Il Buonvino di Walter

Una trama in crescendo che avvince e fa pensare, sia per l’analisi degli aspetti psicologici dei vari personaggi sia per le realtà sociali, artistiche e storiche che trovano nella capitale d’Italia una sintesi formidabile. “Assassinio a Villa Borghese”, il libro giallo di Veltroni appena pubblicato da Marsilio.
BARBARA MARENGO
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“Era il caso. Anagramma di caos”. E quando il caos si mette d’impegno per irrompere nel placido tran tran di un commissariato nell’altrettanto placido parco pubblico nel cuore di Roma gli ingredienti per vederne delle belle ci sono tutti. 

E sarà proprio così, penetrando nelle pagine del romanzo giallo-giallo Assassinio a Villa Borghese di Walter Veltroni appena uscito per Marsilio editore.

Una trama in crescendo che avvince e fa pensare, sia per l’analisi degli aspetti psicologici dei vari personaggi sia per le realtà sociali, artistiche e storiche che trovano nella capitale d’Italia una sintesi formidabile. 

Protagonista indiscusso, con le sue fragilità e incertezze, il neo commissario Giovanni Buonvino, un nome ben augurante in realtà se non fosse per una carriera ferma da quindici anni “per colpa di un’inezia”: che sarà mai, direte voi, ma da quest’inezia (ah, la storia del Risorgimento italiano, confondere via fratelli Bandiera con via Benedetto Cairoli e far irrompere una squadra di NOCS alla cresima del nipote del prefetto invece che a una riunione di camorra…), da quest’inezia, dicevo, partono una serie di intoppi sia nella vita privata sia nella carriera del nostro, che all’autore sta parecchio simpatico. 

Un bell’uomo, il commissario, intelligente e ironico, sfortunato in amore, appassionato di cinema e di Milan, che in casa oltre a due gatti scrocconi ha come interlocutore un manifesto datato, raffigurante l’attore Nik Novecento, morto giovanissimo alla fine degli anni Ottanta dopo rapide apparizioni in pellicole italiane e sul piccolo schermo. 

Quando il funzionario di polizia Buonvino è finalmente promosso e le sue frustrazioni si stemperano nella soddisfazione di guidare una squadra di sette improbabili poliziotti nel commissariato di Villa Borghese, il racconto si fa incalzante come in ogni giallo che si rispetti, i personaggi s’affastellano in un panorama surreale, ma per questo molto reale, in un continuo confronto tra titoli di film e una realtà che supera di gran lunga ogni finzione. Macabri e raccapriccianti episodi avvengono nello splendido polmone verde di Roma, uno spazio immenso e ricco di storia e di arte, quella Villa Borghese che accarezza le pendici del Pincio per affacciarsi sulla magnifica piazza del Popolo. Uno spazio di ottanta ettari che dal 1580 apparteneva ai Borghese, un tempo Horti Luculliani, luogo di svago e di caccia ma anche cenacolo di arte e architettura, passato allo Stato Italiano e poi al Comune di Roma nel 1901 per la cifra di tre milioni di lire, equivalenti a circa dieci milioni di euro di oggi.

Piazza di Siena, nel cuore di Villa Borghese (Foto Agenzia Dire)

In questa “Villa di delizie” tra fontane e tempietti, busti e statue, monumenti e musei, macabri episodi e delitti raccapriccianti – che contano tra le vittime anche un bambino – scuotono il neo commissario Buonvino portandolo in un vortice di ipotesi e di vicoli ciechi. Tra teste mozzate e sinfonie di Mahler, ossessioni religiose e chiese abbandonate, edifici fatiscenti e degrado, un Buonvino “solo, dannatamente solo” dipana una matassa assai ingarbugliata, alla quale il lettore sta dietro con il cuore che batte forte. 

Ogni episodio del romanzo riporta la mente del protagonista verso film-culto, e tra le righe appaiono Nanni Loy con “Made in Italy”, Pupi Avati con “Festa di Laurea”, Ettore Scola con “C’eravamo tanto amati”, Sergio Leone con “Il buono, il brutto, il cattivo”… Realtà cruda e finzione cinematografica che, come spesso avviene, nella vita s’intersecano e si collegano, e portano il lettore a chiedersi se sta assistendo a una messa in scena sul set di Villa Borghese o se il bel commissario Buonvino deve veramente indagare sui macabri delitti. E deve indagare con solerzia, incalzato inesorabilmente dai superiori e dalla stampa, dall’onnipresente rete e da fattori umani devastanti, che incombono sull’eterogenea e sgangherata squadra di agenti al suo comando. 

La Casa del Cinema

Lui, il commissario, oltre all’indagine scottante che deve fare luce sul perché e sul come sono state uccise con estrema crudeltà e ferocia le varie vittime, è sottoposto a un notevole stress psicologico sul piano familiare, visto che le disgrazie non vengono mai sole… Per chi e perché la moglie l’ha lasciato, dopo anni d’apparente felicità? Ancora una volta la realtà incombe sulla vita di Buonvino, con accadimenti che mai avrebbe immaginato, ai quali fa fronte in solitarie serate sul divano – unica consolazione il Milan, e va bene – a consumare cibi ordinati al telefono. 

Non facile per lui districarsi tra riferimenti storici a Tupac Amaru o l’enciclica Dominum Vivificantem di Giovanni Paolo II, turbe religiose o Caravaggio, date di nascita di Giovanni Falcone o riferimenti a Frank Capra…

In una città bella e dannata come la Roma d’oggi, non potevano mancare in questo tipo di giallo le emergenze sociali e gli edifici fatiscenti, ennesimo scenario dell’orrore al quale purtroppo ci siamo abituati. Una società apparentemente strutturata ma preda di schegge di disagio e disordine, anche mentale, che è sotto gli occhi di tutti ma che pochi colgono: e i frequentatori di Villa Borghese, quelli che facendo jogging corrono con le orecchie tappate dalle cuffiette, sono forse un esempio di questa indifferenza, senza nulla imputare a chi è libero di correre dove e quando vuole, rifugiandosi in un mondo virtuale. Mentre attorno a noi menti malate, e in questo caso insospettabili, elaborano incredibili delitti…

E grazie al caso che aiuta il caos il nostro commissario afferra il bandolo della matassa insanguinata: un ulteriore colpo di scena in questo romanzo incalzante e dalla prosa efficacemente asciutta.


Il Buonvino di Walter ultima modifica: 2019-11-29T17:42:38+01:00 da BARBARA MARENGO
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