Ho fatto le superiori al liceo scientifico Benedetti a Venezia. Maturità nel 1990, quasi trent’anni fa. È andata bene, e altrettanto bene la ricordo. Quando sono uscite le materie, quelle che speravo, eravamo in gita in Grecia e con la mia amica Elena abbiamo festeggiato con un gin&tonic al bar della nave…
Eravamo tanti. Si litigava con i vicini di casa che studiavano ragioneria all’istituto Sarpi perché le aule non bastavano per tutti e noi occupavamo parte della loro scuola.
Erano gli anni della Pantera, una nuova stagione di contestazioni studentesche, e alcuni di noi, nei primi approcci con la politica, si sono impegnati nei gruppi di studio pomeridiani. Erano gli anni dei camperos e dei paninari, della scelta di campo delle ragazzine tra chi ascoltava i Duran Duran e chi invece preferiva gli Spandau Ballet. Per tutti, o quasi, Guccini e gli U2. Per i più raffinati magari i Cure, gli Smiths, i Simple Minds o David Bowie.
Eravamo tanti ed eravamo spensierati. Un anno un gruppetto di ardimentosi rimasti ignoti ai più, armati di barca, scale, vernice e pennelli, nottetempo, ha dipinto il portone d’ingresso di rosa. La scuola è in parte ospitata, anche oggi, in un ex convento dalla grigia e austera facciata: il rosa la illuminava! Nonostante ciò e gli articoli sui giornali, purtroppo venne dopo poco ridipinta, ma quel mattino, scavallando il ponte di santa Giustina, il colpo d’occhio e la sorpresa sono stati notevoli. Quasi più emozionante di quando intravedevo i cartelloni di uno sciopero e magari sapevo che quel giorno rischiavo un’interrogazione…
Eravamo tanti, spensierati e pieni di energia. Le feste di carnevale sono rimaste negli annali per la massiccia partecipazione di ragazzi provenienti dalle altre scuole della città. Servizio d’ordine necessario e compagni che pattinavano nell’androne (pattini veri, quelli con le quattro ruote, il rollerblade ancora non era stati inventati).
In questo mondo, che viveva intensamente dalle 8 alle 13, c’erano due capisaldi. Il piccolo bar in campo Santa Giustina in cui ci riversavamo durante l’intervallo. C’erano le mozzarelle in carrozza e il flipper con l’uomo ragno. L’ultima volta in cui ci sono entrata è stato nel lontano 10 luglio 1990, intorno alle 9.30 del mattino: con Alessandro, gli ultimi due di tutta la scuola, finito l’orale della maturità ci siamo andati a bere uno spritz!
E poi c’era Aldo Strasse. Un antro in cui spaziare tra vecchi frac, panciotti, jeans, giacche della più diversa fattura, pantaloni di pigiami del nonno, indumenti militari, cappelli e magliette. Un negozio di strasse appunto, che vendeva vero e puro “vintage” prima che il termine venisse inventato. Aldo, il proprietario, ti accoglieva seduto su una poltrona da barbiere a volte in modo burbero. Ci siamo andati tutti però a comparare qualcosa. Tra i vari articoli, più o meno improbabili, conservo ancora una strepitosa giacca di pelle!

Ecco, oggi tutto questo non esiste più. La geografia della zona è cambiata: al posto del piccolo bar c’è un salone di parrucchiera. D’altra parte sono cambiate anche le dinamiche: gli studenti non possono più uscire dalla scuola durante l’intervallo, usano il cortile interno come spazio all’aperto e Aldo Costantini ha chiuso il suo negozio, attivo dal 1974. Come racconta lui stesso, in un recente articolo pubblicato da Il Gazzettino, la sua attività nasce con l’acquisto di indumenti usati selezionati provenienti da una balla di quattro quintali del mercato di Prato. Per il suo negozio sono passate generazioni di giovani e molti personaggi famosi, alla ricerca di capi che arrivavano dagli Stati Uniti e dai paesi europei, introvabili altrove. Anche campo Santa Giustina era molto diverso in quegli anni: c’erano un idraulico, un sarto, un pescivendolo, una latteria e un laboratorio in cui si montavano lampadari di Murano. Al posto di Aldo Strasse aprirà un bar o forse un ristorante che magari ne conserverà il nome…
Il liceo c’è ancora naturalmente, altrettanto gli studenti. Considerata la demografia veneziana in drammatico calo, sono di certo molti meno, ma non per questo meno attivi e desiderosi di far sentire la loro voce. In migliaia, ad esempio, hanno manifestato lo scorso 27 settembre in occasione del terzo sciopero per il clima.
