Sceneggiatore, regista, tecnico delle luci, architetto d’interni, paesaggista, meteorologo, psicologo… tutto questo e molto di più è Valerio Held, veneziano di Castello nonostante il cognome tedesco: che di mestiere fa il disegnatore delle strisce di Topolino. Il mitico Mickey Mouse inventato nel 1928 negli Stati Uniti da Walt Disney, prima protagonista di un lungometraggio e due anni dopo di un fumetto che spopolò anche in Europa, grazie al tratto grafico di Ub Iwerks, assieme a Floyd Gottferson e Carl Barks pionieri dei grandi fumettisti.
Un disegnatore di fumetti in Laguna: l’ultimo della grande scuola veneta che in oltre sessant’anni ha raccontato con i suoi disegni le avventure di Topolino e della sua grande famiglia antropomorfa: Minnie e i nipoti, Paperino, Gambadilegno, Trudy, Orazio e Clarabella, zio Paperone e Qui, Quo, Qua, Pippo, Pluto, Amelia la fattucchiera che ammalia, la Banda Bassotti, Archimede Pitagorico, Gastone etc. Personaggi che hanno accompagnato infanzia ed adolescenza di generazioni di persone.

Valerio Held siede al suo tavolo da disegno al quale da poco si è aggiunto uno schermo digitale, con matita, china e pennello. Escono dal suo tratto fisionomie ben note alle quali tutti siamo più o meno affezionati: il naso a pallina dei gatti e dei topi, il becco dei paperi, la coda di Pluto hanno accompagnato le prime letture di molti di noi, fedeli in attesa del nuovo numero dell’uscita settimanale.
Era un bel regalo, l’abbonamento al giornalino: puntuale a casa con la posta (ahimè non come adesso), il mercoledì. Ricordo ancora l’arrivo glorioso del numero 500, copertina d’oro e un trionfante Topolino al centro: ce lo contendevamo con il mio papà. Si diventava membri delle Giovani Marmotte e il manuale era sempre consultato.
Ma cosa c’è dietro gli oltre tremila numeri del giornalino – a Venezia giornaletto – che negli anni di massima tiratura raggiungeva le 560.000 copie e d’estate grazie ai gadget arrivava anche al milione e mezzo? Parliamo degli anni Settanta-Ottanta, quando Topolino rappresentava il dieci per cento degli incassi della casa editrice (allora Mondadori, oggi Panini).
Dalla casa di Valerio Held a Castello arrivano molte delle storie che oggi leggiamo in quello che tecnicamente si chiama “libretto”, e ha sostituito dal 1949 il formato a foglio grande, meno maneggevole.
Una vera e propria sceneggiatura è alla base della storia, proprio come per un film: autori vari o lo stesso disegnatore presentano alla redazione centrale un canovaccio che una volta approvato diventa sceneggiatura con il dipanarsi della storia.
Il disegnatore ha il compito di spiegare la trama della nuova avventura di Topolino o Paperino, con tutta la corona di attori coprotagonisti: paesaggio, viaggi nel tempo e nello spazio, luci, sentimenti, espressioni, movimenti, vento pioggia neve sole, navi e aerei, astronavi o carrozze, dollari e la mitica Numero Uno con l’avaro zio Paperone, indagini del detective Topolino. Mille e mille situazioni si dipanano attraverso i disegni di Valerio.
Ogni pagina del libretto ospita sei vignette, e ogni storia si svolge in circa trenta tavole. Il disegnatore disegna ogni immagine a matita in bianco e nero su un foglio trenta per quaranta centimetri, e il tempo medio per completare la sceneggiatura è di circa un mese e mezzo. Una volta terminati i disegni, una parte della redazione completa i “baloon”, cioè le nuvolette che contengono le parole pronunciate dai personaggi, oltre agli immancabili suoni di gioia, disappunto, dolore, stupore: i vari grunt, gulp, gasp, smak.
In gergo tecnico questa operazione si chiama “lettering”: dopo questo ulteriore passaggio le pagine sono pronte per essere colorate con i colori tradizionali ai quali il pubblico è affezionato, i vestiti, le giacche, i guanti, ma anche i palazzi, le strade, i mezzi di trasporto.

