Oriol Junqueras, il leader di Esquerra republicana de Catalunya (Erc), condannato a tredici anni di carcere nel processo agli indipendentisti catalani, doveva essere scarcerato per consentigli di andare a insediarsi come eurodeputato. La sentenza del Tribunale di giustizia dell’Unione europea (Tgue) smentisce le decisioni del Tribunale supremo spagnolo e smonta il bizzarro meccanismo col quale questa ha leso i diritti politici di Junqueras: un eurodeputato è tale non appena gli organi competenti proclamano i risultati elettorali, impedire alla persona eletta di uscire dal carcere per recarsi all’Eurocamera e insediarsi ufficialmente non ne elimina il suo status né i diritti politici e costituisce anzi un vulnus ai suoi diritti politici e a una prevaricazione del potere giudiziario.

Il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, è intervenuto in Aula:
È una sentenza molto importante che interessa direttamente la composizione di questa istituzione. La Corte si è pronunciata nel senso che l’assunzione del mandato parlamentare risulta dal voto degli elettori
La custodia cautelare al quale Junqueras era sottomesso
[…] dev’essere revocata, al fine di consentire al deputato di recarsi al Parlamento europeo e di completare le formalità necessarie
Sassoli ha ricordato che, nel caso in cui l’autorità nazionale consideri che la misura debba essere confermata dopo l’assunzione della qualità di eurodeputato, questa dovrà sottoporre un’apposita istanza all’Europarlamento, che potrà concederla o negarla.
Faccio appello alle autorità spagnole competenti per esortarle a conformarsi al tenore della sentenza e ho dato mandato ai servizi del Parlamento di valutare nei tempi più brevi possibili l’applicazione degli effetti della sentenza sulla composizione del nostro Parlamento
ha concluso Sassoli.
Il segnale dall’Europa è chiaro, la “giudizializzazione” della politica è una strada che gli spagnoli non potranno percorrere fuori dai loro confini. La divisione dei poteri e l’autonomia delle assemblee elettive, le uniche a decidere sulla sorte dei loro membri, è un principio fondante dell’Ue.
Malgrado una precedente, e poi smentita, dichiarazione da parte del Tgue sul fatto che la sentenza non avrebbe influito sugli altri casi riguardanti gli indipendentisti catalani eletti, le conseguenze sono state immediate per gli altri due eurodeputati indipendentisti di Junts pel Cat (JxC), Carles Puigdemont e Antoni Comín, rispettivamente ex presidente della Generalitat e “ministro” della salute del governo autonomo catalano.
Gli uffici dell’Eurocamera che il 30 maggio scorso, dopo la proclamazione del voto europeo, avevano negato l’accesso ai due, venerdì hanno consentito che si registrassero e ritirassero la loro documentazione. «Sassoli ha tenuto un intervento storico in Aula», ha dichiarato Puigdemont che ha rinfacciato invece ad Antonio Tajani il divieto di accesso di maggio: «Una decisione arbitraria e abusiva del suo ufficio e del suo Servizio giuridico». A febbraio, inoltre, il tribunale belga deciderà del rinnovato mandato di cattura europeo emesso da Madrid contro di lui, deliberazione rimandata proprio in attesa della sentenza.
Per Oriol Junqueras, condannato a tredici anni dopo due di carcere preventivo, le cose, invece, non cambieranno, almeno in tempi brevi. I giudici europei hanno lasciato nelle mani del Tribunale supremo spagnolo le modalità di applicazione della sentenza. Il presidente Pablo Llarena ha già invitato le parti a dare entro cinque giorni i loro pareri.

La Procura nazionale, sul fronte delle accuse, ha già fatto sapere che Junqueras non è ormai più in attesa di giudizio ma che sta scontando una condanna definitiva. Insomma, ci siamo sbagliati, la giustizia europea ha ragione ma «cosa fatta capo ha». Le difese chiedono l’immediata scarcerazione. Si attende di sapere cosa farà l’Avvocatura di stato, e qua entriamo nel campo delle conseguenze che la sentenza di Strasburgo ha sulla politica spagnola, impegnata nel tentativo della formazione del governo.
Essendo l’Avvocatura preposta a tutelare il governo nelle questioni legali, è quella i cui atti esprimono più direttamente la posizione politica dell’esecutivo. Non a caso Erc ha immediatamente annunciato la sospensione delle trattative politiche sull’investitura di Pedro Sánchez in attesa della posizione che prenderà.
Il governo ha lanciato segnali. La vicepresidente, Carmen Calvo, ha dichiarato che
[…] la Spagna rispetta e accoglie le risoluzioni dei tribunali spagnoli così come di quelli sovranazionali, alla cui giurisdizione è sottomessa in virtù dei trattati internazionali firmati. È arrivato il tempo che la politica stia solo alla politica
ha detto per dare a intendere come il governo sia intenzionato a affrontare un dialogo politico per la risoluzione del conflitto catalano. Così il ministro dell’Interno, Fernando Grande-Marlaska:
Riceviamo la sentenza con assoluto rispetto, quello dovuto al potere giudiziario, in questo caso quello che emana dai trattati dell’Unione europea della quale ci sentiamo membri orgogliosi. Come non potrebbe essere altrimenti, condividiamo i valori dell’Ue
In teoria la sentenza potrebbe facilitare il clima per un accordo, consente a Sánchez di ribadire la sua seria intenzione al dialogo, dà a Erc la possibilità di presentare qualche immediato risultato ottenibile grazie a un cambio di paradigma che sposti dallo scontro al confronto con Madrid. Ma nell’infiammato scenario politico catalano le cose hanno sempre effetti diversi. Le divisioni tra Erc e JxC sono sempre più accentuate.
Tsunami Democràtic promuove iniziative eclatanti come il tentato blocco dell’aeroporto di Barcellona e, mercoledì scorso, le proteste in occasione della partita Barcellona – Real Madrid, già rimandata per le tensioni di piazza, con qualche scontro fuori dallo stadio, l’esposizione dal pubblico di striscioni e insegne per la libertà della Catalogna e dei «prigionieri politici» e un fallito sorvolo di droni con striscioni, abortito per l’azione di disturbatori elettronici delle forze di sicurezza.

Erc è davanti a un bivio. Favorire con l’astensione la nascita del governo, in cambio dell’apertura di un “tavolo” di confronto sulla questione catalana e di un miglioramento delle condizioni carcerarie dei detenuti, per ora viene ancora chiesta la libertà, è un obiettivo a portata di mano ma il costo politico in Catalogna potrebbe essere alto.
Per dire del nervosismo, il giorno stesso in cui Erc bloccava le trattative in attesa della posizione dell’Avvocatura di Stato, Oriol Junqueras dava in carcere un’intervista all’emittente Catalunya Radio.
La negoziazione tra Psoe e Erc non si deve fermare in nessun caso. Bisogna essere disposti a dialogare sempre, indipendentemente che io stia o meno in carcere
ha detto, ricordando che ha nei negoziatori di Erc piena fiducia. Solo un malinteso, forse, che certo evidenzia la difficoltà di Erc a fare quel passo che viene negato a parole ma che è indispensabile: l’abbandono della “via unilaterale”, anche a rischio di rompere definitivamente il fronte indipendentista.
Nell’immagine di copertina il tavolo delle negoziazioni tra Erc e Psoe

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