“Vogliamo renderci ridicoli davanti a tutto il mondo laureando una donna?”e in teologia per di più, materia da uomini, non certo da femmine. Così il cardinale Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, pose il veto alla laurea di Elena Lucrezia Corner Piscopia, che poi divenne doctrix in filosofia nonostante pregiudizi e ostilità per non dire incredulità. Correva l’anno 1678 e Padova era la prima università al mondo dove una donna si laureava. Lungimiranza della Serenissima? Rottura degli schemi tradizionali? Testardaggine della famiglia potente del Corner? O consapevolezza della grandissima preparazione di Elena Lucrezia?

Dopo oltre trecento anni tra le acque sempre agitate di Venezia spunta una nuova idea in vista delle prossime elezioni comunali. E questa idea ipotizza la creazione di una lista, anzi una femmi-lista.
Una donna anzi un tris di donne per la città più femminile del mondo, dove le donne nei mille e più anni di Repubblica Serenissima hanno goduto di qualche privilegio, qualche considerazione, qualche libertà in più rispetto al resto del mondo. Questa triade, secondo chi la propone – un uomo come Michele Savorgnano che vive e lavora a Venezia –, avrebbe da governare una città non facile, città d’acqua e di terra, con la terza delega a coordinare Venezia nel suo complesso insieme.
E in questo momento così confuso la lista delle donne resta un’utopia non facilmente realizzabile, a fronte della sciaguratissima situazione del centro-sinistra cittadino e della sicura discesa in campo per un secondo mandato del sindaco Luigi Brugnaro.
Una lista comune e civica di donne pronte a impegnarsi per la città dovrebbe iniziare da un programma molto concreto con idee chiare su cosa fare e come fare per una gestione da femmi-lista. Una lista rosa che cominci dalle pulizie di casa (ahi ahi ahi) “a cui spesso sono relegate le donne” afferma Savorgnano. Certo donne in città non ne mancano, impegnate culturalmente, socialmente, artisticamente, politicamente.
Per arrivare alla lista di sole donne, tutti i signori maschi dovrebbero fare un passo indietro, lasciando spazio alle femmine. Cosa assai difficile, il potere è ancora tenacemente maschile, nell’Italia repubblicana non c’è stato fin’ora un presidente del Consiglio o della Repubblica in quota rosa, anche se molte sono le signore sindaco ecc.
Le donne hanno votato per la prima volta solo nel 1946 in tutto il paese per il referendum istituzionale che sceglieva tra monarchia e repubblica. Già nel 1909 le donne votarono in Albania, nel 1918 e 19 in Olanda, Stati Uniti, Belgio, nel 1921 in Armenia, in Turchia nel 1926, e così via.
Ma una lista solo femminile riceverebbe la fiducia delle donne stesse? Chissà. E le quote rosa non rappresentano esse stesse un elemento ghettizzante per le donne?
In ogni caso la presentazione di una lista al femminile per adesso sta riscuotendo grandi entusiasmi sui volatili social.
Il dibattito è aperto e questo è un bene, una novità e una provocazione insieme, di fronte a un panorama sociale alquanto incerto.
Si sussurra e si sogna, si progetta e s’immagina, si pensa alla città e alle sue emergenze che tutte le donne veneziane conoscono, e alle esigenze di cittadini alquanto stremati. Tra il dire e il fare questa volta c’è di mezzo la laguna, che è più agitata del mare.

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