I colori sono aggiunti oggi con tecnica digitale: il disegnatore ha la responsabilità di calibrare lo spazio necessario alla nuvoletta, la tridimensionalità dell’immagine, la visibilità di un personaggio, che non si sovrapponga a un altro. Come un film che non può essere solo girato con primi piani.
Oltre alle storie più lunghe, Held compone quelle che in gergo tecnico di chiamano “strisce autoconclusive”, storie brevi composte in una pagina da sei sole vignette: una “sintesi grafica”, spiega, dove in poche battute si dipana una vicenda dall’inizio alla fine.
È indispensabile una grande attenzione ai particolari, che deve seguire criteri legati all’attualità in continua evoluzione: ad esempio se oggi si disegna un telefono a disco appoggiato su un tavolino, pochi saranno i bambini o i ragazzi che capiranno la forma dell’oggetto oltre al suono classico “ring, ring”, oppure la forma del televisore a cassa pieno di manopole sporgenti, così come le automobili con i grandi paraurti di metallo.
Se capostipite è Topolino, molti personaggi delle storie si sono aggiunti negli anni grazie alla fantasia di grandi disegnatori, e i disegnatori italiani in particolare realizzano l’ottanta per cento della produzione mondiale: le loro vignette arrivano in Sud America e in Nord Europa, in Asia e in Australia. I veneziani che si sono cimentati e si cimentano in questa arte sono numerosi, e rappresentano una vera e propria scuola, che ha in alcuni nomi delle vere e proprie pietre miliari.
Il capostipite è Romano Scarpa (1927- 2005), l’inventore di Trudy e Brigitta; e poi Giorgio Cavazzano, che oggi vive a Mirano e continua una carriera proficua e ricchissima di idee, come il cugino Luciano Capitanio (1934-1969); e ancora Luciano Gatto Maurizio Amendola, Roberto Viale – che vive e lavora a Lorenzago di Cadore dove recentemente un giovane volonteroso ha aperto una fumetteria –, Stefano Intini, Alessandro Gottardo, Nicola Tosolini.
Chissà come mai, questa propensione al disegno dei fumetti. Forse Venezia, dove non esistono linee rette e tutto sembra galleggiare tra acqua e nebbia, ispira più di ogni altra città tradizionale.

Se parliamo di tradizione però la grande famiglia di Topolino non è certo una famiglia tradizionale: zie e zii si occupano di nipoti dei quali non si conoscono i genitori, non si parla di matrimonio tra Topolino e Minnie, Paperino e Paperina, Orazio e Clarabella, Gambadilegno e Trudy… Vivono insieme queste coppie di fatto? Mah, ci vorrebbe una bella nuvoletta. E Qui, Quo e Qua assieme ai gemelli Tip e Tap nati a Topolinia e lì domiciliati, hanno il visto sul passaporto per esplorare assieme agli zii le montagne delle Ande o gli abissi dei Sargassi, gli altipiani del Tibet e i deserti dell’Africa? Come può vivere tranquillo lo zio Paperone, che si tuffa felice tra i dollari del suo inespugnabile deposito, con i Bassotti che gli tendono mille agguati? E Archimede che inventa fantasmagoriche diavolerie, potrà mai confrontarsi con la truce voracità del gattone Gambadilegno? Amelia la fattucchiera dalle lunghe ciglia riuscirà a sedurre zio Paperone? Vedremo zio Paperino sconfiggere la sfortuna e finalmente averla vinta sul beffardo Gastone?

Ai posteri l’ardua sentenza, diceva qualcuno: per il momento la storia continua, come è giusto che sia. Valerio Held disegna le sue tavole tra tradizione e futuro, dopo aver incamerato nel suo dna di veneziano l’esperienza degli studi al liceo artistico, gli inizi difficili tra il Lido (dove grazie alla mamma si avvicina a Miro e Ennio Missaglia della scuola di Hugo Pratt) e Venezia, le “forche caudine del disegnatore Gianbattista Carpi autore di Nonna Abelarda” che gli ha dato il “placet” tanti anni fa, le iniziative di oggi legate alla Panini e alla presentazione di fumetti alla fumetteria Supergulp di Mestre, e nuovi sogni legati a progetti per nuove animazioni, nuovi personaggi, nuove storie.
Finché c’è fantasia.


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