Tanti anni fa, si trattava di scegliere il candidato sindaco di Conegliano (Treviso). Padre Dàmaso, frate cappuccino che viveva nella locale casa di riposo, chiese al giovane assistente di un autorevole democristiano:
E candidare una donna, no? Io per una vita ho confessato uomini e donne, li ho conosciuti, e ti dico che le donne non sono capaci di essere così malvagie come gli uomini. Sono più oneste in politica, se rubano è soltanto per i figli.
Che da allora abbiano fatto progressi? Che si siano avvicinate ai loro colleghi maschi? Non lo sappiamo.
Quel che sappiamo di certo è che sono lontanissime da esercitare le funzioni pubbliche, e in ispecie quelle politiche, in pari misura rispetto ai loro colleghi maschi. Ciò significa che la società si priva delle qualità che possiede la metà circa della popolazione. Qualità che, non fosse altro per la diversa storia che hanno vissuto, sono almeno in parte diverse da quelle dei maschi.
Questa situazione fa sì che tuttora ipotizzare di candidare una donna, se fin lì si erano presi in considerazione soltanto profili maschili, crea un certo sconcerto, in un luogo come Venezia, i cui personaggi politici sono stati sempre e soltanto maschi.
Se ora lo si fa, è per la grave deficienza di candidature maschili credibili e capaci di creare consenso, su cui si raggiunga una larga intesa, almeno nell’ambito del centro-sinistra, a fronte di un soggetto, un maschio alfa, che ha costruito intorno a sé un’ampia coalizione di destra. Una deficienza dovuta a cause diverse, dal lato del principale partito, perché non si fa più allevamento dei quadri, dal lato delle associazioni civiche perché siamo ancora in stadi iniziali della loro crescita.
Una candidatura femminile, è facile da dire, ma c’è modo e modo di proporla. Si può candidare una donna perché assomiglia ad un uomo, si può candidarla in nome della sua particolare personalità, una personalità da contrapporre a quella dell’attuale sindaco, oppure si può candidarla come vertice di un gruppo di sole donne cui affidare il governo del Comune (e della Città metropolitana, ce ne dimentichiamo?), su cui scommettere tutto, alla Michele Savorgnano.
Come ci si sta orientando? Dove si va a parare? Qui entra in campo l’apertura che il Pd ha dichiarato di voler fare ai nuovi soggetti, la società civile organizzata, l’ambientalismo. Le sardine? Mettere insieme l’apertura alle donne (donne competenti e capaci) con quella alle nuove espressioni politiche che stanno emergendo, non è facile.
Nel caso di Venezia, in verità, non basta rispondere all’interrogativo, quale ruolo per le donne e quante donne, occorre anche rispondere alla duplice serie di interrogativi che sono racchiusi dentro la figura del sindaco di Venezia che – almeno per ora – è anche sindaco della Città metropolitana. Quale ruolo per le Municipalità e per i relativi vertici politici dentro la città di Venezia, quale prospettiva per la Città metropolitana. Scegliamo la figura del sindaco a prescindere dall’analisi dei suoi compiti?
Ma sia chiaro, se aumenterà il numero delle donne nella politica, nazionale e locale, sarà soltanto un dato positivo, perché – come ha scritto Serena Nono – abituerà la società a rispettare, ascoltare, eseguire quello che hanno deciso delle donne. Cambierebbe totalmente la loro posizione nel nostro mondo.

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