In vista del referendum che si terrà domenica primo dicembre nel Comune di Venezia, ytali ospita una serie di interventi a favore e contrari al quesito referendario. Dopo gli articoli di Franco Avicolli, Carlo Rubini, Roberto D’Agostino, Guido Zucconi, riceviamo e volentieri pubblichiamo la presa di posizione di ex dirigenti e funzionari del Comune di Venezia, figure di alto profilo nella recente storia dell’Amministrazione veneziana.
La consultazione di domenica prossima riguarda gli elettori veneziani, che saranno chiamati a pronunciarsi per la quinta volta sulla proposta di separazione – autonomia, preferiscono dire i sostenitori del sì alla divisione – tra Venezia, con le isole dell’estuario, e Mestre e terraferma. L’esito della consultazione avrà conseguenze sulla composizione della Città metropolitana di Venezia (852.472 abitanti a fine maggio) e su quella del Comune di Venezia (268.841 abitanti), suddiviso nelle municipalità di Venezia-Murano-Burano (69.679 abitanti), Lido Pellestrina (21.691), Favaro (23.376), Mestre Carpenedo (88.181), Chirignago-Zelarino (37.629) e Marghera (28.285).
Nel complesso 91.370 veneziani d’acqua e 177.471 di terraferma.
In caso di vittoria del “sì”, Venezia finirebbe al quarto posto tra i comuni veneti capoluogo di provincia, dopo Verona, Padova e Vicenza, mentre Mestre diventerebbe il terzo comune più popoloso della regione, il primo tra i non capoluogo di provincia. Sarà il quinto referendum sulla separazione. Nella tabella che segue i risultati delle precedenti consultazioni.



Con forza crescente, in vista dell’imminente referendum, si è aperto uno spazio di riflessione collettiva. Salutiamo con piacere il ritorno di questo dibattito – che vede interrogarsi e schierarsi comitati e partiti, associazioni, personalità e singoli cittadini – perché restituisce democrazia e pluralità di opinioni laddove – in questi ultimi anni – s’è viceversa tentato in ogni modo di assuefare le pratiche di governo ai desiderata di un pensiero unico di stampo essenzialmente padronale, svilendo nei fatti ogni principio di autentica partecipazione. Merita ricordare, una volta di più, l’azzeramento sostanziale dei corpi intermedi istituzionali (le Municipalità, già eredi delle esperienze consiliari decentrate), la marginalizzazione e penalizzazione delle esperienze associative (salvo intruppamenti selettivi puramente strumentali in contenitori volentieri propagandistici), il disciplinamento fortemente limitativo dei lavori dello stesso Consiglio Comunale, il ruolo meramente ornamentale dei residui luoghi e organismi di consultazione, in presenza di una totale requisizione degli spazi pubblici solitamente destinati alla discussione e alla partecipazione, culturale e politica.

In tale degradato contesto, profondamente modificato rispetto ad analoghe precedenti consultazioni referendarie, si capisce perciò come risulti elevato l’apprezzamento nei riguardi di coloro che in questi giorni vanno esprimendo le ragioni del SÌ e del NO ALLA DIVISIONE connettendole COMUNQUE al ripristino di una dialettica autenticamente democratica, tale da indurre i cittadini a riappropriarsi delle loro prerogative, a cominciare dal diritto-dovere di voto. E sbagliano, una volta di più, coloro che per interesse o ignavia manifestano irrisione per tale esercizio di elementare democrazia o raccomandano l’astensione al voto, adducendo motivazioni che penalizzano quasi per principio i percorsi partecipativi ai processi decisionali pubblici.
Venendo a quel che più ci compete, e che motiva questo stesso nostro nuovo intervento, occorre ricordare e sottolineare come il processo di accentramento e di presunta riorganizzazione della complessa struttura politico-organizzativa comunale abbia in realtà impoverito i servizi alla cittadinanza e la stessa trasparenza dell’azione amministrativa, allontanando organizzazione e personale comunale da quello spirito di servizio che, pur tra mille problemi e indubbie criticità, caratterizzava il quotidiano confronto degli uffici – e dei loro riconoscibili referenti – con le istanze della cittadinanza. Nessuna nostalgia per un presunto eldorado perduto, ma la ferma consapevolezza, per esperienza vissuta e testimoniata dai fatti, di aver operato in un quadro di grande fiducia, a cominciare dal pieno rispetto della separazione del ruolo gestionale dei dirigenti dal ruolo di indirizzo e controllo dell’organo politico, con Amministratori anche carismatici per nulla tentati da fughe autoritarie e dalle foghe accentratrici. E, parallelamente, il pungolo continuo, molto più impegnativo e responsabilizzante sul piano professionale, della critica, del controllo, dello stimolo di centinaia di cittadini impegnati nelle Municipalità, nelle associazioni, nei comitati, che giustamente esigevano ascolto e soluzioni per quanto di nostra specifica competenza, ovviamente nei limiti del diritto, delle risorse disponibili, degli indirizzi di governo.

E oggi cosa rimane di tutto ciò?
Da ex dirigenti e funzionari dell’Amministrazione comunale di Venezia siamo certi che nessun uomo solo al comando può sostituire l’opera di centinaia di cittadini che in spazi partecipativi riconosciuti dai regolamenti e dotati di idonei strumenti e poteri, siano messi in grado di assicurare una spinta costante al miglioramento della qualità dei servizi e alla coerenza delle scelte amministrative con le aspettative della comunità cittadina.
Uno o due comuni: certo che fa differenza, specie nella reiterata inerzia della Città Metropolitana. Ma l’invito a discutere e votare, pur senza prendere aprioristicamente partito, è l’appello affinché si inizi a recuperare la partecipazione quale valore davvero fondante del bene COMUNE.
Maurizio Ballarin
Luigi Bassetto
Enzo Bon
Michela Camozzi
Manuel Cattani
Roberto Ellero
Angela Fiorella
Giulio Gidoni
Oscar Girotto
Maria Maddalena Morino
Alfredo Rispoli
Giandomenico Romanelli

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