Le sorelle non possiedano nulla.
Le sorelle non si approprino di niente, né della casa, né del terreno, né di alcuna cosa, e come pellegrine di passaggio in questo secolo, servendo Dio in povertà e umiltà, mandino per l’elemosina con fiducia. E non devono vergognarsi, perché il signore si fece povero per noi in questo mondo. Questa è quella vetta di altissima povertà che vi ha rese, sorelle mie carissime, eredi e regine del Regno dei cieli, povere di beni, sublimi per la virtù. Questa sia la parte a voi assegnata che conduce alla terra dei viventi. Ad essa conformandovi totalmente, amatissime Sorelle, non vogliate avere sotto il cielo nient’altro, per sempre, per la gloria del nostro Signore Gesù Cristo e della sua Santissima Madre. (…)
A nessun uomo dunque sia lecito infrangere questa pagina della nostra Conferma o, temerariamente, contrastarla. Se qualcuno di voi oserà tentarlo, saprà di incorrere nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.
Assisi 9 Agosto, l’anno undicesimo del Nostro pontificato.
da: “Regula et Constitutiones generales pro monalibus Ordinis Sanctae Clarae”

Non che io voglia portare Santa Chiara d’Assisi come esempio per la questione che affronterò in questo scritto, ma parto da lei e dal suo dissenso con la Chiesa romana, con questo testo tratto dalla sua Regola, che fu dopo tanti rifiuti approvata da Papa Innocenzo IV. Chiara voleva riformare il proprio ordine, e diede vita a una svolta nella storia della religiosità, predicando e praticando la povertà assoluta con nessun diritto di proprietà, l’imitazione di Cristo e l’insegnamento di San Francesco. In varie occasioni nella sua vita disobbedì per i suoi ideali rischiando la scomunica. Fino a ricevere a pochi giorni dalla sua morte l’approvazione papale alla sua Regola, limitata però al suo convento.
Cosa c’entra tutto ciò con la proposta di Michele Savorgnano nel suo articolo “Una femmi-lista per riprenderci Venezia” di cui vorrei parlare qui di seguito?
Quando ho letto l’articolo ho avuto la classica reazione: “Non serve uno schieramento di sole donne in quanto donne, ma di persone competenti”, pensando che la scelta di genere fosse solo un richiamo alla moda, propagandistico, ma che poco avesse a che vedere con la realtà e praticità della questione.
Poi ci ho ripensato e l’idea che Venezia possa essere la prima città ad avere una giunta di sole donne mi ha entusiasmato. Ovviamente, le competenze ci devono essere tutte, per sfatare l’idea che le candidate siano state messe lì solo per il loro genere, per cui ancora una volta “utilizzate”. Credo che si potrebbe davvero dimostrare che un governo femminile potrebbe funzionare ed essere persino più fattivo di un governo maschile. Al contrario di ciò che si dice, credo che al dunque le donne chiacchierino meno e agiscano di più. Non so se sia per una questione fisiologica o per una reazione allo stereotipo imposto, ma è così.
Inoltre, l’idea che questa novità comporta è che s’impiegano per una volta più, tante donne, e non “abbiamo una candidata sindaco” che sembra, quello sì, una forma di utilizzo del genere, un trucco mediatico. Come ha detto bene Michele Savorgnano nel dibattito sotto al suo post con l’articolo “Azzerare a titolo sperimentale la rappresentività maschile sarebbe un’azione, un’indicazione provocatoria e spiazzante, forse non democratica, ma ogni tanto bisogna buttarsi e rischiare..”. Aggiungo, per dare spazio a chi non l’ha avuto finora in modo massiccio, per dare credito alle lotte delle donne per la parità e per la rivendicazione di ruoli, diritti e rispetto. Per abituare la nostra società ad avere a che fare con il genere femminile senza credere di poterlo ignorare, possedere, picchiare o anche uccidere poiché è di importanza e rilievo minore. Penso anche che a livello internazionale questo esperimento tutto veneziano avrebbe una grande risonanza e approvazione. Nei tempi in cui viviamo dove si cerca, assurdamente ancora oggi nel 2020, di lottare per le eguaglianze, per i diritti umani.
