Primarie democrat. Conta l’età?

Se i principali aspiranti alla nomination sono settuagenari è perché l’elettorato maggiormente coinvolto è soprattutto quello di età più avanzata. Mentre i candidati quarantenni non riescono a mobilitare le generazioni più giovani.
MARCO MICHIELI
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L’età può essere oggetto di una sfida presidenziale? A quanto pare sì. Almeno da quel che si è visto nell’ultimo dibattito tra i candidati democratici alle primarie. Qualificati soltanto in dieci dei venti e più iniziali, il terzo dibattito si è occupato ancora una volta di sanità e armi e ha visto l’ex vicepresidente Joe Biden, nonostante alcune difficoltà, in testa alle preferenze degli elettori democratici (seguito dalla senatrice Elizabeth Warren in forte ascesa).

Ma è sull’età che lo scontro si è fatto intenso. Julian Castro, il quarantacinquenne ex segretario della casa durante la presidenza Obama (e piazzato attorno all’un per cento nei sondaggi), ha incalzato il frontrunner Biden sulla questione dell’età. L’età è in effetti la principale debolezza di Biden, alla quale il settantaseienne vice presidente di Obama ha risposto puntando tutto sulla propria eleggibilità rispetto ad altri candidati.

Durante il dibattito Castro ha attaccato duramente l’ex vice-presidente, interrompendolo più volte e rimproverandolo di aver cambiato idea. Anzi, peggio, di aver dimenticato quello che aveva detto qualche minuto prima. Un accenno non molto elegante alla critiche che molti hanno rivolto alla perdita di memoria, dovuta all’età secondo i detrattori, dell’ex vice presidente. E tra i critici spicca il quasi coetaneo Donald Trump (settantatreenne) che l’ha soprannominato “Sleepy Joe”.

Castro non è stato il solo a porre la questione, tuttavia. Terminato il dibattito un altro “giovane” candidato, il senatore del New Jersey Cory Booker (cinquant’anni), intervistato dalla Cnn, ha sottolineato che in molti sono preoccupati dall’incapacità di Biden di “portare la palla al di là della meta, senza commettere degli errori”. Altri hanno deciso di non difendere Biden ma nemmeno di attaccare Castro, che ha perso qualche endorsement ed è stato duramente attaccato sui social media proprio a causa del suo intervento.

Le condizioni mediche dei candidati sono da tempo al centro dello scontro politico. Quando Ronald Reagan fu eletto per il suo secondo mandato aveva settantatré anni e già aveva dei problemi cognitivi legati ad Alzeheimer. Biden è quindi oggetto di analisi da tempo e non ha mai smesso di fornire esami e diagnosi mediche che testimoniassero la sua buona condizione fisica.

Un’attenzione dei media per la salute dei candidati democratici che non riguarda solo l’ex vice presidente.

Il settantottenne senatore del Vermont Bernie Sanders, che durante il dibattito ha esibito una voce molto rauca, è stato oggetto della stessa attenzione. Il senatore, ad un certo punto, ha dovuto interrompere la campagna per curarsi (per ora senza grande successo). Anche Elizabeth Warren, settant’anni, è stata costretta a rendere pubbliche le sue condizioni mediche.

Nonostante i tentativi dei tre anziani candidati di dimostrare una straordinaria resistenza e una forma fisica invidiabile, anche attraverso gesti plateali come entrate in corsa o incontri pubblici che li costringono in piedi per tre-quattro ore, il tema età non sembra uscire di scena.

Perché “affligge” da tempo i democratici. Le leadership congressuali alla Camera e al Senato sono molto diverse tra democratici e repubblicani: l’età media di chi ricopre ruoli al Senato è di settantadue anni per i democratici e di quarantotto per i repubblicani; alla Camera sessantotto anni per i democratici e cinquantanove anni per i repubblicani. Un partito in cui la leadership dunque è incarnata essenzialmente da un gruppo dirigente quasi ottuagenario.

Si dirà che vengono votati. E in parte è così.

In effetti candidature e leadership rispecchiano soprattutto l’elettorato che partecipa alle primarie. Gli elettori africano-americani, ad esempio, sono tutti in età avanzata e sostengono per la stragrande maggioranza Biden. L’ex vice presidente domina poi il voto tra coloro che hanno più di cinquant’anni, quello che è considerato il blocco elettorale più fedele in termini di partecipazione alle primarie.

I giovani, purtroppo, partecipano meno alle primarie. E in generale alle elezioni. Tranne per le ultime elezioni di midterm, quando il voto dei giovani fu determinante e aveva eclissato gli elettori più anziani, con una delle percentuali più alte dal 1994 di partecipazione tra i giovani elettori e la più alta fetta di voti tra i 18 e i 29 anni andati a favore dei democratici.

Ma il problema forse è soprattutto dei candidati più giovani. Se i maggiori candidati sono settuagenari è perché i candidati più giovani non riescono ad imporsi come agenti del cambiamento generazionale e non riescono ad elaborare delle idee così forti da mobilitare le nuove generazioni a proprio sostegno.

Secondo John Della Volpe (Harvard University Institute of Politics), infatti, per convincere gli elettori più giovani a partecipare alle primarie non contano eleggibilità e politiche specifiche. Contano i valori e la visione su come dovrebbe funzionare il paese e per chi dovrebbe lavorare.

E al momento sembra che nessuno dei candidati più giovani – Kamala Harris, Pete Buttigieg, Cory Booker e Beto O’Rourke – riesca in quest’intento.

Primarie democrat. Conta l’età? ultima modifica: 2019-09-19T19:08:03+02:00 da MARCO MICHIELI
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