Una battaglia davvero lunga e continua, quella dei disabili per cambiare la loro collocazione nella storia dell’umanità: Gian Antonio Stella nel suo saggio Diversi appena uscito per Solferino compie un lungo, dettagliato viaggio dai primordi delle varie civiltà per descrivere come e perché i diversamente abili o, meno politicamente corretto, gli handicappati abbiano sempre dovuto superare ostacoli fisici e sociali.
Nonostante l’anniversario recente della Giornata internazionale delle persone con disabilità che ogni anno dal 1992 è celebrata secondo il dettame delle Nazioni Unite, in tutto il mondo e sotto gli occhi di tutti il disabile soffre difficoltà e pregiudizi che vengono da molto molto lontano.
Stella dedica il poderoso saggio alla madre “che non c’è più, con nostalgia per quelle sfacchinate con la sedia a rotelle”: con cognizione di causa, si direbbe in maniera forbita, per dire che l’autore ha vissuto in prima persona le difficoltà di assistere una persona disabile.
In un mondo dominato dalla “cultura dello scarto” i diversamente abili non se la vedono bene, sia per le mille e mille barriere architettoniche che fanno parte del panorama urbano di città non strutturate sia per i pregiudizi che accompagnano il loro status. Una legge nazionale del 1989 ignorata alla grande detterebbe le “disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” con relativi articoli e finanziamenti: ma è sotto gli occhi di tutti soprattutto nel pubblico il fatto che un diversamente abile trovi sul suo difficile cammino numerosissime insormontabili barriere, soprattutto in città soffocate da parcheggi selvaggi etc etc.
In Italia sono circa quattro milioni i diversamente abili che si devono dolorosamente e faticosamente confrontare con mille ostacoli che da fisici diventano psicologici: di questi secondo l’indagine dell’autore, due milioni e 600 mila hanno più di 65 anni di età e vivono nel Meridione, un terzo vive da solo: la spesa da parte dello Stato è pari al 5,8 della spesa per la protezione sociale, meno che negli altri paesi europei (dove arriva a circa il 7,3 per cento). Famiglie, amici e volontari assistono queste persone, facendo risparmiare allo Stato oltre otto miliardi di euro all’anno.
Se è sulla donna che si riversano gli oneri maggiori legati alla fatica dell’assistenza, sono i pregiudizi a pesare ancora di più sulla condizione del disabile, tanto è vero che Giovanni Cupidi “paralizzato dalla testa ai piedi” ha creato un portale dall’esplicito nome “Siamo #handicappati NO cretini”.
Ironie e insulti, assieme a pregiudizi, accompagnano nella storia dell’umanità i diversi: e Stella minuziosamente ci fa viaggiare indietro nel tempo mettendoci di fronte a realtà antiche, che cominciano con il cacciatore Romito8 che dodicimila anni fa scorrazzava in Calabria e dopo un probabile incidente rimase paralizzato senza però essere abbandonato dal suo gruppo che lo assistette e lo “utilizzò” con solidarietà. Ce lo raccontano le analisi degli archeologi che scoprirono la sua sepoltura. Gli esempi di disabili “utili” che Stella propone sono decine e ripercorrono secoli di civiltà, ad ogni latitudine: da Helen Keller che seppure cieca e sorda nel 1882 riuscì a laurearsi diventando la famosa Anna dei miracoli protagonista di libri e film, fino all’imperatore Claudio, discinetico, definito dalla madre Agrippina “caricatura di uomo”.
Coloro che nacquero “a dispetto degli dei”, come nel 54 d.C. scrive Seneca proprio su Claudio: altro esempio, l’autore del “Salve Regina”, Hermann von Reichenau “orribilmente deforme” che trova in un monastero benedettino dell’anno Mille la forza di esprimere tutta la sua cultura, sensibilità, intelligenza.
E che dire di Stephen Hawking (1942-2018), scienziato dagli infiniti riconoscimenti in fisica, matematica, cosmologia, affetto da atrofia muscolare e capace di comunicare solo con un battito di ciglia.
Terribilmente efficaci i capitoli sulla genetica, da Aristotele a Platone, da Eschilo fino a Himmler e alla follia dell’eugenetica per raggiungere il “figlio perfetto” con esperimenti aberranti. “Migliorare l’essere umano attraverso la selezione degli accoppiamenti” lasciando da parte “scarti fisici, intellettuali e morali”, “tesi repellenti” che hanno trovato il loro acme nelle applicazioni sugli essere umani nel corso del XX secolo, alle quali la Chiesa si oppone con un’enciclica emanata da Pio XI, la Casti Connubii.

