Il saggio di Fabrizio Tonello, politologo dell’Università di Padova ed esperto in particolare della politica statunitense, è un’analisi che mette a fattor comune, con scrittura scorrevole e brillante, un insieme di ingredienti analitici, in particolare gli studi dell’autore sui mezzi di comunicazione e sull’ecosistema informativo, risultati e tesi tipiche delle ricerche di psicologia sociale e considerazioni di natura più prettamente politologica.
Democrazie a rischio. La produzione sociale dell’ignoranza (Pearson, Milano 2019) è diviso in capitoli agili, con bibliografia di riferimento e divulgativa alla fine, e si presenta come una serrata critica alla società dei consumi e dello spettacolo, alle deformazioni operate dai social media, preparate dalla comunicazione televisiva, e alle politiche neoliberiste, per riporre una rinnovata fiducia nei movimenti di critica della società.
Si tratta di una tappa di una ricerca scientifica che da tempo l’autore porta avanti, un programma di ricerca che intende indagare il rapporto tra democrazia e i mezzi di comunicazione di massa e che pone il tema di come mai le società possono prendere decisioni disastrose.
All’ordine del giorno si ripropone in maniera profetica la scomparsa dell’uomo nell’isola di Pasqua e ciò rimanda alla crisi ambientale che oggi attanaglierebbe il pianeta, senza che vi sia da parte della politica, specialmente quella incarnata dagli USA, un’azione all’altezza.
Il problema starebbe in una condizione di crescente ignoranza che indebolisce l’efficacia delle decisioni collettive.
Tonello, pur sottolineando la produzione dell’ignoranza come sottoprodotto di una impostazione economica precisa, constata la possibilità dialettica che la società si rivolti in una qualche forma. Pertanto dall’analisi del decadimento cognitivo della cittadinanza democratica non deriva, come una certa politologia conservatrice da tempo immemore prescrive, la necessità di limitare la partecipazione democratica, o comunque confinarla agli esperti, bensì, seguendo precise istanze dal basso, di rilanciare l’ideale democratico. E questo di fronte ai rischi che sono diagnosticati in maniera puntuale. Rischi che mettono in pericolo le democrazie.
Questo in sintesi per illuminare il senso del discorso. Procedendo da questa prima approssimazione interpretativa andiamo tuttavia a presentare l’articolazione dell’opera, che ha un carattere saggistico, ma anche, a tratti, di vero e proprio pamphlet politico.

Se potessi avanzare una ipotesi esplicativa sull’albero logico che fa da intelaiatura al saggio di Tonello, direi che due radici fondamentali sono la critica al neoliberismo e quella all’ecosistema informativo. Nel merito appare più approfondita e puntuale la seconda premessa, rispetto alla prima. Tuttavia ritengo molto rilevante l’analisi economica della logica dell’informazione, sia quella dei grandi giornali, sia quella televisiva che in ultima istanza quella dei più recenti new media, in particolare i social.
Da queste due radici discendono poi altre analisi critiche, in primo luogo quella della società dei consumi e di un processo sociale di infantilizzazione dell’essere umano, un processo che si accompagna al declino cognitivo, e alla diffusione dell’ignoranza.
Il percorso di Tonello inizia appunto da una premessa: di fronte a una situazione per cui l’incompetenza politica dei cittadini è sempre più messa in evidenza, non accetta la tesi di una crescente politologia che propone un abbandono dell’idea democratica e un restringimento elitario e tecnocratico del corpo dei cittadini con piena libertà politica. Si pensi a un libro su tutti, quello di Brennan, Contro la democrazia.
Tonello invece risponde che i risultati dell’incompetenza sono provocati da un ambiente che non dà le condizioni per potenziare i cittadini e le loro facoltà intellettuali. La questione cognitiva, la chiamerei, diventa quindi la questione democratica, ossia è esattamente il problema da risolvere per impedire il declino della democrazia, non è invece l’argomento definitivo per chiudere l’idea democratica.
Già Carlo Donolo, sociologo italiano da poco mancato, aveva più volte posto attenzione al tema del declino cognitivo. Vi è un tema di legittimità politica inaggirabile: chi è legittimato in realtà a decidere chi può far parte della vera cittadinanza?
Siamo di fronte ad uno scontro ideale, tipico del politeismo dei valori della società moderna. È chiaro che coloro che vogliono la cristallizzazione della società e la fossilizzazione delle gerarchie intendono utilizzare l’ignoranza prodotta da determinate politiche per eliminare la democrazia e stringere ancora di più il pugno del potere.
