“A Gantz dico: non cadere nella trappola di Bibi”

“Israele ha bisogno di un governo che non baratti il cambiamento con la stabilità”. A sostenerlo, in questa intervista esclusiva concessa a ytali è il leader del Partito laburista israeliano Amir Peretz.
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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“A Gantz dico: non cadere nella trappola di Netanyahu. Israele ha bisogno di un governo che non baratti il cambiamento con la stabilità”. A sostenerlo, in questa intervista esclusiva concessa a ytali è il leader del Partito laburista israeliano (sei seggi alla Knesset) Amir Peretz.

Tra razzi ed “eliminazioni mirate”, tra guerra e un precario cessate-il fuoco raggiunto a Gaza, continuano le trattative per dar vita al nuovo governo, quando sono ormai trascorsi quasi due mesi dalle elezioni del 17 settembre. Netanyahu insiste sulla Grande coalizione Likud-Kahol Lavan, in nome della sicurezza nazionale minacciata dalla Jihad islamica palestinese a Sud, da Hezbollah libanese a Nord e dal regime iraniano che finanzia tutte e due i gruppi.
Netanyahu, e lo dico non da segretario di un partito ma da chi ha ricoperto incarichi delicatissimi come è quello di ministro della Difesa, non può usare i drammatici avvenimenti di questi giorni per i suoi fini politici. Questo non è degno di un primo ministro. Le Idf (Le Forze di difesa israeliane, ndr) sanno di poter contare sul sostegno totale, incondizionato, di tutto Israele, perché la sicurezza è interesse nazionale, e non è né di destra né di sinistra. Qualche giorno fa decine di migliaia di israeliani hanno ricordato a Tel Aviv un Grande d’Israele, Yitzhak Rabin, nel ventiquattresimo anniversario della sua morte per mano di un estremista di destra israeliano. Netanyahu non ha imparato la lezione di Rabin, che peraltro, è bene ricordarlo, aveva accusato di tradimento, additandolo come nemico d’Israele, per gli accordi di Washington. Quanto al futuro governo, come Labour abbiamo indicato Gantz come premier quando siamo stati consultati dal presidente Rivlin. Ma non abbiamo firmato un assegno in bianco a Gantz, né accettiamo la logica del “male minore” rispetto alla destra oltranzista che Netanyahu ha rappresentato e che continua a rappresentare, come dimostra la nomina di Naftali Bennett a ministro della Difesa. Per quanto ci riguarda, stabilità e cambiamento devono tenersi insieme…

Ma i numeri non aiutano e si fa sempre più realistico il rischio di nuove elezioni anticipate, le terze in nemmeno un anno.
La “politica del pallottoliere” non è una buona politica. Gantz deve presentare un programma di governo ispirato ad una visione d’Israele sulla giustizia sociale, la lotta alla povertà e alle disuguaglianze, una pace nella sicurezza con i Palestinesi. Su ognuna di queste tematiche non c’è un punto d’incontro sostenibile con la destra radicale.

Amir Peretz durante la recente campagna elettorale

E con il Likud?
Il Likud non è un monolite. In questi giorni si è manifestata una dialettica interna a quel partito che per la prima volta mette in discussione la leadership di Netanyahu. C’è un Likud moderato che non ha digerito la svolta estremista impressa al partito da Netanyahu. Gantz deve offrire una sponda a questi ‘dissidenti’. Così si fa politica e non certo subendo i ricatti di un primo ministro il cui agire è condizionato pesantemente dai suoi guai giudiziari e da inammissibili attacchi alla magistratura.

Lei si è espresso per un coinvolgimento della Joint List (la Lista dei partiti arabi israeliani, con tredici seggi la terza forza alla Knesset) nella formazione del nuovo Governo. È ancora di questo avviso alla luce delle critiche dei leader della Joint List all’eliminazione del capo della Jihad islamica palestinese e all’operazione militare condotta dalle Idf nella Striscia. Gantz si è dichiarato d’accordo con l’eliminazione di al-Ata.
Vede, in precedenza ho fatto riferimento a Rabin. Ricordo che lui soleva affermare che Israele doveva trattare la pace come se non ci fosse il terrorismo e combattere il terrorismo come se non ci fosse una pace da trattare…Un discorso che vale anche oggi. Eliminare dei terroristi che hanno organizzato attentati contro cittadini israeliani, è un diritto-dovere di difesa d’Israele. Al tempo stesso, però, un Governo responsabile dovrebbe riaprire un tavolo negoziale con l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. Netanyahu non solo non lo ha fatto ma ha agito per sabotare il dialogo. Quanto alla Joint List, ritengo che coinvolgerli nella trattativa sul nuovo Governo è un segnale importante d’inclusione, ed è un richiamo ad un senso di responsabilità nazionale che deve coinvolgere anche i rappresentanti della comunità araba israeliana.

Peretz con i volontari impegnati nella campagna elettorale

L’incontro avuto ieri da Gantz con il leader di Yisrael Beiteinu (destra nazionalista, otto seggi, ndr) Avigdor Lieberman avrebbe portato ad una intesa…
Sono voci. Aspettiamo di sapere su quali punti questa ipotetica intesa sarebbe stata raggiunta. A Gantz abbiamo ribadito la nostra disponibilità ad assumerci responsabilità di governo, ma sulla base di un programma condiviso di cambiamento. E il cambiamento non si esaurisce con la non presenza di Netanyahu nell’esecutivo.

E se Gantz non dovesse darvi retta?
Staremo all’opposizione. Anche da lì si può fare il bene d’Israele e della sua democrazia.

Quella di Gantz è una corsa contro il tempo. Quattro giorni e poi dovrà gettare la spugna. A quel punto la Knesset avrebbe 21 giorni per trovare al proprio interno un candidato premier alternativo a Netanyahu e Gantz, altrimenti si andrà a nuove elezioni. La politica israeliana assomiglia sempre più a una roulette russa…
Una pistola puntata alla testa d’Israele! Siamo davvero a un passaggio drammatico nella vita politica del paese. Per decenni il Labour e il Likud sono stati i pilastri politici su cui si è retta la democrazia in Israele. Ci siamo combattuti, a volte abbiamo governato assieme, ma mai gli interessi del singolo hanno prevalso su quelli della nazione. Ora non è più così: e questa è la responsabilità storica che si sta assumendo Benjamin Netanyahu. Un grande statista è quello che sa quando è il momento di fare un passo indietro. Quel passo che Netanyahu non intende fare.

Ma Israele può reggere questa tensione continua?
È dura, molto dura. Perché il clima politico sta diventando irrespirabile, e una nuova campagna elettorale non farebbe che peggiorare la situazione. Siamo di fronte ad una emergenza democratica, sottovalutarne la portata sarebbe esiziale.

Haaretz evocava la possibilità che dopo la prova di forza a Gaza, Netanyahu si potrebbe imbarcare in un’altra guerra, stavolta a Nord, con Hezbollah…
Non voglio credere che Netanyahu possa arrivare fino a questo punto. Israele sa cosa significa una guerra, ne abbiamo combattute tante dal 1948 ad oggi. Abbiamo dovuto difenderci da nemici che volevano la nostra distruzione, che minavano l’esistenza stessa dello Stato d’Israele e del suo popolo. Golda Meir teneva un libro nel quale c’erano i nomi, le foto, di tutti i giovani soldati che avevano perso la vita nella difesa d’Israele. Non si mandano a morire dei ragazzi per calcoli politici. Sarebbe mostruoso.

“A Gantz dico: non cadere nella trappola di Bibi” ultima modifica: 2019-11-15T20:42:39+01:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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