Ségolène Royal, la ribelle

In occasione della sua presenza al Festival della Politica, ripercorriamo le vicende politiche dell’ex candidata socialista alle presidenziali del 2007 che oggi nella sua veste di ambasciatrice per il polo Artico e Antartico si batte contro il riscaldamento globale.
MARCO MICHIELI
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[PARIGI]

Ségolène Royal è una donna tenace. E come molto spesso accade a donne di carattere, è stata poco amata dai colleghi del Parti Socialiste (Ps). Quando da presidente di regione decise di candidarsi alle primarie socialiste del 2006, gli elefanti del suo partito, i machos che lo guidavano da decenni, la sottovalutarono. La schernirono. Cercarono anche di umiliarla. Ma lei non demorse. “Ségo” ha sempre saputo risorgere. Sempre presente, con nuovi ruoli, nuovi tentativi di incidere sul dibattito pubblico. Anche in questo suo ultimo ruolo come ambasciatrice francese per il polo Artico e Antartico che le ha attribuito il presidente Macron.

La storia politica di Royal però è una di quelle che si ricordano. E che vale la pena di ricordare. Per il coraggio di affrontare certe tematiche, anche in contrasto col proprio partito. Per la capacità di resistere ad una stampa che ha trasformato la trentennale storia con il suo ex compagno François Hollande in un feuilleton politico. Sempre sotto attacco. Sempre criticata. Una storia politica a cui si sono sommati poi i pregiudizi e le aspettative che la nostra società esercita nei confronti delle donne. Anche nell’emancipata Francia.

Ségolène Royal al Festival della Politica 2019, accanto a Piero Fassino

È una storia di sconfitte e resurrezioni, che non ha molti precedenti nella storia francese.

Come molti politici francesi, Royal viene dall’Ena, la scuola che sforna il meglio della pubblica amministrazione e del potere politico francese. Non ha nemmeno trent’anni quando diventa consigliere del presidente Mitterrand, per iniziativa di Jacques Attali, suo mentore di allora. Poi diventa deputata, ministro dell’ambiente nel 1992 (vi ritornerà nel 2014 nel tentativo di salvare la presidenza dell’ex compagno). Quindi ministro dell’istruzione e della famiglia durante il governo di Lionel Jospin.

È anche la prima donna incinta che siede tra i banchi del governo. Royal è già assieme a Hollande, che incontra nel 1978, quando s’iscrive al Ps. Rimarrà la sua compagna fino al 2007, dopo quattro figli fatti assieme.

È proprio il 2007 l’anno fatidico per Royal. L’anno della battaglia poi persa contro Nicolas Sarkozy, anch’egli un politico di rottura con la propria area di appartenenza, avviato a sbaragliare l’estrema destra di Jean-Marie Le Pen e prendersi l’agognata presidenza della repubblica che per lungo tempo Chirac ha tentato di sottrargli. È l’anno della separazione da Hollande, divisione a cui aveva contribuito anche lo scarso aiuto che il compagno le aveva dimostrato durante le primarie e le elezioni presidenziali, probabilmente con un interesse personale non molto nascosto per le elezioni presidenziali del 2012.

Le primarie socialiste del 2006 sono quelle che lanciano Ségolène Royal al centro del palcoscenico politico più importante. Quando si candida deve fronteggiare due pesi massimi del partito: Laurent Fabius, ex primo ministro e leader della componente socialista schierata per il “no” al Trattato costituzionale europeo; e Dominique Strauss-Kahn, ex ministro delle finanze di Jospin e interprete dell’ala socialdemocratica del Ps, che di lì a qualche anno sarà travolto dagli scandali.