Ecco che la citazione di Santa Chiara vuole allora solo ricordare una donna che nel 1200 ha rischiato, lottato per far sentire la sua voce per la sua comunità, per la sua idea di adesione, e ha innovato la storia e forse contribuito ad aprire la mente a molte persone.

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2 commenti
Penso sia una “provocazione-proposta” interessante, per dare uno scossone all’immobilismo politico di impronta, mentalità e cultura sostanzialmente maschile e per portare un po’ di gentilezza e competenza declinate al femminile in una società così violenta, chiusa e maschilista.
Guardo con molto interesse a questa proposta e non nascondo che essa, come donna, mi lusinga; penso che i tempi siano più che maturi perché il nostro Paese esprima un Presidente della Repubblica, un Presidente del Consiglio e quindi anche un sindaco di Venezia donna, figurarsi se poi è una giunta comunale intera.
Credo, tuttavia, che la questione della donna al potere non rappresenti la soluzione del problema della crisi politica Veneziana e non solo.
Cosa chiedo, come elettrice ad una giunta guidata da una sindaca o da un sindaco?
Di essere donne e/ o uomini visionarie/i capaci di restituire la città a chi la vive e a chi la vorrà vivere, a chi la sostiene e a chi la vorrà sostenere, a chi la ama e a chi la vorrà ancora amare, a chi la abita e a chi la vorrà ancora abitare.
La politica attuale è la politica dell’istante, del presente, tutta protesa a fare ciò che le consente di guadagnare voti, purtroppo anche la proposta di una lista delle donne rischia di diventare un mero slogan finalizzato a riscuotere consenso.
Come elettrice vorrei una giunta guidata da una sindaca o da un sindaco capace di guardare al futuro di questa città, capace di “dissequestrare” la città dai grandi poteri economici che di fatto la governano. Con ciò non voglio demonizzare il sistema economico che sostiene la città, primo fra tutti ovviamente il turismo, penso tuttavia che gli interessi di questo debbano essere contemperati con i tanti altri interessi della collettività, quali ad es la tutela ambientale della città, il diritto alla salute, il diritto all’abitazione soprattutto delle generazioni future, servizi sociali in grado di sostenere le famiglie soprattutto quelle con figli, il diritto ad una mobilità sostenibile.
Alla luce di quanto detto sopra mi domando allora per es. se far circolare dei grandi mostri sul canale della Giudecca è davvero una necessità della quale il turista non può fare a meno? Quale costo sotto il profilo ambientale e del diritto alla salute è costretto a sopportare il cittadino per garantire questo piacere del turista?
È possibile regolamentare il flusso turistico?
Abitare questa città deve essere un privilegio dei ricchi? Può oggi un giovane che guadagna molto meno dei suoi genitori comprare casa a Venezia?
Contemperare i diversi interessi per me potrebbe significare allora per es. far pagare un contributo di ingresso al turista da convogliare fattivamente ad un fondo speciale destinato a rendere effettivo il diritto all’abitazione, con il quale per es. restaurare le abitazioni di cui è proprietaria l’amministrazione comunale la quale, si dice, non ha i fondi per farlo ovvero concedere contributi/finanziamenti a chi desidera restare, tornare o semplicemente scegliere di abitare e vivere in questa città.
Basta non mi dilungo oltre con possibili programmi dei quali oggi molto si parla, vorrei pertanto concludere dicendo che non basta essere donna o uomo, imprenditore/ imprenditrici manger filosofo, artigiano ecc., la politica è una scienza e un’arte che richiede capacità di governare eticamente la cosa pubblica che come tale appartiene a tutti e non solo ai grandi poteri. Insomma vorrei una giunta guidata da una sindaca/un sindaco capace anche di dire no a proposte che non rappresentano il bene della collettività anche quando queste proposte sono impopolari e contrarie all’opinione diffusa.
Marilena Zanon