Storia e filosofia, dalla Roma antica del VIII secolo a.C. che elimina i nati storpi e mostruosi, alle teorie lombrosiane, passando per il Giappone con la pratica del mabiki, lo sfoltimento di neonati o le leggi dell’Indiana dei primi del secolo scorso che prevedeva la sterilizzazione di “criminali, idioti, imbecilli e stupratori”, con raccapriccianti collegamenti che si perdono nel mito, come quello dello storpio Efesto, figlio della colpa. Ecco, la colpa, commessa o fatta pagare al figlio, che associa malvagità a disabilità. Da Babilonia all’antico Egitto, dalle leggende nordiche all’ebraismo, dall’Islam, da Plinio il Vecchio al cronista veneziano Marin Sanudo, da Pico della Mirandola a Giordano Bruno fino a San Girolamo e Tommaso d’Aquino, la causa della nascita di un essere imperfetto andava ricercata in una primigenia colpa.
“Nessun uomo della tua stirpe che abbia difformità potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio”, disse il Signore a Mosè nel Levitico, mentre Montaigne nel XIV secolo afferma che i diversi lo sono per noi, ma non per Dio, stemperando l’idea crudele dell’emarginazione del diverso.
Non la pensavano certo come Montaigne i crudeli e sadici esecutori delle leggi del Terzo Reich, dove gli esperimenti su come perfezionare la razza ed eliminare gli imperfetti erano eseguiti con incredibile solerzia da medici, infermieri e personale prono alle più inimmaginabili direttive. Solo alcuni esempi, come la fabbrica degli omicidi al campo femminile di Mennecke dove su 95.000 donne furono eseguiti esperimenti di eugenetica. O la sterilizzazione forzata per legge del 1935, con l’enumerazione dei costi del disabile per la società tedesca, fino a ben cinquantamila marchi a discapito della razza perfetta. Oltre trecentomila furono le vittime di quegli anni del progetto Aktion T4, crudele selezione che deve il suo nome all’indirizzo di Tiergartenstrasse 4, via del giardino zoologico, dove tutto iniziò requisendo l’abitazione di un banchiere ebreo. Malati psichiatrici e disabili portati ai campi di sperimentazione e sterminio a camionate come anche migliaia di bambini con patologie, secondo l’aberrante motivazione di avere “diritto di uccidere consimili non produttivi”. Stella descrive in queste pagine così crude l’intervento di Pio XII, che incita i vescovi tedeschi a ribellarsi con coraggio a questi “assassini in camice bianco”: tra tutti costoro, Mengele, il dottor morte all’apice della piramide degli orrori nazisti.
Handicappati considerati come fenomeni sono stati da secoli inglobati nelle società come curiosità da mostrare, al circo o nelle corti, ed è questo senza dubbio uno dei trattamenti più degradanti che esseri umani abbiano riservato ad altri esseri umani.

Nani considerati “giocattoli di corte”, sin dai tempi dei faraoni fino alla corte della Regina Vittoria, da quella dei Gonzaga di Mantova alle esposizioni a circhi e fiere. Tra questi “fenomeni” si possono annoverare i famosi cantanti castrati che forse devono a san Paolo la loro fama. Visto che il tessitore di Tarso nella I lettera ai Corinzi scrive “le donne tacciano”, quindi non cantino, quindi non partecipino alla liturgia ecclesiastica, non si trovò di meglio che castrare maschi che fin da piccolissimi presentavano doti musicali particolari: Farinelli nel XVIII secolo e Caffarelli alla corte di Versailles di Luigi XV rappresentano le punte di quel diamante prezioso ma crudele che unì musica e religione in un connubio chissà come accettato dalla Chiesa. E questo fino al 1903…

Oggi questa visione atroce di un essere umano ridotto a giocattolo è del tutto superata? O l’esposizione mediatica esasperata alla quale tutti siamo sottoposti comprende anche ed ancora esseri umani diversamente abili? Esistono ancora vere e proprie fabbriche per la creazione di disabili da indirizzare all’accattonaggio, e ci imbattiamo sui marciapiedi della nostra cosiddetta civiltà occidentale in poveri esseri stesi a terra costretti a ostentare le loro menomazioni per raccattare l’elemosina. In tutto il mondo questa pratica aberrante contribuisce alla creazione di disabili inconsapevoli, a volte venduti da famiglie poverissime per racimolare qualche soldo. Una vera e propria piaga sociale di fronte alla quale giriamo lo sguardo: ma non giriamo lo stesso sguardo quando “diversi” sono autori di veri capolavori nella musica, nell’arte, nella letteratura.
Ecco che il saggio di Stella compie un’ulteriore svolta, e porta il lettore ad approfondire, se non le conosce già, le vite di tre personaggi che anche attraverso il loro essere “diversi” hanno lasciato segni indelebili nelle arti “nobili”.
Parliamo di Michel Petrucciani e delle sue doti straordinarie di pianista, affetto dalla cosiddetta sindrome delle ossa di cristallo: alto poco più di un metro, l’artista, morto nel 1999, è sepolto al cimitero di Parigi Père Lachaise accanto a Chopin e Balzac.
“Essere bizzarro “ e “dal talento maligno” fu considerato Henri de Toulouse-Lautrec, geniale interprete della ritrattistica della Belle Époque, affetto da una sorta di nanismo che lo confinò, nonostante le nobili origini, a una vita di emarginazione.
Deriso e dileggiato, chiamato il gobbetto, Giacomo Leopardi, affetto da una forma di tubercolosi ossea, fuggito dalla natia Recanati considerata “carcere, sepolcro, tenebra”, riuscì a raggiungere con la sua sensibilità dovuta alla sofferenza e al disagio una delle forme più alte della poetica universale.
“Tre stelle luminose dei diversamente abili”.
Attuale e franco, Diversi mette il lettore di fronte a realtà veramente scomode per chi diversamente abile non è, offrendo più di uno spunto di riflessione sul mondo della disabilità. Ma offrendo soprattutto a chi è “diverso” (come dice Montaigne, per gli uomini ma non per Dio) una testimonianza di civile impegno, che parte innanzitutto dalla consapevolezza degli ostacoli che quotidianamente si frappongono tra una carrozzina e un marciapiede, studiare, esercitare con dignità un lavoro, avere famiglia e affetti, certezza delle cure e dell’assistenza, accedere senza chiedere per piacere a un ufficio, a un parco, a un mezzo pubblico o a un teatro, e mille altre azioni di ogni giorno eseguite dai “normali” senza pensarci. Ecco, bisogna pensarci, ai Diversi.


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