Domenica prossima la Bolivia voterà il nuovo presidente che starà in carica fino al 2025, bicentenario dell’indipendenza del paese dalla Spagna. Si chiuderà così una lunga campagna elettorale in cui i colpi bassi non sono mancati, tra accuse di corruzione e di colpevolezza e mala gestione per gli incendi all’attuale presidente, e messe in guardia da parte di Evo Morales sabato scorso a Potosí su un presunto pericolo di colpo di stato da parte di civili ed ex militari in caso di una sua, ennesima, vittoria.
Alle elezioni in Bolivia, seguiranno domenica 27 ottobre quelle in Argentina e Uruguay che potrebbero nelle prossime settimane cambiare il panorama politico di buona parte del Sud America, portando al potere a Buenos Aires il peronista moderato Alberto Fernández che secondo tutte le previsioni archivierà la parentesi neoliberista di Mauricio Macri.
Se la disastrosa situazione economica dell’Argentina di Macri è destinata a pesare sul risultato del voto, a favore del governo uscente di Morales, in carica dal 22 gennaio 2006, gioca positivamente lo sviluppo degli ultimi dieci anni che fa della Bolivia il paese che cresce di più in America Latina anche nel 2019.

Con un distinguo. Secondo i dati della Comisión Económica para América Latina y el Caribe (Cepal) la povertà estrema nel 2014 riguardava quarantasei milioni di latinoamericani, saliti a sessantatré nel 2018. Pur sviluppando senza interruzione da vari anni, la povertà estrema in Bolivia è cresciuta dal 14,9 al 16,4 per cento tra il 2014 e il 2017. Un dato non confortante per un governo che s’ispira al socialismo, che secondo gli analisti è dovuto ai tagli di sovvenzioni che hanno colpito le famiglie più povere.
A fronte dei risultati economici che comunque hanno permesso a un’ampia maggioranza della popolazione di veder triplicato il proprio reddito, pesa invece negativamente il fatto che Evo non abbia rispettato l’esito del referendum che gli aveva negato la possibilità di ricandidarsi per la quarta volta. A tal punto che Carlos Mesa, il suo più forte rivale, ha avuto occasione di spiegare a Deutsche Welle che non riconosce la candidatura illegale di Morales, però partecipa “perché non ho intenzione di regalargli l’elezione come l’hanno regalata i venezuelani al chavismo”.
Se quindi Morales corre ancora una volta per la presidenza, ciò gli è stato consentito da una sentenza del Tribunale costituzionale del novembre del 2017, accolta come una frode da parte dell’opposizione che ha visto in essa la prova dell’addomesticamento dei giudici e del contestuale instaurarsi di un regime. Solo ieri l’opposizione ha gridato ancora una volta allo scandalo perché il Tribunale elettorale non ha imposto a Evo di sospendere le cerimonie d’inaugurazione di opere pubbliche che lo portano in giro nel paese, una sorta di continuazione della campagna elettorale anche in periodo in cui essa dovrebbe essere sospesa.
Nonostante l’inevitabile perdita di consenso dopo un così lungo esercizio del potere, Evo gode ancora di un’immagine positiva presso i boliviani, come attesta anche un recente rapporto del Centro Strategico Latinoamericano di Geopolitica (Celag) che gli dà il 54 per cento di popolarità.
Al momento Evo e il Movimiento al Socialismo, la sua creatura politica, s’imporrebbero in sei dei nove dipartimenti in cui il paese è diviso, essendo favoriti a La Paz, Oruro, Cochabamba, Pando, Chuquisaca e Potosí. In un’elezione che dovrà anche scegliere centotrenta deputati e trentasei senatori nei vari dipartimenti.

Abbastanza discordanti i sondaggi, l’ultima rilevazione è di domenica scorsa prima del silenzio elettorale. Per un istituto Evo avrebbe il 38,8 per cento mentre Mesa il 28,4. Se questo pronostico non gli assegna il fatidico 50 per cento più uno, l’avvicina alla soglia del 40 per cento con una differenza in più di dieci punti rispetto all’avversario diretto, condizione che per il sistema elettorale boliviano consente l’elezione al primo turno.
Per un altro sondaggio, fatto da Ipsos Bolivia per Radio Televisión Popular (Rtp) e il quotidiano La Razón, Evo avrebbe il 40 per cento e distanzierebbe di 18 punti Carlos Mesa dato al 22. Il che prefigurerebbe un successo del MAS al primo turno, come del resto parrebbe essere negli auspici del gruppo editoriale che ha promosso la rilevazione demoscopica.
In tutte le rilevazioni, merita di essere citato il successo di Chi Hyun Chung, medico e pastore di origine coreana del partito Demócrata Cristiano, un chiaro segnale della diffusione anche in Bolivia, come già in altri paesi del centro e sud America, delle sette religiose evangeliche, favorite dell’attuale amministrazione Trump. I sondaggi lo accreditano al quarto posto con il 5,8 per cento. Politicamente è paragonato a Jair Bolsonaro per la sua omofobia e misoginia.
A pochi giorni dalle elezioni, da parte governativa si ostenta sicurezza sul fatto che tutto finirà nella notte del 20 e che la Bolivia seguirà nella rotta indicata da Evo. Mentre Comunidad Ciudadana che sostiene la candidatura di Carlos Mesa è certa che si andrà al ballottaggio, risultato che potrebbe rimescolare le carte e compattare sull’avversario di Morales un’opposizione che si presenta in ordine sparso al primo turno.
Alcuni raggruppamenti sono dati ora a meno del 2 per cento, e non supereranno quindi lo sbarramento del 3 per avere una rappresentanza. Ciò dovrebbe accadere di certo al Movimiento Nacionalista Revolucionario (Mnr), e al Movimiento Tercer Sistema di Félix Patzi, governatore del dipartimento di La Paz ed ex ministro de Evo, e ad altre formazioni minori. Alta la percentuale d’incerti, al 46 per cento, molti i giovani e le donne, che decideranno chi votare solo il giorno delle elezioni.

Per accattivarsi l’elettorato dai 18 ai 29 anni di età il governo ha promesso una sovvenzione del trenta per cento per l’accesso all’abitazione, e bassi tassi d’interesse per pagarsi corsi pre e post laurea. Altro provvedimento a favore dell’elettorato giovane è la facilitazione all’accesso ai computer, per il quale il governo sovvenziona fino al 50 per cento della spesa. Evo sarebbe vincente nelle campagne con un 52 a 15 su Mesa, mentre nell’area urbana, nelle grandi città come La Paz e Santa Cruz, il suo vantaggio si ridurrebbe a 35 per cento a 26.
In caso di secondo turno, Mesa potrebbe trattare l’appoggio, se non di Chi Hyun Chung, politicamente distante, almeno di Oscar Ortiz, di Bolivia Dice No, che dovrebbe portarsi a casa il terzo posto con un prezioso 9,6 per cento. E di qualche altro, col risultato che per lui potrebbe aprirsi qualche chance di vittoria. Sabato 26 Evo passa la soglia fatidica dei sessant’anni. All’indomani il paese potrebbe decidere di consacrarlo ancora una volta come il suo beniamino, o decidere di mettere probabilmente fine alla sua infinita parabola politica.
In copertina l’ultimo raduno di Evo Morales

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