Tonello contribuisce a smascherare l’ideologia interessata di questi corifei dell’oligarchia cristallizzata, e si oppone a questo piano politico (scientifico). Resistendo e denunciando. (Si potrebbe dire che Tonello individua il neoliberismo come causa di questa tendenza antidemocratica).

Ora la questione dell’incompetenza politica dei cittadini chiama in causa l’ecosistema dell’informazione. Direi che questo nucleo analitico del saggio di Tonello è quello più rilevante, anche perché indubbiamente, almeno nel caso del recensore, ciò è evidentissimo, vi è un nesso tra qualità della democrazia e qualità dell’ecosistema informativo: tanto più questo sistema non è deliberativo (secondo i canoni delle teorie deliberative della democrazia), non è orientato dalla funzione verità, non è ricco di giornalismo d’inchiesta, tanto più si manifesta come un sistema che distrugge la possibilità di una costruzione di competenza, producendo una competenza negativa in particolare, quella della manipolazione, della menzogna, della propaganda pubblicitaria.
Si tratta di un tema messo ben in evidenza in tempi lontani da John Dewey in rapporto alla qualità del pubblico e quindi di una democrazia capace di essere performante. Appunto ciò non può essere possibile se la comunicazione è dominata da una logica pubblicitaria, non orientata dalla ricerca scientifica.
L’ecosistema informativo oggi è prevalentemente ostile al ragionamento, alla qualità del discorso, alla democrazia intesa come colloquio come scriveva Aldo Capitini in L’Abc della democrazia: vi è una logica sensazionalistica, personalistica, piegata alla spettacolarizzazione, alla partigianeria più disonesta, alla produzione continua di comunicazione patologica, secondo i canoni indicati dalla Scuola di Palo Alto nella Pragmatica della comunicazione. Una comunicazione integrata dei vari mezzi, tradizionali o nuovi, che impedisce lo svolgimento di un ragionamento e un accrescimento culturale.
Se peraltro si considerano i leader politici più rilevanti di questi ultimi anni (questo lo scrive il recensore) i sillogismi scientifici e dialettici sono stati sostituiti da slogan, entimemi, paralogismi, menzogne ripetute in maniera ossessiva, argomenti ad hominem (Schopenhauer sarebbe soddisfatto e si crogiolerebbe nel suo pessimismo, mentre Goebbels sarebbe fiero di aver dato corpo alle indicazioni di Gustave Le Bon tanto bene da essere ancora un punto di riferimento per le Bestie postmoderne – ogni allusione è puramente intenzionale).
Il saggio di Tonello introduce alcuni elementi di psicologia sociale utili per approfondire questa caratteristica dell’ecosistema informativo: ad esempio, mette in evidenza i meccanismi di spettacolarizzazione della politica del piccolo schermo e del linguaggio televisivo, che mediante i primi piani come i format di ingaggio – maledetti talk show! – rendono appunto i politici degli attori, dei performers. Da questo punto di vista la televisione è stata levatrice di una nuova cultura popolare pregna di narcisismo di massa, di confusione dei ruoli, di sdoganamento del linguaggio volgare e offensivo, oggi migrato senza freni e in una dinamica many-to-many (e non più one-to-many televisiva) nei social network.
Ora l’analisi di questo elemento nuovo dell’ecosistema informativo, i social, è un altro interessante contributo di Tonello. Utilizza le ricerche sociologiche di Erving Goffman, che
in una serie di libri ormai classici, ha dimostrato che le situazione sociali formano la base dei nostri discorsi e delle nostre azioni, Per esempio: come ogni altro elemento della vita sociale, ogni incontro rivela l’esistenza di un ordine stabilito che nasce da obblighi osservati e da aspettative rispettate e proprio in questa consiste la sua struttura.
Nella sostanza quando si entra in un ambiente sociale vogliamo conoscere il copione per poter recitare in maniera appropriata. Insomma l’ambiente sociale determina un comportamento basato su regole sociali, tramite una maschera (persona) sociale.
Ora la televisione ha imposto una sorta di comportamento pubblico-privato, portando alla confusione di queste due modalità drammaturgiche differenti: i social, sulla scia televisiva, hanno abbattuto definitivamente questa differenza drammaturgica, provocando però un aumento delle tensioni sociali, dello scontro verbale, permettendo un faccia a faccia drogato da una situazione psicologica simile a quella in cui si trova una folla secondo la lezione di Gustave Le Bon.
I social quindi sono da considerarsi come degli acceleratori di premesse già avviate dalla comunicazione televisiva. Lo stesso si può affermare, secondo Tonello, per il processo di infantilizzazione degli adulti. La società dei consumi, la televisione commerciale a essa funzionale, pretende di riferirsi a un soggetto infantile che deve dare immediata soddisfazione ai propri desideri, ai propri impulsi.
