Lui, Benjamin Bibi Netanyahu, lo conosce molto bene. Nel 2016 si dimise da ministro della Difesa del governo guidato da Bibi, affermando: “Ho avuto difficili discussioni politiche con il primo ministro riguardo ai valori chiave [dello stato]. Le influenze fondamentaliste hanno preso il controllo del Likud. Non è lo stesso partito a cui mi sono unito. Uno spirito volto a fratturarlo lo sta governando”. Tre anni dopo, Moshe Bogie Ya’alon è uno dei “generali” (come Benny Gantz è stato ai vertici di Tsahal, l’esercito israeliano) che hanno guidato Kahol Lavan (Blu-Bianco) di Benny Gantz nelle elezioni del 17 settembre, facendolo diventare il primo partito d’Israele con 33 seggi, due in più del Likud. Alla vigilia dell’apertura da parte del capo dello Stato Reuven Rivlin delle consultazioni per la formazione del nuovo governo, in questa intervista esclusiva concessa a ytali, Ya’alon ribadisce un punto che Blu-Bianco non ritiene negoziabile: “Non faremo mai un governo che abbia alla guida Benjamin Netanyahu. Lui rappresenta il passato, Gantz il futuro”.

Le elezioni del 17 settembre, dati alla mano, delineano un paese senza una chiara maggioranza di governo. E c’è già chi prospetta l’ipotesi di terze elezioni anticipate…
No, questo assolutamente no. Israele non può permetterselo. E poi non è vero che le elezioni del 17 settembre non abbiano dato delle indicazioni chiare. Tutt’altro…
E quali sarebbero queste chiare indicazioni?
La fine dell’era Netanyahu anzitutto. Il primo ministro uscente ha imposto queste elezioni trasformandole in un referendum su se stesso, prim’ancora che su una proposta politica. E questo referendum Netanyahu l’ha perso. Sa quale era il primo punto dell’agenda del governo se Netanyahu avesse vinto le elezioni?
Lo dica lei…
Una sorta di legge ad personam, la sua, che avrebbe diminuito fortemente i poteri della Corte Suprema e di fatto impedito che il premier in carica, cioè lui, dovesse rispondere dei gravi reati di cui è accusato davanti ai giudici! Qui non è questione di destra, di centro, di sinistra. Qui è in gioco un fondamento dello stato di diritto: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Netanyahu voleva esserne al di sopra, come un Erdoğan israeliano. La maggioranza degli israeliani hanno respinto questa forzatura e hanno dato una grande prova di maturità democratica.

Domani il presidente Reuven Rivlin avvierà le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Quello che appare come il king maker della politica post-elettorale, Avigdor Lieberman (il leader del partito nazionalista Yisrael Beiteinu, otto seggi conquistati) ha ribadito che lui è disposto a sostenere solo un governo a tre: Blu-Bianco, Likud e Yisrael Beiteinu. Qual è la vostra risposta?
Quella di voler lavorare per un governo liberale con solide basi politiche e non solo numeriche. Un governo guidato dal leader del partito più votato dagli israeliani: Benny Gantz. Ma non è solo questione, pur rilevante, di numeri. Per la sua storia, per la sua personalità, per come ha condotto la campagna elettorale, Gantz è la personalità politica che può unire laddove la politica estremista del governo uscente e di chi ne era a capo ha provocato profonde lacerazioni nella società israeliana.

Gantz ha ribadito che se dovesse essere indicato da Rivlin come premier incaricato parlerà con tutte le forze rappresentate alla Knesset. Cade dunque la storica esclusione dei partiti arabi israeliani?
Se si vuole unire il primo passaggio è quello di coinvolgere tutte le componenti politiche in una seria discussione sul futuro d’Israele. E questo riguarda anche la Joint List [la Lista araba unita guidata da Ayman Odeh, che con i suoi tredici seggi è la terza forza nella Knesset, ndr]. In un paese che guarda al futuro non possono essere mantenute discriminazioni aprioristiche. Ciò non vuol dire che tutti potranno essere parte del nuovo governo, ma credo che sarebbe già un segno di grande cambiamento svelenire quel clima di odio che le destre estremiste hanno generato nel paese e che ha contrassegnato la loro campagna elettorale. In una democrazia solida, chi non la pensa come te è un avversario, non un nemico da criminalizzare.
Netanyahu si è dichiarato fortemente deluso dal rifiuto di Gantz di accogliere il suo appello per sedersi a un tavolo e discutere di un governo di unione nazionale.
Netanyahu è un campione nel rivoltare la frittata. Nello stesso giorno si appella all’unità nazionale, salvo poi chiedere a tutte le forze della destra radicale di conferirgli il mandato di trattare per tutti loro e di parlare a nome di tutti loro nella consultazione con il presidente Rivlin. La verità è che Netanyahu non vuole prendere atto che il suo tempo è passato e che il più grande gesto di responsabilità verso il paese sarebbe quello di uscire di scena, o almeno di non pretendere di occupare posti di comando.

Questo è un passaggio chiave. Lei ha affermato che Blu Bianco non farà mai parte di un governo guidato da Netanyahu. Il premier uscente, rispolverando esperienze passate, ha evocato anche una staffetta con Gantz alla guida del governo. Qual è la sua risposta?
La risposta è no. Noi non entreremo in una coalizione guidata, magari anche a metà tempo, da Netanyahu. È un impegno che ci siamo assunti in campagna elettorale, e noi siamo persone che agli impegni tengono fede.
E se Netanyahu decidesse di fare un passo di lato, “accontentandosi” di un ministero importante?
Credo che questo appartenga alla fantapolitica. Piuttosto che rinunciare alla poltrona di primo ministro, Netanyahu proverà a far saltare le trattative, puntando a nuove elezioni anticipate, le terze nel giro di pochi mesi. Più che una prova di irresponsabilità, sarebbe il segno della disperazione di un uomo che non sa uscire di scena con onore.
Ipotizzando un governo Gantz, quali ricadute potrebbe avere sul processo di pace con i palestinesi?
La pace a cui ambiamo è una pace nella sicurezza. Disposti al negoziato ma senza avere pistole o razzi puntati alla testa. Chi crede di poter usare la forza per ottenere diritti ha fatto male i suoi conti.
Le immagini ritraggono momenti della campagna elettorale di Moshe Bogie Ya’alon e sono tratte dal suo account twitter @bogie_yaalon

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