La campagna per le primarie è all’insegna delle rotture. Royal si dichiara ammiratrice di Tony Blair, quasi una bestemmia per il Ps. Assume posizioni non in linea con il mainstream del partito (come sulla re-introduzione del servizio militare o sul patriottismo). Ma piace molto ai francesi. E sbaraglia gli avversari al primo turno (60 per cento contro 21 per cento di Dominique Strauss-Kahn e il 19 per cento di Laurent Fabius), diventando la prima candidata socialista e la prima donna francese che ha la possibilità di essere eletta presidente della repubblica.

Ségolène Royal mobilita le persone, non solo i socialisti, ma i delusi della politica. Perché parla chiaramente, spesso con discorsi che puntano molto sull’emozione. Crea un legame diretto con i cittadini, facilitato dall’elezione del “monarca” repubblicano. E questa mobilitazione è la sua fortuna, perché il partito non l’aiuterà. Si trova completamente isolata. Gli sconfitti delle primarie si defilano, non credono alle sue possibilità di vittoria. Il giorno dei risultati del primo turno delle presidenziali, non c’è alcun dirigente importante del suo partito a festeggiare (il Ps nel 2002 era stato escluso al primo turno). Eppure ha ottenuto un risultato buono: il 26 per cento contro il 35 per cento di Sarkozy, nonostante la presenza di François Bayrou, candidato centrista che ottiene il 18,5 per cento.

Ségolène cercherà tra i due turni di trovare un accordo con Bayrou, all’insegna di una virata verso il centro che una parte del partito non accetta. Nessun accordo quindi, anche se Bayrou invita i suoi a non votare per Sarkozy (a posteriori Bayrou dichiarerà però di aver votato scheda bianca). Ma non è sufficiente. Royal ottiene il 47 per cento dei voti e Nicolas Sarkozy diventa presidente della repubblica.

Mentre gli elefanti del Ps pensano di essersi sbarazzati dell’ingombrante “tribuna della plebe”, la sera stessa della sconfitta Royal annuncia ai suoi che li condurrà verso altri tipi di vittorie: “Non ci fermiamo qua”. Quando François Hollande decide quindi di lasciare dopo dieci anni il posto da segretario del Ps, Ségolène decide di prendersi quel partito che l’aveva ostacolata in tutti i modi.

E qui le vicende politiche si intrecciano ancora una volta alla vicende personali. È infatti il suo ex compagno che la mette fuori gioco. Anche se la mozione Royal arriva in testa al voto tra i militanti, Hollande annuncia che la mozione arrivata prima dovrà trovare l’accordo con le altre mozioni guidate da Martine Aubry, Bertrand Delanoë e Benoît Hamon. Royal cerca di trovare un accordo per il congresso ma nessuno dei capi mozione le apporta il sostegno. Si decide quindi di andare al voto tra i militanti e sarà scontro durissimo tra Ségolène Royal e Martine Aubry, figlia di Jacques Delors, sindaco di Lille, la ministra delle trentacinque ore.

L’alleanza degli sconfitti – Aubry, Delanoë, Hamon – sconfigge Royal, nonostante le enormi divisioni interne grazie a quello che sembra a molti solo un patto di potere. Un congresso che lascerà strascichi tra i socialisti. Perché Aubry vince soltanto di 102 voti e il ritardo accumulato in alcune aree, soprattutto nel Nord dove Aubry è più forte, spingono il gruppo di Royal ad accusare di “aggiustamento di voti” l’organizzazione centrale del Ps.

Poi comincia una sorta di calvario per Royal. Riprova a candidarsi alle primarie del 2011 e ottiene poco più del 6 per cento. Intervistata a caldo dai giornalisti, si emoziona e piange per la delusione propria e per quelli che l’hanno sostenuta. Sembra la conclusione di un percorso politico che voleva essere di rottura e che ha trovato enormi ostacoli davanti a sé.

Decide quindi di sostenere l’ex compagno di una vita Hollande che diventerà nel 2012 il secondo presidente socialista della storia della Quinta Repubblica. Si getta nuovamente nella politica locale e decide di candidarsi nuovamente a presidente della regione Poitou-Charentes, facendosi rieleggere tra enormi difficoltà interne al suo partito e la contrarietà in particolare del segretario locale del Ps, Olivier Falorni.