Il loro impegno però non si rivolge solo ai grandi e importanti temi di respiro mondiale, ma si manifesta anche su questioni aperte di stretta rilevanza per la loro città, presente e futura, come la destinazione dell’area degli ex Gasometri di San Francesco della Vigna.
Lunga e travagliata la storia di questa zona della città, di cui, allo scopo di ricostruire gran parte dei passaggi ci tengo a ringraziare Monica Sambo per avermi aiutata.
La prima Officina del gas nasce qui, in un terreno demaniale, nel 1841. In seguito le attrezzature vengono ampliate arrivando a contare cinque gasometri, strutture destinate al contenimento del gas per l’illuminazione pubblica urbana prodotto dal carbone attraverso un processo chimico.
Dismessa l’attività industriale, la variante al Piano regolatore per la Città antica, approvata nell’ultimo decennio del Novecento, destina tutta l’area a standard urbanistici per servizi pubblici. In occasione del Giubileo del 2000 Vesta, poi Veritas, società partecipata del Comune e della Provincia di Venezia, l’acquista da Italgas ricevendo finanziamenti statali per realizzarvi un terminal acqueo di accesso per i pellegrini, ma attracchi e servizi non vengono mai utilizzati.
Nel 2002 il Comune adotta una nuova variante al piano regolatore, specifica per gli ex-Gasometri, tale per cui si prevede di realizzarvi
attrezzature scolastiche e centro sportivo per il plesso scolastico Sarpi-Benedetti-Barbarigo unitamente ad attrezzature e servizi di interesse comune integrate alla città.

Nel 2008 l’allora governo Monti con la legge n. 133 del 6 agosto, “recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributari”, promuove la vendita dei beni pubblici appartenenti agli enti locali, ponendo come unica condizione che tali beni non siano strumentali all’esercizio di funzioni proprie dei medesimi. In questo contesto normativo, nel 2012 il Comune di Venezia inserisce l’area nell’elenco degli immobili di proprietà comunale non strumentali nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, approvando un piano di alienazioni e aggiungendo, a quelle già previste per questo complesso, anche la destinazione d’uso abitativa.
Il 31 dicembre 2013 Veritas vende l’area alla società Immobiliare del Corso srl. Nel 2014 viene dato un primo via libera al progetto di recupero di questo spazio, con l’approvazione in Giunta, da parte dell’allora commissario Vittorio Zappalorto, di una convenzione urbanistica con la nuova proprietà. Posto che la Soprintendenza impone che i gasometri ottocenteschi vengano mantenuti, come esempio di archeologia industriale, il progetto prevede la realizzazione di nuovi alloggi per una superficie di oltre diecimila metri quadri, verde pubblico e percorsi pedonali per circa 4 mila metri quadrati. La società concessionaria deve anche realizzare un nuovo ponte sul rio di Santa Giustina, il superamento delle barriere architettoniche sul ponte già esistente e provvedere alla realizzazione di una nuova struttura sportiva, polifunzionale e coperta, nell’area del cortile interno dell’Istituto Sarpi del valore di 750 mila euro, da destinare a usi sia scolastici sia extrascolastici: in sostanza una “palestrina”. Nell’intesa raggiunta era compresa anche la riqualificazione della darsena antistante alla zona.
In una città come Venezia che, per varie ragioni, vive una vera e propria emergenza abitativa, la creazione di nuovi appartamenti potrebbe sembrare una buona idea, se non fosse che, per rendere l’operazione economicamente sostenibile per l’imprenditore che investe, dovrebbe trattarsi di alloggi di lusso.

In questo scenario s’inserisce un problema che riguarda da sempre la gran parte delle strutture scolastiche cittadine, ossia la mancanza di una palestra. Se negli anni Ottanta noi del Benedetti abbiamo svolto le ore di educazione fisica nei luoghi più diversi, dalla Scuola della Misericordia al Palazzetto dello Sport all’Arsenale, per arrivare fino alla piscina di Sacca Fisola e allo stadio Penzo a Sant’Elena, oggi gli studenti dei vari istituti cittadini si rivolgono a due strutture a seconda della prossimità: il Palazzetto dello Sport e la Casa del Marinaio, facente parte quest’ultima del plesso scolastico della materna Diego Valeri. Un contesto in cui gli studenti dell’Algarotti-Sarpi, del Benedetti-Tommaseo e del Barbarigo, 125 classi in tutto per un totale oggi di circa duemila ragazze e ragazzi, chiedono da anni di veder finalmente realizzata una struttura idonea ad accoglierli nell’attigua area degli ex gasometri. Si tratterebbe di un intervento con numerose ricadute positive sull’intera cittadinanza, che potrebbe usufruire nelle ore pomeridiane e serali di un complesso sportivo pubblico e adeguatamente attrezzato.

