[PARIGI]
Qualche settimana fa, mentre si giocava il match tra Brest e Reims (serie A francese), l’arbitro ha deciso di sospendere per cinque minuti la partita di calcio a causa dei canti “insultanti, a carattere omofobo”. Si tratta delle prima volta che un match viene interrotto per questa ragione. Nei giorni successivi la Lega calcio d’Oltralpe ha deciso di applicare lo stesso protocollo anche ad altre partite come è accaduto a quella tra Nizza e l’Olympique Marsiglia. La decisione tuttavia ha provocato la collera di molti gruppi di tifosi che hanno contestato il governo negli stadi con striscioni, talvolta con ulteriori insulti omofobi. E ha riacceso la questione sulla relazione difficile tra omosessualità e mondo del calcio.
Quando ad inizio estate la Fifa aveva deciso di adottare la linea dura per contrastare l’omofobia e il razzismo negli stadi – con squalifiche di almeno dieci giornate per i giocatori e partite cancellate o perse a tavolino per le tifoserie -, in pochi pensavano che la autorità francesi avrebbero deciso di dare seguito alle decisioni dell’organizzazione internazionale del calcio. Invece la Ligue de football professionnel (LFP) e il governo francese hanno concordato di utilizzare la mano forte nei confronti dell’omofobia.
La ministra dello sport – Roxana Maracineanu, ex nuotatrice e argento alle Olimpiadi di Sydney del 2000 – aveva già fatto sapere a marzo di volere delle misure esemplari, dopo aver assistito ad un match tra Paris Saint-Germain e Olympique di Marsiglia, quando canti omofobi avevano risuonato al Parc des Princes.

Ad aggiungere benzina sul fuoco è stata però l’intervista rilasciata a FranceInfo di Noël Le Graët, il presidente della Federcalcio francese, che ha dichiarato che “fermare le partite di calcio è un errore”:
Fermerei le partite per dei cori razzisti, per una bagarre, degli incidenti o se c’è del pericolo per i tifosi sule tribune[…] ma il razzismo negli stadi e l’omofobia sugli spalti non sono la stessa cosa.
Le Graët ha quindi invitato i club ad agire attraverso i loro servizi di sicurezza per contrastare l’omofobia. Concetti che aveva già espresso in alcune dichiarazioni a Ouest-France, qualche giorno prima:
Per essere franco, credo che fermare un match sia troppo. Può far piacere a qualche ministro ma, per quanto mi riguarda, mi infastidisce. Sembra che, all’improvviso, tutti gli stadi siano divenuti posti omofobi. Contesto in maniera veemente l’immagine che si vuole dare del mondo del calcio.
Immediata la reazione della ministra Maracineanu:
La posizione di Noël Le Graët che distingue tra omofobia e razzismo è semplicemente sbagliata
In parlamento la ministra ha poi invitato Le Graët a prendersi le sue responsabilità nella lotta alle discriminazioni, visto che queste sue dichiarazioni “mancano di preparazione”.
In realtà però è tutto il mondo del calcio che dovrebbe ripensare se stesso. Qualche presidente di club ha persino giustificato il linguaggio omofobo negli stadi come parte della tradizione sportiva. Nonostante in Francia esista una legge, a differenza dell’Italia, che punisce gli insulti omofobi, qualcuno insiste ancora nel giustificarli, mentre con la stessa prontezza afferma che razzismo e antisemitismo sono da condannare.
Nel frattempo, un’altra parte del mondo del calcio francese non ci sta e reagisce. Antoine Griezmann, giocatore della nazionale francese e del Barcellona, è apparso qualche tempo fa sulla copertina della rivista Lgbtq Têtu, con un titolo abbastanza chiaro: “Basta con l’omofobia nel calcio”.
Anche il quotidiano sportivo francese L’Équipe è uscito con un’edizione speciale dedicata al tema dell’omofobia nello sport, pubblicando in copertina la foto di due pallanuotisti che si baciano, protagonisti del film Les crevettes pailletées di Cédric Le Gallo.
Quello che spesso il mondo del calcio – e sportivo in generale – dimentica è che il linguaggio omofobo ha degli effetti, soprattutto sui giovani, in particolare per i giovani Lgbtq.

Secondo l’Institute of Sociology and Gender Studies della German Sport University di Colonia, che ha coordinato un progetto europeo sull’omofobia tra gli sportivi nell’ambito del progetto Erasmus+ Outsport, il novanta per cento delle e dei partecipanti alla ricerca percepisce l’omofobia come un problema nello sport. E la percentuale è ancora più alta per la transfobia.
Circa il venti per cento delle persone intervistate ha dovuto rinunciare alla pratica di uno sport a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere. Questa percentuale sale al 54 per cento per le persone trans e si riferisce in proporzione maggiore al calcio, alla danza, al nuoto e alla boxe.
Se la cultura sportiva non diventa più inclusiva delle differenze e non forma sportivi – e tifosi – al rispetto della diversità, si rischia di escludere una parte dei cittadini dalla pratica sportiva, soffocare talenti e spingerli – come è accaduto – anche a scelte tragiche.

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