Pedro è stanco. Anche gli elettori spagnoli

Sánchez ha chiuso la campagna elettorale a Barcellona. La prima volta per un candidato premier, la volontà di dare il segno che sul tema centrale, l’unico, del dibattito politico spagnolo, lui c’è. Il capo del governo e leader del Psoe prova a motivare l’elettorato, sapendo bene che, dopo la grande partecipazione dello scorso voto, il suo nemico è ora l’astensione. Se basterà lo vedremo domenica sera.
ETTORE SINISCALCHI
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[BARCELLONA]

Pedro Sánchez ha chiuso la campagna elettorale a Barcellona. La prima volta per un candidato premier, la volontà di dare il segno che sul tema centrale, l’unico, del dibattito politico spagnolo, lui c’è. Il tentativo di riprendere in mano una campagna molto diversa da quello che pensava, quando ha deciso di riportare il paese al voto. 

È un paese sull’orlo di una crisi di nervi la Spagna che domenica vota per la quarta volta in quattro anni, e per la seconda volta in sette mesi. Un paese inesorabilmente diviso, lacerato dalla questione catalana, incapace di superare uno stallo politico che gli impedisce di affrontare la più grande crisi della sua giovane democrazia. Quella catalana è infatti parte di una crisi ben più ampia che attraversa la democrazia nata con la Costituzione del 1978, a partire dalla questione territoriale e dalla Spagna delle autonomie, il sistema col quale la neonata democrazia rispose al carattere plurinazionale dello stato spagnolo. Autonomie, partiti, monarchia, Parlamento, divisione dei poteri, tutto è messo in discussione da una cittadinanza che promuove solo il welfare e la scuola pubblica come le più importanti conquiste della democrazia ma esprime sfiducia sempre crescente nelle istituzioni e negli strumenti di partecipazione. A partire dal voto.

I sette mesi passati dall’ultima volta hanno fatto crollare la fiducia nella dinamica parlamentare. L’incapacità di formare una maggioranza, la ricerca del segretario socialista di un governo di minoranza, l’inadeguatezza del leader di Unidas Podemos (Up), Pablo Iglesias, nell’affrontare una trattativa mai veramente partita, la scelta di riportare il paese al voto, hanno sfiancato e deluso gli elettori. La grande partecipazione di aprile, con cui l’elettorato ha risposto all’appello per fermare l’avanzata di un centrodestra pronto a riproporre su scala nazionale l’accordo con l’estrema destra di Vox – col quale ha strappato ai socialisti lo storico bastione andaluso – non si ripeterà. I primi dati affidabili sulla mobilitazione dell’elettorato, la richiesta del voto postale, vedono un crollo del trenta per cento. La partecipazione rende fragile il meccanismo dei sondaggi che dipenderanno dall’affluenza reale alle urne per essere confermati o smentiti.

Sondaggi che delineano comunque un quadro molto diverso da quello che Sánchez e il suo più vicino consigliere politico, Ivan Redondo, immaginavano quando scelsero di tornare alle urne per consolidare le proprie posizioni.

La ripetizione elettorale confermerebbe il Psoe come primo partito ma con un numero di seggi eguale se non leggermente inferiore a quello attuale. Il crollo di Ciudadanos (C’s), che dimezzerebbe la rappresentanza, restituirebbe a Psoe e Pp parte degli elettori che il partito di Albert Rivera aveva conquistato e nutrirebbe l’avanzata di Vox. Il partito di estrema destra sarebbe il vero beneficiario della ripetizione elettorale, raddoppiando i suoi seggi, scavalcando C’s e portandosi a ridosso di Up, che potrebbe essere superata in seggi, anche se non in voti assoluti. Iglesias conta comunque di recuperare qualcosa per la svolta autoritaria e centralista del Psoe.

Pedro Sánchez, nel Padiglione tessile della Fiera di Barcellona, ai circa tremila militanti accorsi ad ascoltarlo, chiede il voto per “un governo progressista contro le destre e per un governo moderato contro gli indipendentisti”. Sa che si gioca il risultato sulla questione catalana e col voto catalano. Tenta di proporsi come mediatore tra opposti estremismi. Aiutato in questo dalle iniziative delle destre. All’Assemblea di Madrid, Pp e C’s hanno votato un documento proposto da Vox per chiedere la messa fuori legge dei partiti indipendentisti. Sánchez ne approfitta per riposizionarsi a sinistra annunciando che il governo si opporrà. Anche i leader del centro destra si smarcano. Pablo Casado (Pp), afferma che “non si perseguono le idee”, e Albert Rivera (C’s) ricorda che “fino a che non compi delitti puoi pensarla come vuoi”. Entrambi ne approfittano per recuperare una posizione più moderata abbandonata nella competizione a destra. Dove è comunque Vox ad avere l’iniziativa, come è stato durante tutta la campagna elettorale.

Pedro Sánchez prova a raddrizzare una campagna difficile, molto diversa da quello che aveva pensato, come ha ammesso anche nell’intervista, ieri, a El País, una campagna arenatasi sulla questione catalana e sulle reazioni alla sentenza del processo contro gli indipendentisti catalani. Prova a motivare un elettorato stanco, sapendo bene che, dopo la grande partecipazione dello scorso voto, il suo nemico è ora l’astensione. Se basterà lo vedremo domenica sera.

Il servizio fotografico è di Ettore Siniscalchi

Pedro è stanco. Anche gli elettori spagnoli ultima modifica: 2019-11-09T15:17:56+01:00 da ETTORE SINISCALCHI
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