500 milioni di litri di acqua all’anno da due diversi pozzi nella zona di San Cristobal. Con il rinnovo si è passati a 612 milioni; la cifra non è sicura perché nessuno ha mai diffuso le cifre ufficiali. In tutti i casi si tratta di una quantità che potrebbe fornire, si è calcolato, 80 litri al giorno per un anno ad ogni abitante di San Cristobal. 

La situazione appare aggravarsi, anche a causa di un clima che non fornisce più la stessa quantità d’acqua piovana. Lo ha notato Juan, contadino di mais e fagioli di San Felipe Ecatepec, a cinque chilometri da San Cristobal, che esprime tutta la sua rassegnazione accusando il mancato aiuto da parte del governo locale: “le autorità non ci ascoltano, per loro siamo come animali”. Per ora il pozzo di Juan contiene acqua, ma non è così per molti dei suoi conoscenti. 

Non è così sicuramente per Celsa, prima donna eletta rappresentante a Huitepec Alcanfores, a quatro chilometri da San Cristobal. “Non c’è più acqua nei nostri pozzi, alcuni si sono asciugati completamente”. La situazione in questa comunità è così grave che l’acqua arriva soltanto un giorno a settimana, per due ore, da due anni a questa parte.

Dobbiamo risparmiare moltissimo; non usiamo la doccia, né la lavatrice; l’acqua ci deve bastare una settimana.

Dare la colpa di tutto questo a Coca Cola sarebbe troppo facile. È oggettivo che il governo (locale, statale e federale) non ha voluto interessarsi al problema, sia dal punto di vista della crisi del diabete, sia da quello di un sistema inefficiente da rinnovare. Per quanto attiene all’acqua, quando arriva è in molti casi sporca e inquinata. Lo sanno bene i turisti tornati a casa con la salmonella dal loro viaggio a San Cristobal.

In una situazione di questo tipo è difficile anche solo pensare a una soluzione. Per Antonino García, professore all’Università Autonoma Chapingo, “tutto collasserà in meno di cinque anni”, soprattutto a fronte di “un sistema che non è stato modernizzato, che ha tubi di sessant’anni, quando il massimo della durata di un tubo è trenta”. Aspettare il collasso del sistema è, per lui, l’unica soluzione possibile.

Così la gente arrabbiata andrebbe a bruciare sia il municipio che la fabbrica di Coca Cola.

Per Alejandro Calvillo, direttore dell’ong “Il potere del consumatore”, si può iniziare a risolvere il problema attraverso:

[…] educazione alimentare, creazione di spazi pubblici dove bere acqua, limitare la pubblicità in televisione negli orari in cui è più vista dai bambini, rivalorizzare le bevande tradizionali.

Fondamentale sarebbe, inoltre, “raddoppiare la tassazione sulle bevande zuccherate, arrivando al venti per cento”. Nel 2014 si decise di tassare ogni litro del dieci per cento e i risultati si videro immediatamente.

La verità è che non dovrebbe proprio esistere una scelta fra Coca Cola e acqua, perché senza Coca Cola si vive benissimo, mentre senz’acqua non c’è vita; ancora meno fra Coca Cola e i propri concittadini, soprattutto se si è stati eletti per rappresentarli. Invece, quella scelta l’hanno fatta eccome i governi messicani degli ultimi anni e la stessa a tutti i livelli. Hanno scelto Coca Cola, Coca Cola Light

Chiapas, senz’acqua ma con la Coca Cola ultima modifica: 2019-08-21T15:00:30+02:00 da DAVIDE DALLA VIGNA
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