Se l’adulto diventa infantile, nella dimensione pubblica, avrà riflessi infantili, si sentirà vulnerabile, sarà disponibile, sentendosi insicuro se non immediatamente soddisfatto, a manifestare rabbia e a cercare, nella dinamica mimetica che René Girard a sui tempo ha ben descritto, un capro espiatorio.
Tonello richiama anche le parole di Huinzinga in La crisi della civiltà nelle quali si sottolineava come una condizione di pubertà prolungata porta a una mancanza di rispetto verso gli altri a una mancanza di dignità, a un indebolimento del giudizio, a un annullamento nella massa, insomma a una condizione pericolosissima in cui da un momento all’altro qualsiasi freno inibitore potrebbe cedere. E questo stato di rabbia e confusione è quello che ventiquattr’ore su ventiquattro i media esprimono o lasciano esprimere o provocano.
In aggiunta a questo Tonello mette in evidenza come vi sia un declino del giornalismo e una crescita esponenziale delle fake news. La disinformazione peraltro diventa decisiva nei sistemi politici maggioritari. Il caso della vittoria di Trump fa scuola (con le responsabilità di Facebook e Cambridge Analitica).
Ma l’analisi di Tonello denuncia come sia lo stesso modello di business e di costruzione del prodotto oltre che la concentrazione proprietaria a far sì che l’ecosistema informativo e gli elementi più importanti di esso siano funzionali al mantenimento di uno status quo in cui la verifica della notizia è sacrificata alla rapidità della sua costruzione e alla sua immediata attrattività.

In questa dinamica giornalisti e politici si sostengono a vicenda nella costruzione delle notizie. I politici infatti diventano le fonti dei giornalisti per primeggiare e fare carriera, i giornalisti a loro volta per arrivare prima dei concorrenti proteggono le loro fonti. Peraltro vi è un fenomeno crescente di passaggio diretto alla politica dei giornalisti: è un aspetto che già Weber aveva preconizzato e che oggi è sempre più evidente: nello spettacolo della politica attori rilevanti sono gli stessi giornalisti.
Lo stesso recensore ha compreso questo meccanismo nella sua esperienza politica e quindi corrobora la tesi di Tonello. Scrive lo scienziato politico di Padova:
Il giornalismo tradizionale, per limitazione insite nelle sue strutture proprietarie, nelle sue caratteristiche tecnico-produttive e nel suo modello di business, rimane ostaggio delle occasioni di notizia create dai politici o dagli imprenditori. I tweet dei ministri, le conferenze stampa dei presidenti, le notizie di attentati o le ultime dichiarazioni di miliardari riuniti a Davos sono messaggi inevitabili nella logica della notiziabilità (p. 43).
La politica diventa non solo la fonte del giornalismo, ma anche parte essenziale dello spettacolo televisivo. Inoltre l’integrazione fra telegiornali, talk show, piattaforme social sulla telefonia mobile ha trasformato la velocità di reazione a un avvenimento nell’unico criterio giornalistico valido.
In questa dinamica integrata della comunicazione politica Tonello correttamente mette in evidenza la centralità assunta da Twitter e il fatto che i social stiano sempre più favorendo una comunicazione disintermediata in cui vale ancora una volta una delle indicazioni di Le Bon sull’oratore che vuole sedurre la folla: i social sono l’ambiente ideale per alimentare una comunicazione che riproduce il rapporto oratore-folla, in cui prevale chi esagera e abusa delle affermazioni violente.
Tutte queste caratteristiche della comunicazione, come sopra evidenziato, riducono la gerarchia delle fonti e tendono a eliminare lo sforzo dell’approfondimento. In base a questa analisi Tonello conclude:
Se quindi torniamo al nostro punto di partenza, il rapporto tra democrazia e competenza politica, dobbiamo constatare che un ecosistema informativo di questo tipo ha in pratica risultati opposti a quelli sperati: se in teoria potremmo avere ogni informazione sulla punta delle dita, gratuitamente e in ogni momento, in pratica siamo sempre più incerti e confusi, privi di punti di riferimento, vittime di messaggi superficiali e distorti. Da qui nascono i rischi per le democrazie (p. 47).
La ricaduta di questo ecosistema non può che essere un processo sempre più profondo di divorzio tra competenza e rappresentanza: d’altro canto nella società dello spettacolo la rappresentazione della politica ha sostituito la politica stessa.
Peraltro questa dimensione rappresentativa è costitutiva della mediazione tra soggetto collettivo e individui nel corpo politico. Il problema è la qualità della rappresentanza, della messa in forma del corpo politico.
