1979, quella Tribuna politica in cui feci saltare i nervi ad Almirante

Sorteggiato tra i giornalisti invitati al dibattito tv con il capo dell’Msi, l’allora redattore di ”Compagni e compagne” partecipa all’incontro, riservando all’esterrefatto intervistato un colpo di scena che resterà negli annali della Rai.
ALDO GARZIA
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Il 25 maggio 1979 mi capitò di partecipare controvoglia a una Tribuna politica con Giorgio Almirante, segretario del Movimento sociale. Lavoravo allora nella redazione di Compagne e compagni, settimanale del Pdup, il partito di cui era segretario Lucio Magri. La nostra era una piccola redazione. Quando ci telefonò la trasmissione Tribuna politica per comunicarci che la nostra testata era stata sorteggiata in abbinamento con l’onorevole Giorgio Almirante, la prima reazione fu di sconcerto perché avevamo a disposizione una sola apparizione televisiva. Provammo a proporre uno scambio con un’altra testata, ma dalla Rai ci fu detto seccamente: “Prendere o lasciare”. Il rigido regolamento del sorteggio delle testate politiche non ammetteva deroghe. Ricordo che proposi la rinuncia alla trasmissione. Luciana Castellina, direttrice del settimanale, era di parere opposto. Alla fine, prevalse l’idea della partecipazione e fui scelto proprio io come il giornalista che vi avrebbe preso parte. L’idea era quella di dire agli spettatori che con noi il sorteggio era stato particolarmente beffardo: una breve dichiarazione politica avrebbe dovuto precedere il mio abbandono della trasmissione moderata da Luca Di Schiena. 

Per temperamento, non mi è mai piaciuto essere protagonista di colpi a effetto. Per questo, provai pure a non accettare la designazione della redazione. Non ci fu niente da fare. Arrivai in anticipo in via Teulada, dove si registrava la trasmissione di Raiuno. C’erano già alcuni colleghi che come me avrebbero dovuto fare le domande ad Almirante. Ci accolse con estrema cordialità Luciana Giambuzzi, che in quel periodo era tra i principali collaboratori di Jader Jacobelli, direttore di Tribuna politica. Ricordo che io, Alfredo Orlando (Il Giorno) e Gaetano Scardocchia (Corriere della Sera) abbiamo parlottato per una decina di minuti con Giambuzzi, prima che arrivassero gli altri colleghi (Gianluigi Capurso, Secolo XIX; Roberto Bellato, Stampa sera; Salvatore Carrubba, l’Opinione; Antonio Rossano, La Gazzetta del Mezzogiorno; Marcello Palumbo, Corriere Mercantile). Ovviamente, non feci cenno né alla Giambuzzi né agli altri colleghi della mia intenzione di abbandonare la trasmissione. A un tratto, arrivò Almirante: diede la mano a tutti i giornalisti e poi si sedette dietro la scrivania, mentre noi prendevamo posto su una bizzarra pedana.

Ho conservato il resoconto stenografico del mio intervento in quella Tribuna politica:

Come diceva Di Schiena all’inizio, i giornalisti che partecipano a queste conferenze stampa non decidono loro con chi dibattere ma vengono sorteggiati. Con il settimanale del Pdup, il sorteggio è stato un po’ ingeneroso. Noi, a differenza di Marco Pannella, non pensiamo che Almirante sia un “amico”, che per fare colpo bisogna promuovere un contraddittorio con lui. Per noi, invece, Almirante resta uno dei principali avversari politici. Con lui non discutiamo. La democrazia va usata con chi la rispetta, non con chi invoca la pena di morte nei suoi comizi, con chi deve rispondere a un processo – proprio Almirante lo ha ricordato nella sua introduzione di questa sera – per ricostituzione del Partito fascista, dopo che il suo partito si è scisso accusandolo di essere eccessivamente nostalgico. Non discutiamo con chi nel 1943 firmava bandi per la fucilazione dei giovani che si volevano sottrarre al regime fascista e alla Repubblica di Salò. Ho qui una copia di quel bando. Quindi, volevo solo dire che noi non discutiamo con Almirante. Noi crediamo al confronto e alla democrazia. Crediamo che la democrazia vada usata per cambiare questa società. Ma pensiamo anche che non abbia senso usarla con chi la combatte e con chi questa democrazia la rifiuta. Avevamo a disposizione pochi minuti e ci interessava dire questo. Non ci interessa quello che Almirante risponderà. 

Dopo quelle parole, il moderatore Di Schiena mi chiese se rinunciavo ad ascoltare la risposta. Gli risposi affermativamente e abbandonai lo studio sotto l’occhio incredulo di colleghi, cameraman e collaboratori della trasmissione. Almirante perse la pazienza e mi diede del “vigliacco” perché non ascoltavo la replica. Luciana Giambuzzi mi prese sottobraccio e mi accompagnò fuori dello studio commentando: “È la prima volta che un giornalista abbandona Tribuna politica”.

Lungo il corridoio esterno mi attendeva Aldo Cotronei, storico dirigente della Rai. Mi condusse al bar per bere un baby whisky e stemperare la tensione. Mi ricordo lo sguardo rabbioso del servizio d’ordine di Almirante che fece capolino da una stanza: aveva visto quello che era accaduto grazie a uno schermo di servizio. Se avesse potuto, quel servizio d’ordine mi avrebbe sbranato.

In quel periodo, la campagna di opinione contro Almirante si basava sul fatto che con l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la successiva creazione della Repubblica sociale italiana, il futuro leader del Msi si arruolò a Salò nella Guardia nazionale repubblicana. Successivamente, dopo aver ricoperto il ruolo di capo di gabinetto del Ministero della cultura popolare di Benito Mussolini, passò al ruolo di tenente della Brigata dipendente dal Minculpop, come veniva chiamato il Ministero della cultura popolare della Repubblica sociale. In questa veste, si impegnò nella lotta contro i partigiani, in particolare in Val d’Ossola. Il 17 maggio 1944 in quella zona e nella provincia di Grosseto, apparve un manifesto: “Tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuorilegge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena. I gruppi di sbandati qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di polizia italiani e tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell’intero gruppo e per la consegna delle armi”. Alcuni esemplari di quel manifesto, esibiti in sede processuale, recavano la firma di Giorgio Almirante. 

1979, quella Tribuna politica in cui feci saltare i nervi ad Almirante ultima modifica: 2019-08-26T22:11:47+02:00 da ALDO GARZIA
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