Tante punture di spillo tengono vigile la nostra attenzione leggendo il dialogo tra Moni Ovadia e Dario Vergassola Se vuoi dirmi qualcosa taci: humor yiddish e cinismo bonariamente italico-ligure che legano filosofia a luoghi comuni, un modo che i due dialoganti trovano per parlare di ebrei e gentili assieme ai millenni di cammino comune.
Uscito per le edizioni La Nave di Teseo, il volume esilarante e profondo è il seguito di uno spettacolo teatrale che porta lo stesso titolo, Se vuoi dirmi qualcosa taci, un ritratto della società attuale con le mille contraddizioni e precarietà, pericoli e ignoranza dilagante, superficialità e intolleranza: ma come sempre scavando nella storia e arrivando in profondità, alle radici del nostro essere, prepotentemente esce con speranza l’uomo, nonostante guerre e persecuzioni, orrori ed errori.
Un ebreo sefardita, Ovadia, uomo di spettacolo, autore, cantante, ricercatore di antiche tradizioni, e Vergassola, ligure, comico con una vena di tristezza e scrittore, accomunati da che cosa, viene legittimo chiedersi: forse dalla malinconia, o dal fatto che sia gli ebrei sia i liguri sono conosciuti per la parsimonia (a Venezia esiste un’espressione dialettale strepitosa per definire un tirchio, avere i gransi pori in scarsella, i granchi nella tasca, così non metti mano al danaro per non essere pizzicato). O ancora dall’antichissima propensione ad affidarsi al fato che hanno le genti di mare come il ligure Vergassola e gli ebrei erranti come Ovadia. Sia quel che sia, ognuno leggendo botta e risposta, sparate a raffica, li immagina, i due contendenti, a scambiarsi battutacce che sono anche annotazioni filosofiche e storiche, religiose e di costume, per ebrei e non ebrei.
Io ho il nasone, l’ossessione per il danaro e… sono psichicamente contorto, racconto storielle sulle mie tragedie…
Parla l’ebreo Ovadia? No, parla il ligure Vergassola.
Sono già ebreo a mia insaputa?
si chiede il comico.
Sì, potresti, sei brutto, nasuto, piccolo,
risponde l’artista.
Moni Ovadia Dario Vernassola
E così via, in una carrellata a perdifiato che mette in risalto caratteristiche, tic, manie, modi di vita di tradizioni antiche. E che inevitabilmente comincia col descrivere le mamme: ah, le mamme… Quella ligure con figlio unico perseguitato dall’obbligo di mettersi la canottiera fino al mese di aprile, quella askenazita di cultura yiddish che se il figlio non mangia minaccia di impiccarsi dalla disperazione, schiacciata dal complesso di colpa, mentre quella sefardita mediterranea (“il sefardita è un meridionale, un terrone” che arriva da sefarad, la Spagna del dopo 1492 che caccia gli ebrei e che ama il sole, il mare, la buona cucina…) avvisa il figlio in cerca di consigli avvisandolo: “se vuoi dirmi qualcosa, taci”. Come recita anche un proverbio veneziano, che molti dovrebbero mettere in pratica: prima de parlar, tasi…
Se “la mamma è il vicario di Dio sulla terra”, questo vale per ebrei e non, e sia Ovadia sia Vergassola hanno molto da dire su questa “figura mistica” protagonista delle loro vite, e non solo delle loro.
E se Ovadia c’istruisce su fatto che i 613 nodi sulle frange della veste rituale ricordano all’ebreo ortodosso gli altrettanti precetti da rispettare, un Vergassola dissacrante s’addentra nella sua supposta circoncisione per auto commiserarsi sull’esiguità del suo attributo maschile, “levacene anche un pezzo…”
Ma tornando all’ortodossia, ovvero alla strada diritta che detta le regole religiose, Ovadia e Vergassola camminano verso sentieri filosofici alti, che segnano la vita dell’uomo da migliaia di anni, come puntualizza un rabbino di Los Angeles a proposito della circoncisione, eseguita secondo tutti i crismi, “solo da noi 3500 anni di esperienza” .

Esilaranti barzellette ebraiche raccontate da Ovadia, su litigiosità, humor, ortodossia, alle quali puntualmente Vergassola risponde pescando nel suo repertorio, dimostrano come ridendo si può imparare. Anzi di più, s’arriva a pensare: a pensare alla nostra tradizione comune, a quella Bibbia rivelata sul Monte Sinai in forma orale, la Torah Shebaal Peh, cioè la “Bibbia che sta sulla bocca”, codificata dopo l’esilio babilonese del popolo ebreo in quarantacinque volumi con norme e sottonorme, cerca di spiegare Ovadia misticheggiando. “Come una normativa di condominio, che non finisce mai”, controbatte Vergassola.
Ed ecco, la storia inevitabilmente s’inserisce nella farsa, e ricorda come gli ebrei abbiano avuto “guai con gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani, i Tolomei e i Seleucidi”: accomunati ai Rom, “per duemila anni fratelli nelle sventure, nelle persecuzioni. Massimo della sfiga era nascere metà ebreo e metà rom…” e Vergassola fulminante “uno fregava la macchina e l’altro la vendeva…”
Tempo di giornate della memoria, questo gennaio 2020, tempo di ricordare appunto le persecuzioni naziste che ebbero come bersaglio, oltre agli ebrei, i Rom, assieme a omosessuali, dissidenti politici, militari…
E se l’uomo si salva se ride, l’ebraismo secondo Ovadia ne è una dimostrazione: il Libro ce lo racconta, quando Abramo centenario riceve la visita di tre mercanti/angeli che gli annunciano la nascita di un figlio dalla moglie Sara, novantenne sterile. Certo che è tutta da ridere, infatti Isacco, il figlio, porta questo nome che significa “colui che ride”.
Poco da ridere invece c’è parlando di esilio, la dimensione specifica dell’ebraismo secondo Ovadia, e oggi
nello Stato di Israele un nazionalismo maniacale… reazionario, feroce, porta all’oppressione di un altro popolo, il popolo palestinese.
Più attuale di così, Se vuoi dirmi qualcosa taci s’inserisce nell’odierno “piano del secolo” secondo Donald Trump, ovvero un piano di pace tra Israele e Autorità Palestinese.
Poco abituati a un Vergassola intellettuale? Se un comico consiglia poderosi volumi di storia sulla resistenza ebraica in Europa durante la Seconda guerra mondiale e l’intellettuale afferma “tu sei veramente un uomo colto”, il senso del libro scaturisce pienamente.
Antisemitismo che oggi rispunta velenosamente; nazionalismo e sovranismo che eccitano animi incolti; razzismo verso i più deboli; ricordo dell’Olocausto che non trova parole per essere definito nel suo orrore; una società impoverita e rattristata da minacce e paure. In tutto questo l’uomo, al centro della storia del mondo. Vuoi vedere che siamo tutti ebrei a nostra insaputa?


Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!