Per Tonello in questa rappresentanza della politica, i leader che danno spettacolo assumono sempre più le sembianze dell’uomo comune, potremmo dire che si specializzano in una sorta di iperbole del rispecchiamento dell’uomo comune.
I politici danno spettacolo e quindi sono performer: Trump ne è un esempio, ma in Italia lo sono Salvini e Renzi. Questi politici hanno il compito di esprimere immediatamente i sentimenti, spesso elementari e violenti, di chi si sente escluso, o non rispettato, dai politici tradizionali.
La concreta attuazione delle promesse elettorali diventa invece meno importante. E tuttavia si dimostra un veloce logorio delle leadership e una frequente alternanza al governo delle forze politiche. Tonello lega questa tipologia di leadership anche a una situazione sociale specifica:
Dobbiamo però abituarci all’idea di leader di questo tipo, quanto meno fino a che i livelli di diseguaglianza sociale e apatia politica resteranno quelli che sono adesso (p. 57).
Ma si tratta di una analisi corretta? Non è che sia dato per scontato un po’ troppo? Perché la diseguaglianza dovrebbe favorire una tale deriva? E l’apatia politica? E viceversa il loro contrario come cambierebbero le cose?
Ma torniamo al dato del declino cognitivo anche nell’ambito politico, appunto sul fatto che vi è un divorzio tra competenza e rappresentanza:
Il vero pericolo costituito dai politici ignoranti è la loro azione distruttiva verso la cultura altrui, non le sciocchezze che dicono per cercare consenso (p. 62).
Ovviamente questo decadimento cognitivo indebolisce la capacità di regolazione politica e quindi aumenta la possibilità di controllo delle grandi imprese multinazionali sulla politica. Qui sta il motore “neoliberista” di questo processo: se la premessa è che la lotta di classe o degli interessi è sempre in atto, è chiaro che alcuni giocatori vogliono costruire un campo di gioco più favorevole e avere delle regole favorevoli, per le grandi corporation è preferibile quindi che l’attore pubblico sia guidato da leadership inadeguate e controllabili, o comunque che agiscono dalla stessa parte della barricata.
I partiti politici diventano degli strumenti da utilizzare: è evidente che laddove non è la politica democratica a finanziare la politica ma sono i finanziamenti privati a farlo non può che prevalere l’interesse dei grandi finanziatori aggregati. La fine del finanziamento pubblico ai partiti è un capitolo decisivo della guerra di classe vincente da parte degli interessi della nuova aristocrazia mondiale.
Tonello fa anche una lettura del fenomeno populistico (cfr. p. 63). Si tratta di una strategia di mobilitazione della frustrazione e del risentimento dei ceti medi utilizzando chiavi di tipo nazionalistico o religioso o attaccando le posizioni di percepito privilegio degli intellettuali e della classe politica, questo attraverso l’utilizzo di un linguaggio aggressivo, espressione di una mentalità ignorante e infantile.
Peraltro un intero capitolo del saggio è dedicato all’analisi dello svuotamento delle classi medie e delle conseguenze sociali di tale fenomeno, che in effetti domina il quadro sociale contemporaneo in cui l’angoscia e la paura del declassamento sono al centro della società. In questo quadro i politici che emergono sono scelti per le loro capacità di interpretare i temi di mobilitazione populistica e le indicazioni dei consulenti, non per le loro competenze.
Ma soprattutto si tratta di un fenomeno di difesa o d’attacco di una forma capitalistica neoliberista, disorganizzatrice e distruttrice della qualità democratica. Una manifestazione delle tendenze distruttive del capitalismo. Questa è la chiave di interpretazione di Tonello; emerge quindi il peso della premessa sulla rilevanza del neoliberismo, che non solo distrugge la società ma mina anche i valori borghesi che hanno reso possibile la vera crescita economica. Sarebbe interessante incrociare questa analisi con quella che ad esempio autori come Mariana Mazzucato fanno sulla genesi del valore, capovolgendo un senso comune oggi sedimentato e vincente.
Tonello si sofferma molto sugli aspetti relativi al decadimento cognitivo della cittadinanza, analizzando anche elementi di natura psicologica.
Certamente la responsabilità dell’ecosistema informativo è decisiva: non ci sono strutture di partecipazione e coinvolgimento politico diretto che permettano ai cittadini di distinguere ciò che loro autenticamente ritengono importante da quello che i media propongono come importante.
Vi è un tema centrale di agenda setting e qualità del dibattito pubblico, come sopra abbiamo più volte evidenziato. I media utilizzando le euristiche e i meccanismi psicologici, tipo gli stereotipi, che non permettono un esame della realtà e un miglioramento cognitivo.
