L’età dello splendore

Nel suo ultimo libro, appena pubblicato da Laterza, Alessandro Marzo Magno dedica attenzione e passione al periodo a cavallo tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, anni in cui le nuove rotte per le Americhe sconvolgono e cambiano prospettive e strategie dei commerci, mentre s’addensano copiose nubi di conquista da parte di grandi potenze europee. In una Venezia apparentemente fragile e delicata si scatena un’energia dirompente che pervade arte, scienza, artigianato, stampa, commerci, musica, architettura…
BARBARA MARENGO
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Undici anni di vita veneziana passati al setaccio con dettagliata indagine da detective e storico: e che anni, quelli minuziosamente analizzati nel libro La Splendida. Venezia 1499-1509, di Alessandro Marzo Magno appena edito da Laterza. L’autore, figlio della Serenissima e prolifico studioso e divulgatore della storia della Repubblica, focalizza la sua attenzione in quei cruciali anni di passaggio da un secolo all’altro, anni incredibili per ricchezza in tutti i sensi: in una Venezia dove da poco le nuove rotte per le Americhe avevano sconvolto e cambiato prospettive e strategie dei commerci e sulla quale s’addensavano copiose nubi di conquista da parte di grandi potenze europee, in questa città apparentemente fragile e delicata si scatena un’energia dirompente che pervade arte, scienza, artigianato, stampa, commerci, musica, architettura…

E quando al grido di “tutti contro la pre-prepotenza della Serenissima”, Francia, Spagna, Papato e molti Stati italiani si coalizzarono nella Lega di Cambrai (1508), tante furono le batoste e le “saccagnate militari”, come afferma Marzo Magno, che avrebbero abbattuto qualunque Stato ma non Venezia: sconfitte clamorose come Agnadello, Zonchio, Polesella, per terra e per mare, subite da europei, italiani, ottomani, dettero in realtà una sferzata alla Serenissima che reagì mostrando al mondo il suo splendore.

“Celebrare lo Stato”, afferma Marzo Magno, con la forza dell’oro e delle immense ricchezze che pervadevano la città, anche attraverso le celeberrime cerimonie immortalate da sublimi pittori, e riaffermare l’originale formula di governo, una Repubblica retta da un Doge con i patrizi a incarnare lo Stato stesso e le sue leggi: un incredibile via vai di genti e di idee, una concentrazione di artisti, architetti, pittori, scienziati, stampatori, affermarono la volontà di minimizzare se non proprio cancellare le sconfitte militari e le minacce all’integrità del territorio veneziano. Un’idea, questa, che nasce dal labile confine tra vittoria e sconfitta che caratterizzava le battaglie rinascimentali, forse con un eccesso di consapevolezza e orgoglio, quella hybris veneziana che i nemici volevano annientare con un piano di spartizione dei possedimenti veneziani particolareggiatissimo che rimase, però, solo nelle intenzioni.

Venezia dopo Cambrai e la pace siglata a Noyon assistette a un valzer di cambi di alleanze vorticoso, e alle guerre d’Italia che piagarono la Penisola. Ma a Venezia Carpaccio e Tiziano, Dürer e Giorgione, Pietro Bembo e Manuzio, nello stesso tempo contribuiscono a creare un mito, tra arti e buon governo, rinnovamenti urbanistici e risistemazione dei possedimenti di terraferma, facendo sì che tutti i vip del tempo dovessero vivere, transitare, avere un aggancio, con la Serenissima. Una Repubblica ridimensionata ma non doma, benché consapevole di essere una potenza regionale nello sfaccettato panorama dei piccoli principati italiani, di fronte a potenze come Francia e Spagna diventate grandi potenze internazionali.

La battaglia di Agnadello (14 maggio 1509) che diede il via ai combattimenti tra le forze della Lega di Cambrai e la Repubblica di Venezia (Museo multimediale delle mura, Padova)