Dopo l’annuncio del progetto dell’Immobiliare del Corso che vede le loro legittime richieste inascoltate, s’attivano, sostenuti da insegnanti e genitori, mettendo in campo un vero e proprio modello di cittadinanza attiva: ricerca di informazioni sull’iter che ha portato alla vendita di un bene pubblico, interviste ai cittadini per sapere se fossero a conoscenza dell’atto, realizzazione di un cortometraggio e di volantini informativi, allestimento di una mostra di progetti alternativi in collaborazione con gli studenti del Liceo artistico, organizzazione di una camminata di quartiere seguita da una manifestazione per sensibilizzare la cittadinanza sui loro bisogni e infine un incontro con l’amministrazione comunale, la nuova proprietà e i progettisti.
I dirigenti scolastici dei tre Istituti a loro volta esprimono formalmente parere contrario al nuovo progetto, sottolineando che la realizzazione della “palestrina”, oltre ad essere insufficiente rispetto alle necessità curricolari, sottrarrebbe l’unico spazio ricreativo e didattico esterno, creando inoltre seri problemi di sicurezza.
La loro contrarietà a questa soluzione, che come detto prevede solo la costruzione di una piccola palestra all’interno degli spazi dell’Istituto Sarpi, gli studenti la ribadiscono anche nel consiglio comunale straordinario convocato lo scorso maggio. Un’ipotesi che in quel contesto sembrerebbe comunque superata, visto che la Città metropolitana avrebbe stanziato due milioni di euro per la realizzazione di una palestra a norma, in grado di ospitare non solo eventi sportivi ma anche altre attività scolastiche, come assemblee e incontri. Soluzione condivisa anche dal Consiglio comunale, che quel giorno ha presentato però sull’argomento due diverse mozioni: una di maggioranza, che ha raccolto 18 sì, un no e cinque astensioni, e una di minoranza, approvata con dodici sì e otto astensioni. Ciò che rimane sembra essere il problema di stabilire dove potrà essere costruita: all’interno dell’area “Ex Gasometri” o in una del Comune, a circa trecento metri dalle scuole, raggiungibile con i mezzi pubblici e soggetta al momento a vincolo monumentale.
Nel frattempo però era successo anche qualcos’altro, che ha alzato notevolmente la posta in gioco. L’Immobiliare del Corso infatti ha ceduto la proprietà alla società Mtk dell’imprenditore ungherese Ivan Holler, la stessa che ha realizzato gli alberghi e i parcheggi multipiano in via Ca’ Marcello a Mestre e che vorrebbe dal Comune il cambio di destinazione d’uso per sostituire le residenze previste nella zona con una struttura alberghiera.

La delibera blocca alberghi della giunta Brugnaro lo impedirebbe, ma Mtk ha avanzato una nuova eclatante proposta. Per ottenere dal Comune il via libera alla realizzazione dell’hotel, la società di Holler si è infatti dichiarata disposta a costruire un impianto sportivo nella suddetta area individuata dall’amministrazione comunale, in un terreno dell’Arsenale, che potrebbe prevedere anche uno spazio ulteriore destinato all’aggregazione per attività sociali e culturali dell’intero quartiere: un intervento da due milioni e mezzo di euro, a cui si sommano i costi di bonifica dell’area dei gasometri stimati in cinque milioni di euro.
Per dimostrare che fa sul serio la Società ha già preso contatti con la Soprintendenza che dovrà chiarire se in quest’area sia possibile costruire un impianto pubblico. Progettisti e tecnici dello Stato hanno già effettuato un sopralluogo, mentre il Comune è intervenuto per una prima pulizia dalle piante infestanti cresciute in decenni di abbandono, in modo da rendersi conto (dopo averlo proposto!) di quali siano le dimensioni reali dello spazio e gli interventi necessari: l’ultimo utilizzo dei capannoni ottocenteschi, in gran parte crollati, risale infatti alla fine della seconda Guerra mondiale quando ospitarono i profughi giuliano dalmati.
