Bye bye Bibi

Israele, da Re a Corrotto: Benjamin Netanyahu, affossato da un giudice. Fino a ieri era nella storia il primo ministro politicamente più longevo dello Stato ebraico. Da questa sera, passa alla storia come il primo ministro incriminato per corruzione quando è ancora in carica.
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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Il “Re” alla sbarra. Fino a ieri, era alla storia come il primo ministro politicamente più longevo dello Stato ebraico. Da questa sera, passa alla storia come il primo ministro incriminato per corruzione quando è ancora in carica. Il procuratore generale Avichai Mandelblit ha deciso di incriminare per corruzione Benjamin Netanyahu in una delle tre inchieste. Confermate anche le accuse di frode e abuso di ufficio.

È la prima volta nei 71 anni di storia di Israele che un primo ministro in carica viene incriminato. Ehud Olmert era stato costretto a dimettersi dagli alleati nella coalizione prima che i magistrati l’accusassero formalmente. È la prima volta in 71 anni che nessun leader politico è riuscito a mettere insieme un governo nei tempi previsti, dopo due elezioni anticipate consecutive. Adesso il parlamento ha 21 giorni per indicare un candidato alla poltrona di premier, che deve essere in grado di raccogliere i 61 voti necessari per la maggioranza. E il premier ha trenta giorni di tempo per chiedere l’immunità alla Knesset.

Dovrebbe essere discussa da uno speciale Comitato, che però non è più stato eletto dalle elezioni anticipate dello scorso 4 aprile. Finché la richiesta di immunità non sarà discussa il procedimento penale non potrà cominciare.

C’è il rischio che sia rinviato a dopo le prossime, probabili elezioni anticipate, che dovrebbero tenersi nel marzo 2020. Gregg Carlstrom, corrispondente dell’Economist dal Medio Oriente, ha fatto notare che il punto della questione nel breve periodo

è sempre stato politico: gli alleati lo molleranno oppure no? Per ora non l’hanno fatto, e vedremo se l’incriminazione cambierà qualcosa.

Nel primo caso, considerato il più grave e per cui Netanyahu è accusato di corruzione, il primo ministro israeliano avrebbe favorito l’azionista di maggioranza di Bezeq, la più grande società di telecomunicazioni di Israele, in cambio di una copertura mediatica favorevole su Walla news, un popolare sito di news israeliano legato a Bezeq.

Nel secondo caso Netanyahu e sua moglie avrebbero ricevuto regali dal valore di centinaia di migliaia di dollari da un produttore di Hollywood, Arnon Milchan, e un miliardario australiano, James Pack, in cambio di agevolazioni fiscali.

Nel terzo caso, invece, Netanyahu si sarebbe accordato con il proprietario del quotidiano Yedioth Ahronoth per indebolire un giornale rivale in cambio di un trattamento più favorevole da parte di Yedioth Ahronoth verso il governo.

Mendelblit aveva fatto sapere da tempo che intendeva incriminare Netanyahu, ma solamente negli ultimi giorni si è venuti a sapere che lo avrebbe fatto oggi, giovedì 21 novembre. 

Ancora prima dell’incriminazione, all’interno del suo Likud qualche contendente si è fatto avanti: Gideon Saar ha chiesto che il partito convochi le primarie per scegliere il nuovo (o il vecchio) capo, nel caso il Paese ritorni alle elezioni per la terza volta in meno di un anno (la data possibile è agli inizi di marzo). Netanyahu non è obbligato a dimettersi, può aspettare fino alla fine del processo e all’eventuale condanna. I suoi legali continuano a sostenere che contro di lui sia stata orchestrata una campagna per destituirlo.

Un politico travolto da reati infamanti dovrebbe avere la dignità di farsi da parte e non tenere più in ostaggio Israele,

commenta a caldo per ytali il leader del Labour, Amir Peretz.

Una linea condivisa dal presidente della Joint List, la Lista araba unita, Ayman Odeh:

Nelle trattative per formare il nuovo governo – dice Odeh, raggiunto telefonicamente nel suo ufficio alla Knesset – aveva preteso di avere garantita l’immunità. I reati imputatigli sono di una gravità assoluta per chi ha responsabilità di governo. Accusare la magistratura di essere parte di un complotto politico, chiamare la piazza a reagire, è un attacco alla democrazia senza precedenti.

Ma il diretto interessato, non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Netanyahu ha negato qualsiasi atto illecito e ha detto di essere vittima di una caccia alle streghe. Concetti che ha ribadito in serata, davanti agli attivisti, non molti, chiamati dai fedelissimi di “Bibi” a manifestare il loro sostegno al premier. Ma anche chi è rimasto al suo fianco, sa che dopo le decisioni del procuratore generale, per Netanyahu sarà molto più difficile, se non impossibile, sopravvivere politicamente. In una fredda sera di novembre, in un Paese piombato nel caos politico, il “Re” finisce nella polvere. 

Bye bye Bibi ultima modifica: 2019-11-21T19:06:51+01:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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