Marzo Magno analizza da cronista e storico numerosi episodi e fatti che determinano novità e cambiamenti in città, con eco in tutta Europa: dalla renovatio urbis voluta dal doge Andrea Gritti alla rivoluzione del colore nella pittura, il passaggio dalla tempera all’olio grazie all’apporto degli artisti nordici, assieme alla presenza in città della stamperia di Aldo Manuzio; l’istituzione del primo ghetto per gli ebrei; mentre muore Bellini ma già Giorgione dipinge l’emblematica “Tempesta” e Tiziano prorompe sulla scena, Jacopo de Barbari segna una tappa fondamentale nella cartografia, gli ingegneri della Serenissima deviano il corso del Brenta dalla Laguna, e pensano ad aprire l’istmo di Suez; Sansovino progetta la libreria Marciana per conservare l’eredità bizantina del Cardinale Bessarione, e Ottaviano Petrucci pubblica il primo libro musicale a caratteri mobili. Brucia il Fondaco dei Tedeschi e in solo tre anni viene ricostruito e affrescato da Giorgione e l’allievo Tiziano, fallisce il banco Garzoni a Rialto, il più importante di Venezia, ma ineffabilmente lo stesso giorno, il 1° febbraio 1499, il doge Agostino Barbarigo inaugura la torre dell’orologio “più belo d’Italia” all’ingresso delle Mercerie, mentre Leonardo da Vinci fa un fugace passaggio in città e nel mondo epocali avvenimenti come la circumnavigazione dell’Africa da parte dei portoghesi cambiano le prospettive dei commerci. Ma l’autore ci segnala, come in una corsa parallela ai primati, l’apertura della prima scuola di artiglieria al mondo, il 31 ottobre 1500 e la costituzione delle cernide, milizie arruolate su base territoriale che possono essere considerate il primo nucleo dell’esercito di leva. La prima asta di opere d’arte si tiene nel 1506 in città, e i clienti e gli intermediari appartengono alla crème de la crème dell’aristocrazia italiana.

Tra la girandola di notizie originali e curiose del volume, si trova l’origine di uno dei simboli più usati ai giorni nostri, quello che introduce all’indirizzo di posta elettronica, la chiocciola @, “a con svolazzo” come era chiamata in Toscana: a Venezia il simbolo compare nelle Tariffe, manuali preziosi per i mercanti che potevano trovarvi utilissime informazioni su merci e regole comuni in tutto il Mediterraneo e il Levante, in particolare prezzi, pesi e misure di stoffe, pietre eccetera. La “a con svolazzo” precede come simbolo commerciale standard i vari prezzi delle merci, e il suo inventore Bartolomeo Pasi non avrebbe mai immaginato l’utilizzo moderno di tale simbolo.

Così i patrizi, che si riunivano in Piazza san Marco passeggiando sul terreno che fu un orto (brolo) prima di partecipare alle elezioni delle oltre ottocento cariche amministrative della Repubblica tramando e vendendo voti, anche se “niuno ardisca a vendere il proprio voto” come da proclama: l’origine della parola “imbroglio” deriva da quell’antico brolo. La prima urna elettorale dove venivano poste le balotte (ballottaggio, ricorda qualche cosa?) fu ideata a Venezia, i “nobilomeni” ricchi e ricchissimi, oltre duemila (ma non tutti partecipavano alle riunioni del Maggior Consiglio), scambiavano voti con altrettanti nobili poveri, che non potevano accedere a cariche dispendiose per famiglie impoverite ma ambivano a cariche remunerate. E fa certamente sorridere se Marin Sanudo, cronista al quale nulla sfuggiva, scrive che “chi vol onor bisogna dar denari ad alcuni poveri zentilomeni, i quali è chiamati sguizari”. Chi sono gli sguizari? Niente meno che gli “svizzeri” noti già da quei secoli come mercenari: i patrizi veneziani “sguizari” tramite una capillare organizzazione, tra registri e segretari, erano in grado di “muovere consistenti pacchetti di voti a favore dell’uno o dell’altro candidato”, naturalmente in cambio di sonanti zecchini.

Copiosa e dettagliata la bibliografia che l’autore illustra alla fine del volume, segno di quanto sia il materiale di archivio e di ricerca che caratterizza la storia veneziana. Una storia che diventa mito e dura attraverso i secoli anche dopo la caduta della Serenissima: un mito che a sua volta si sedimenta nel mondo e che fa sì che Voltaire scriva:

Andrò ad attenderti a Venezia; è quello un paese giusto e libero, dove non c’è da temere né dagli slavi, né dagli arabi, e nemmeno dagli inquisitori. A Venezia la giustizia è patrimonio di tutti, come l’acqua dei suoi pozzi.

L’età dello splendore ultima modifica: 2019-10-07T14:56:37+02:00 da BARBARA MARENGO
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