Ciò accanto a una serie di politiche, coerenti per le classi dominanti che utilizzano il sistema neoliberista per arricchirsi, che tendono a indebolire tutte quelle agenzie formative (scuola, università e scuole di alta formazione) che possono favorire un utilizzo più performante del cervello umano.
Tonello pertanto dedica una parte del suo saggio proprio a analizzare le tendenze in atto ad esempio nella scuola e nell’università, mostrandone gli elementi regressivi e minacciosi rispetto alla libertà e alla qualità dell’insegnamento, con la conseguenza della produzione di ignoranti (e analfabeti funzionali).

Deridda, Recalcati, Nussbaum vengono presi a riferimento come autori che colgono le criticità e mettono in evidenza gli aspetti positivi dell’insegnamento: l’addestramento tecnico e specialistico, sempre più declinante per gli aspetti di contenuto e sempre più soffocante rispetto alla libertà, viene radicalmente criticato, quando servirebbe invece una formazione e educazione alla cittadinanza e alla libertà del pensare, con un potenziamento dei contenuti e delle politiche tese a controbilanciare gli effetti negativi dei contesti sociali.
La ricaduta in termini di ignoranza è evidente nella scarsa capacità di utilizzare la matematica e la statistica per interpretare i dati che si propongono all’attenzione. Da questo punto di vista servirebbe una scuola che investa maggiormente nella matematica. La matematica, la statistica conosciute a livello robusto in maniera diffusa sarebbero degli argini molto forti alla prepotenza del potere (e delle classi dominanti).
L’ultimo capitolo del saggio è un capitolo di “speranza”: Tonello prova a evidenziare elementi positivi, prove di resistenza a questo quadro preoccupante e rischioso per la democrazia: si tratta della presenza di fenomeni politici di resistenza e di indignazione, l’attivazione di nuove soggettività politiche, definite da altri autori anche populiste di sinistra, che invece sono elementi positivi a giudizio dell’autore: si tratta di movimenti di resistenza, contro la politica neoliberista innanzitutto.
Ad esempio, in Spagna con Podemos, e negli Usa con il movimento Occupy Wall Street. Si mette in evidenza quel fenomeno della controdemocrazia di Rosanvallon, che poi l’autore francese ha rilanciato nelle sue opere più recenti con la formula della democrazia di riappropriazione (manca questa segnalazione da parte del nostro autore).

Si tratta di forme di protagonismo dal basso che mettono di nuovo al centro il bisogno di autogoverno: ciò implica una reazione alle dinamiche dell’ignoranza che minacciano la capacità di autogoverno. Tonello da questo punto di vista mette in evidenza la ricerca che Jared Diamond in Collasso fece sul caso dell’isola di Pasqua: si tratta di una metafora che ci riguarda da vicino: specialmente la spirale potenziale in una condizione di risorse scarse che porterebbe dinamiche distruttive, ma prima ancora come metafora di quanto possa essere distruttiva una incapacità cognitiva.
Sembra più importante quindi preservare una risorsa centrale: quella cognitiva di autogoverno: è centrale per questo, soprattutto, avere la consapevolezza dei limiti. Tonello richiama la lezione di Freud e quel processo stesso che segna la genesi dell’Io e della capacità di esaminare la realtà: si tratta anche in questo caso come scrive il padre della psicanalisi di bonificare lo Zuiderzee e di sconfiggere la condanna dell’hybris.
Nelle conclusioni Tonello auspica quindi una sorta di movimento opposto alla tendenza attuale che conduce la democrazia a forme di autoritarismo per preservare gli interessi delle classi dominanti che utilizzano per questo il neoliberismo: autoritarismo però che produce governanti lontani dal modello del custode illuminato e tecnocratico, ossia governanti ignoranti e pericolosi.
Serve una risposta controdemocratica nel segno positivo di Rosanvallon (infatti il fenomeno controdemocratico può assumere anche forme populistiche incapaci di fare sintesi o di rispondere adeguatamente ai problemi collettivi), una capacità di critica, di controllo e di intervento dal basso: serve più cultura, più democrazia, più mobilitazione.
Dal punto di vista del recensore si tratterebbe da questo punto di vista non solo di individuare modelli positivi ma anche soluzioni istituzionali e politiche pubbliche di empowerment della cittadinanza (si tratta di utilizzare positivamente le indicazioni di Dewey, Rawls, Dahl, Rosanvallon, gli autori della democrazia deliberativa ecc.). Esattamente l’opposto di quanto propone una certa scienza politica: ossia delega e bassa partecipazione.


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