Sanders e la purezza perduta

Il senatore del Vermont cresce nei sondaggi alla vigilia dei caucus in Iowa. E con i maggiori consensi crescono le polemiche, soprattutto dopo il recente sostegno di Joe Rogan, una controversa star del web.
MARCO MICHIELI
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Mancano pochi giorni all’apertura dei caucus in Iowa che di fatto segneranno l’avvio della competizione elettorale tra i democratici. Nel piccolo stato rurale i sondaggi hanno per lungo tempo dato in testa l’ex vice presidente Joe Biden. Negli ultimi tempi però la distanza con gli altri contendenti sembra si sia accorciata. Si profilerebbe un testa a testa tra l’ex vicepresidente di Obama e Bernie Sanders, il senatore del Vermont che sfidò Hillary Clinton nel 2016. 

Lo scontro tra i due sembra riproporre il dilemma che negli ultimi anni ha diviso i democratici tra i moderati e i progressisti. E come in ogni conflitto con l’avvicinarsi del momento chiave, aumentano anche le polemiche. Questa volta a farne le spese è proprio il senatore Sanders. Alcuni recenti episodi hanno infatti sollevato alcune domande sulla sua campagna elettorale e sulla squadra di cui il senatore si circonda.

Recentemente Sanders ha infatti ottenuto il sostegno di Joe Rogan, una delle personalità più popolari del web, presentatore di molti talk show e podcast. Nel suo show – The Joe Rogan Experience – il presentatore s’occupa di diverse tematiche, dallo sport alla scienza. E ovviamente s’occupa di politica, di cui parla ai milioni di followers su YouTube, molti dei quali sono giovani. Qualche giorno fa Rogan ha dichiarato che voterà per il senatore del Vermont:

Probabilmente voterò per Bernie. È stato tremendamente coerente per tutta la sua vita. Ha continuato a dire le stesse cose, sostenendole da sempre. E questo è già un aspetto importante per poter lavorare bene.

La dichiarazione di Rogan è stata tempestivamente postata sui social dagli organizzatori della campagna di Sanders e dal senatore stesso. Qualche giorno dopo è apparso anche un video ufficiale della campagna per annunciarne il sostegno.

Il video – e l’endorsement – hanno creato immediatamente molte polemiche. Anche se Rogan ha dichiarato di “sentirsi di sinistra”, nel passato non ha votato i democratici e ha per lo più sostenuto i candidati libertari, alternativi ai dem e ai repubblicani. Molti hanno soprattutto ricordato le interviste amichevoli che nei suoi show hanno fatto conoscere ad un ampio pubblico estremisti di destra come Milo Yiannopoulos, Candace Owens e Alex Jones. Ha dato inoltre ampio spazio ai sostenitori delle più disparate teorie della cospirazione.

Rogan infine ha una lunga storia di commenti offensivi, soprattutto verso gli African-Americans e le persone trans. Nel 2013, Rogan raccontò di aver visto il film Il Pianeta delle scimmie in un quartiere black e di essersi “improvvisamente trovato nel film stesso”. Nel 2017 durante uno dei suoi show, parlò di un trans come di un “f**king man”, “non m’interessa se non ha più il c***o”.

Ciò che ha sollevato più polemiche è tuttavia lo spazio che Sanders e la sua squadra elettorale hanno dato all’endorsement. Briahna Joy Gray, portavoce della campagna del senatore del Vermont ha risposto alle critiche sostenendo che:

Vivere in un partito grande implica l’inclusione di coloro che non condividono le nostre stesse idee, senza dover compromettere i nostri valori

Secondo i sostenitori di Sanders, l’endorsement di Rogan rafforzerebbe l’eleggibilità del senatore – un tema caro al campo di Biden – perché dimostrerebbe di poter raggiungere nuovi elettori, al di là dei campo progressista. Rogan, dicono, è stato il numero uno al mondo  negli scorsi anni; il suo canale YouTube – PowerfulJRE –  ha più di sette milioni di iscritti; quindi il suo sostegno consente di arrivare a potenziali nuovi elettori per i democratici.

Lo show di Rogan è molto seguito. Nel 2018 una sua intervista a Elon Musk provocò un terremoto: il proprietario di Tesla fumò una canna in diretta con il presentatore e ventilò l’idea di vendere lo stock di azioni della sua compagnia, una dichiarazione che gettò nel panico il mondo degli affari e procurò non pochi problemi a Musk, di cui venne messa in discussione la sanità mentale.

Nello show, quando Rogan parla di politica, il principale oggetto delle sue critiche non è Trump ma l’identity politics e i democratici tradizionali. Il termine identity politics è utilizzato dai conservatori americani soprattutto in termini negativi per indicare tutte quelle posizioni politiche basate su interessi e prospettive di particolari gruppi sociali, che sia per ragioni religiose, di genere o razziali: cittadini di fede musulmana, ad esempio, che richiedono l’inserimento di cibi adatti alle loro credenze religiose nel menù di una mensa scolastica stanno facendo politica dell’identità (religiosa in questo caso). È uno dei punti cruciali della riflessione del cosiddetto “Intellectual Dark Web” (ytali ne aveva già parlato in un ritratto di Jordan Peterson). Ed è uno dei punti deboli di Sanders.

Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez

Sin dal 2016 Sanders è infatti accusato di prestare poca attenzione alle minoranze e di essere più focalizzato sulle disuguaglianze economiche e di classe. E il sostegno di Rogan ne sarebbe semplicemente un’ulteriore conferma. Però pone il senatore in una posizione difficile: in questi mesi Sanders e i suoi sostenitori sono stati accusati di richiedere agli avversari democratici una sorta di “purity test”, un esame di purezza, per verificare la loro vicinanza – o meglio lontananza – dai “valori” del partito. Negli anni, inoltre, buona parte della sinistra ha condannato Trump per avere ottenuto il sostegno dei suprematisti bianchi e per le dichiarazioni razziste, misogine e omofobe. Molti oggi nel campo “moderato” e “progressista alternativo a Sanders” si chiedono quindi quale sia l’“autorità morale” con cui Sanders e i suoi dispensino patenti di appartenenza politica ad un campo.

Il sostegno di Rogan solleva poi altri due punti importanti: il primo è relativo alla strategia elettorale del senatore. L’idea di base è che Rogan consenta a Sanders di arrivare a elettori scontenti della working-class e senza titolo di studio, che vivono negli stati della Rust Belt e che hanno votato per Trump. Il problema però è che molti di questi elettori – e degli ascoltatori di Rogan – sono animati dal risentimento verso le minoranze di ogni genere, accusati di essere i responsabili della loro condizione. E soprattutto questo sostegno rischia di alienargli una parte importante della base che partecipa alle primarie democratiche: le minoranze razziali e quelle Lgbtq.

Che sia una mossa elettorale non v’è dubbio. In occasione di altri endorsement discutibili, il differente “peso” elettorale di chi dichiarava il proprio sostegno ha causato la presa di distanza della campagna di Sanders. Per esempio, in dicembre, Sanders ha respinto il sostegno di Cenk Uygur, un altro controverso presentatore di talk-show – The Young Turks – che s’era espresso in passato con commenti misogini, per i quali il presentatore, che corre per un seggio alla Camera in California, ha dovuto poi scusarsi.

L’altro punto importante è che le polemiche attorno a Rogan hanno riacceso le critiche alla campagna elettorale di Sanders e soprattutto ai suoi “surrogati” che nei social media sono chiamati “Bernie Bros”. E che si sono scatenati nei social contro chi accusava Sanders di poca attenzione ai temi delle minoranze razziali e sessuali.

Col termine “Bernie Bro” s’indicano alcuni sostenitori di Sanders particolarmente attivi sui social media. Per lo più uomini, bianchi, con un alto livello di istruzione, che appartengono alla middle class e che seguono decine e decine di podcast, siti web e trasmissioni politiche. È un termine negativo con cui i repubblicani e una parte dei democratici indicano quei sostenitori di Sanders particolarmente “violenti” sui social media, da Facebook a Twitter. Già nel 2016 la campagna di Sanders era stata accusata di non saper gestire questa pletora di fan esagitati. E questa volta non sembra molto diverso.

A farne le spese recentemente è stata la senatrice Elizabeth Warren, un’altra esponente dell’ala progressista dei democratici. Qualche tempo fa Warren aveva rivelato i contenuti di una discussione privata avuta con Sanders, durante la quale il senatore del Vermont avrebbe detto di non credere che una donna potesse sconfiggere Trump nel 2020. Durante, poi, l’ultimo dibattito tra candidati in Iowa, il tema era stato sollevato dai giornalisti e Sanders aveva negato di aver mai detto una cosa simile. Un’affermazione che è poi stata oggetto di un siparietto tra i due in diretta, con Warren che rifiutava di stringere la mano al senatore del Vermont e l’accusava di averle dato della bugiarda in una televisione nazionale.

La diatriba tra i due ha scatenato l’ondata di tweet e commenti da parte dei “Bernie Bros”, tanto che lo stesso Sanders è dovuto intervenire per calmare i propri sostenitori, che nel frattempo avevano fatto volare in cima alla classifica degli hashtag “#LyingLiz”, “#NeverWarren” e “#WarrenisaSnake”.

Più recentemente, Sanders è dovuto ancora intervenire per scusarsi direttamente con Joe Biden, sottolineando che l’ex vice-presidente è “una persona per bene”. Lo speechwriter di Sanders, David Sirota, aveva infatti scritto un editoriale in cui accusava Biden di avere “un grandissimo problema di corruzione”. E la campagna di Sanders aveva pubblicato un video, un po’ manipolato, per far passare l’idea che Biden e l’ex Speaker repubblicano della Camera Paul Ryan fossero d’accordo sui tagli alla sicurezza sociale.

Ovviamente, Sanders non ha incoraggiato i suoi supporter, né la sua politica e le sue proposte politiche riflettono le azioni che i “Bernie Bros” portano avanti nel web. Tuttavia, pone delle domande sul tono e le tattiche di una parte della campagna di Sanders e dei suoi sostenitori: che non sembra molto diverso dalla manipolazione e dal cyberbullismo che lo stesso Sanders e i suoi supporter rinfacciano a Trump.

Sanders e la purezza perduta ultima modifica: 2020-01-26T14:50:37+01:00 da MARCO MICHIELI
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