Falorni diventerà il suo nemico principale. Quando Royal decide di candidarsi anche come deputata, con il sostegno del Ps e l’obiettivo della presidenza dell’Assemblea Nazionale, Falorni organizza una rivolta locale contro la scelta del partito nazionale e decide di candidarsi alle legislative contro Royal, al di fuori dell’etichetta socialista. Qui la politica diventa feuilleton perché Falorni otterrà l’appoggio via Twitter di Valérie Trierweiler, la nuova compagna del presidente Hollande, che incoraggia il politico locale. Falorni batterà Royal, una sconfitta che brucerà e che umilierà Ségolène.

Royal diventa quasi una sorta di “appestata” per il Ps. Dopo aver perso così tante competizioni elettorali, non è ben vista dai dirigenti. Ma Ségolène cerca di fare quello che spesso ai colleghi maschi viene perdonato e a lei no: cerca di sopravvivere nel nuovo scenario politico. E comincia a criticare Hollande sulle politiche che conosce meglio, l’istruzione e soprattuto l’ambiente. E mentre la popolarità di Hollande diminuisce, quella di Ségo aumenta. Quando il presidente della repubblica decide di procedere alla svolta social-liberale affidando il governo a Manuel Valls, che era stato uno degli organizzatori della campagna di Royal nel 2007, Hollande chiede a Ségolène di tornare al governo con un’ampia delega all’ambiente.

Da ministra fa votare la legge per la riduzione del nucleare nella produzione energetica entro il 2025. Poi Hollande la incarica di occuparsi delle relazioni internazionali relative al clima e presiederà in questa veste la conferenza del 2015 (COP21) che porta alla firma degli accordi di Parigi per la riduzione delle emissioni di gas serra. Diventa in pochissimo tempo la ministra più popolare del governo.

Nel frattempo il Ps si sta sfasciando sotto i colpi della crescente impopolarità di Hollande. Quando l’ex compagno decide di non ripresentarsi e Manuel Valls perde le elezioni primarie contro il candidato della sinistra Benoît Hamon, Royal si avvicina a Emmanuel Macron, anche se non esplicita mai il proprio sostegno alla candidatura dell’ex ministro dell’economia.

Quando Macron vince il nome di Royal viene considerato per il ministero dell’ambiente, una scelta però troppo in continuità con Hollande e le viene preferito Nicolas Hulot. Alle legislative vota apertamente per La République en marche contro la sua ex protégée Delphine Batho. Dopo le legislative, quindi, Macron la nomina ambasciatrice francese per il polo Artico e Antartico, succedendo a Michel Rocard (morto qualche tempo prima).

Le ultime vicende segnano la fine del rapporto col Ps. Royal non è più iscritta al partito ma ad un certo punto, nella disperazione dei sondaggi per le elezioni europee del 2019, il segretario del Ps Olivier Faure propone alla ancora popolare Royal di guidare una lista Ps-Verdi. Un’idea che viene però bocciata dal leader dei Verdi Yannick Jadot e accolta con freddezza dal suo stesso ex partito.

È Royal a decretare la fine del rapporto col Ps. In un’intervista poco prima delle elezioni europee, Royal dichiarerà che:

Il Ps ha perduto le ragioni per le quali è stato creato e per le battaglie che dovrebbe combattere. Ma rimane una corrente di pensiero che non è scomparsa, poiché l’identità socialista rimane viva nella società.

Senza escludere una nuova candidatura alle presidenziali del 2022. Sarebbe un’ulteriore resurrezione per la questa donna politica che ha saputo sfidare coraggiosamente il proprio partito su molti temi. Raccogliendo molto meno di quel che ha dato.

Ségolène Royal, la ribelle ultima modifica: 2019-09-07T14:48:04+02:00 da MARCO MICHIELI
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