La lezione del Dottor Li (e dei medici cinesi)

Le migliaia di medici e operatori della salute cinesi stanno mettendo in pericolo le loro vite per salvare tutti noi dall’epidemia. E noi che facciamo? Per quanto tempo avremo intenzione di chiudere gli occhi sulle malefatte cinesi?
BENIAMINO NATALE
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Non so se la morte del dottor Li Wenliang sarà la buccia di banana che porterà alla caduta del Partito comunista cinese (Pcc). Di certo la morte di questo oculista di trentaquattro anni, con moglie, un figlio piccolo e un secondo in arrivo, ha scatenato sui cosiddetti “social” una valanga di critiche e di inviti alla ribellione da parte di un gran numero di cittadini cinesi.

Come un altro medico di Pechino, Jiang Yanyong, che nel 2003 dette l’allarme sulla incombente Sars (Severe acute respiratory syndrome), invece di essere stato ascoltato e lodato, Wenliang è stato criticato e punito dal Grande Fratello cinese.

Il Pcc certamente gode di un vasto consenso popolare in Cina, per aver portato un paese povero e caotico ad essere la seconda economia del mondo. Nel gergo della propaganda governativa, per aver “tolto dalla povertà milioni di cinesi”, che è una mezza verità. L’altra mezza è che senza l’aiuto dei “cattivi” giapponesi, coreani, americani ed europei non ce l’avrebbe mai fatta. Nel corso dei miei anni in Cina (dal 2003 al 2017), ho visto quel consenso traballare più di una volta ma alla fine le crisi sono passate e la classe cinese ha ripreso ad arricchirsi (anche se meno, molto meno, dei papaveri del Pcc e dei loro parenti), ad acquistare case e macchine, a viaggiare all’estero. 

Sicuramente, il resto del mondo farebbe bene ad apprendere la lezione di questa nuova epidemia globale: la Cina è governata da un gruppo dirigente dittatoriale e ottuso. Perché la Cina cresca ulteriormente, esca dal suo provincialismo e prenda il posto di primo piano che le spetta nel mondo, è necessario che questo gruppo dirigente sia sostituito da un altro, che apra le porte alla libera circolazione delle idee e che lasci una spazio maggiore al settore privato dell’economia.

Io non sono né un liberista sfrenato né uno statalista dogmatico: penso che un misto di mercato libero e di intervento statale sia la formula migliore per governare un paese, in particolare un paese industrialmente avanzato come la Cina. E penso che tra i cosiddetti “dissidenti” ci siano le migliori menti – e i migliori cuori – del paese. Ne cito due che ho conosciuto personalmente: l’avvocato Teng Biao e l’artista Ai Weiwei, oggi entrambi esuli. Un terzo, il professore uighuro Ilam Tohti, sta scontando un ergastolo al quale è stato condannato per aver espresso pacatamente opinioni contrarie a quelle del gruppo dirigente comunista.

I governanti di tutto il mondo – a prima di tutto la World Health Organization (Who), che è formata da quei governi – dovrebbero ringraziare ed esaltare non solo Li Wenliang ma tutta la comunità cinese della salute: medici, infermieri, ricercatori. Sono loro – insieme ai familiari dei malati – le prima vittime del virus, che combattono con turni massacranti di lavoro e con precauzioni sicuramente serie ma che spesso non bastano a contrastare un’esposizione costante, di ore ed ore, ad un virus del quale ancora non conoscono bene la natura.

Sono loro gli “eroi” di questa strana guerra, non certo Xi Jinping e i suoi scagnozzi , che i malati li vedono solo in fotografia.

L’esempio del trattamento riservato a Li Wenliang – come del resto quello riservato negli anni scorsi al coraggioso Jiang Yanyong – è vergognoso ed indegno di un paese civile.

Un altro esempio è il trattamento riservato a Taiwan, un paese colpito con forza dall’epidemia che avrebbe tutti i diritti a partecipare a pieno titolo alla lotta contro il virus, tra cui quello di essere tempestivamente informato sugli sviluppi dell’epidemia e sui risultati delle ricerche in corso. Invece, siccome la Cina la considera una sua provincia, Taiwan è tagliata fuori dal flusso delle informazioni sul virus e rischia di pagare caro quest’isolamento.

Ricordiamo che l’isola è stata governata dal Giappone dal 1895 al 1945; dal 1945 al 1949 dal Kuomintang, il partito nazionalista cinese che per imporre il suo dominio sui taiwanesi è ricorso ad una mostruosa strage (circa diecimila morti nella repressione scatenata nel 1947); che da allora è di fatto indipendente. Inoltre, pare che la maggioranza dei suoi circa ventitré milioni di abitanti non abbia nessuna intenzione di sottomettersi a Pechino.

Per conquistare l’isola Deng Xiaoping – leader indiscusso del Pcc negli anni Ottanta del secolo scorso – aveva elaborato la teoria chiamata “un paese, due sistemi” (quello comunista nella “mainland” e quello capitalista nelle aree periferiche come Hong Kong, Macao e appunto Taiwan). Non ha funzionato ad Hong Kong, dove è in corso una vera a propria rivolta popolare, impossibile che funzioni a Taiwan.

Politici e diplomatici di tutto il mondo – rampolli del capitalismo come Donald Trump, politici di tutti i colori, ex-comici che non sono riusciti a diventare politici, politici che non riescono a diventare comici e altri cazzoni assortiti – non nascondono la loro ammirazione per il modello di capitalismo autoritario cinese e molti, in cuor loro, sognano di emularlo.

La lezione del coronavirus, la lezione che ci ha lasciato il dottor Li Wenliang e che ci stanno ancora dando le migliaia di medici e operatori della salute cinesi che stanno mettendo in pericolo le loro vite per salvare tutti noi dall’epidemia, è che è arrivato il momento di abbandonare una volta per tutte questi atteggiamenti. Solidarietà con la Cina – con la Cina che combatte veramente il virus, con Taiwan, con Hong Kong, coi tibetani, con gli uighuri – le forze che si oppongono all’autoritarismo di un gruppo dirigente fallimentare. 

Era il 30 dicembre quando Li Wenliang lanciò il suo allarme. La Who ha dichiarato che l’epidemia di Wuhan era una Public Health Emergency of International Concern (PHEIC – nella nuova, fantasiosa sigla partorita dai cervelloni dell’organizzazione), il 30 gennaio, cioè un mese dopo, senza risparmiarsi uno sperticato elogio alle autorità di Pechino. Come sarebbe oggi la situazione, se Li fosse stato ascoltato? Quante vite sarebbero state salvate?

Chi pagherà per questo? 

Temo che alla fine dei conti, i morti saranno sepolti e dimenticati e che il Grande Circo Mondiale si butterà di nuovo sulla Cina chiudendo gli occhi sulle malefatte del suo gruppo dirigente. Fino alla prossima epidemia.

La lezione del Dottor Li (e dei medici cinesi) ultima modifica: 2020-02-07T19:26:22+01:00 da BENIAMINO NATALE
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