Anche questa sembrerebbe un soluzione valida: una struttura adeguata alle esigenze curricolari degli studenti e a quelle sportive della cittadinanza, fruibile anche per attività di carattere socio-culturale, e l’area degli ex gasometri finalmente recuperata e rigenerata. La merce di scambio, il do ut des (una delle poche cose che ricordo dei miei cinque anni di latino, materia in cui andavo decisamente male…) dell’operazione è un nuovo grande albergo, che prevede un investimento di sessanta milioni di euro e la possibilità, nemmeno troppo distante nel tempo, di raggiungerlo con taxi-drone direttamente dall’aeroporto. Un altro albergo in una città come Venezia che è soffocata e stravolta dall’overtourism.
Secondo quanto affermato dal sindaco Brugnaro lo scorso aprile sullo sfondo delle celebrazioni della festa della Liberazione, data simbolo quando si parla di democrazia, valori e scelte per il futuro, la decisione spetta agli studenti, invitati a scegliere cosa preferiscono:
ci sono tre opzioni: […] si trasforma il cortile della scuola in palestra, andando però a coprire le finestre delle aule; si utilizza uno spazio comune in zona Arsenale, ma bisogna che prendiate sempre il vaporetto; oppure si da via libera al privato. L’albergo oggi non lo possono fare, ma se a chiederlo fosse la scuola sarebbe diverso. Votate e decidete, ma non perdete tempo in polemiche inutili o non si farà niente. A me piacerebbe avviare i lavori entro l’anno, prima delle elezioni. In questo modo – si suppone scherzando – [Brugnaro ha concluso] non dovreste nemmeno rivotarmi.
Una responsabilità importante, quella affidata agli studenti, chiamati, proprio facendo riferimento alla democrazia, a scegliere in uno scenario da cui la loro palestra nell’area degli ex-Gasometri è scomparsa.
Si tratta davvero di una proposta a cui, come si dice nei film, non si può rinunciare? O piuttosto di una “proposta indecente”?
Aldo nel suo negozio aveva anche un proiettore cinematografico per pellicole da 35 millimetri; ora la sceneggiatura la scriveranno i ragazzi, per sé stessi e per quelli di domani. Non conosco la musica che ascoltano e amano oggi, né, facendo eccezione per i Dr. Martens che mi ostino a indossare, capisco sempre il loro look (come d’altra parte i miei genitori non capivano le mie scelte in questi campi quando ero al liceo, compresi i miei acquisti di “strasse”), ma sono certa che il loro sguardo sarà meno miope di quello che abbiamo avuto noi rispetto all’idea di città che vogliono per il futuro. Magari sapranno anche intervenire attivamente, con visioni lungimiranti, rispetto ad altre aree della città, come l’ex Orto Botanico o l’area degli ex cantieri ACTV a Sant’Elena – per i quali, strano a dirsi, le proposte in campo prevedono la realizzazione di strutture alberghiere – che aspettano da altrettanto tempo dei gasometri di trovare una destinazione che le faccia tornare a far parte del tessuto vivo della città.
Il disegno nell’immagine d’apertura è una tavola della tesi di laurea Eva-Maria Jocham presso l’università di Gratz, un progetto di riuso dell’area degli ex-gasometri di San Francesco della Vigna

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1 commento
Fa piacere venire a conoscenza che anche al di fuori della città lagunare, il tema ex gasometri Veneziani in San Francesco della Vigna siano stati oggetto di Tesi Universitarie Internazionali. Vorrei ricordare che anche l’Università Iuav di Venezia si è interessata all’area in questione restituendo con gli studenti e docenti molti lavori particolarmente interessanti. Quest’ultimi insistono nell’attualità dei fatti, o vero nell’interesse su più fronti di rigenerare l’area di San Francesco della Vigna. Ciò sarebbe ancor più possibile qualora vi fosse maggior dialogo tra le Istituzioni pubbliche e i soggetti privati, partendo dalla valorizzazione del patrimonio culturale, costituito dalle attività di ricerca svolte nelle Università non solo estere ma locali, che in ogni caso includono noti rapporti internazionali, con la presenza di studenti e docenti provenienti da tutto il mondo. Le loro attività mirano a contribuire ad uno sviluppo scientifico, socio-economico, artistico e culturale per il nostro paese e per il mondo intero. Spesso queste attività rimangono solo compiti in classe quando potrebbero essere veri e propri motori di rigenerazione urbana, architettonica, sociale, economica, artistica e culturale.