Kosovo. Via il vecchio, avanti il nuovo: la “coalizione della speranza”

Dopo dodici anni di dominio e di corruzione da parte degli ex leader dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), il cambiamento potrebbe arrivare. Il 3 febbraio, quattro mesi dopo le elezioni parlamentari, è entrata in carica la coalizione guidata da Albin Kurti. Ma, sebbene l’affluenza alle urne sia stata più elevata rispetto alle precedenti elezioni, è rimasta comunque inferiore al 50 per cento, a testimonianza dell’apatia e del cinismo della popolazione.
ESTERINO ALBANESE
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Il cambiamento è nell’aria in Kosovo. Dopo dodici anni di dominio nel segno della corruzione dell’ex Esercito di liberazione del Kosovo (Kla), potrebbe esserci un mutamento di direzione e leadership politica. Il 3 febbraio scorso, a quattro mesi dalle elezioni parlamentari, è entrata in carica la coalizione Speranza di cambiamento. La vittoria di Vetevendose (Autodeterminazione, Vv) e della Lega dei democratici del Kosovo (Ldk) fu determinata dall’insoddisfazione generale per l’incompetenza e la corruzione dei precedenti governi dominati dall’Uck.

Il forte sostegno da parte di giovani, professionisti, aree urbane e la diaspora ha portato in primo piano Vv, mentre la base più fedele di Ldk s’è mobilitata a sostegno del partito fondato dall’iconico primo presidente del Kosovo, Ibrahim Rugova. Ma se l’affluenza alle urne è stata più elevata rispetto alle precedenti elezioni, è rimasta comunque al di sotto del cinquanta per cento, a testimonianza dell’apatia e del cinismo della popolazione.

Solo poche ore dopo l’entrata in carica, il nuovo primo ministro Albin Kurti ha sottolineato che la massima priorità della coalizione saranno le questioni interne. Si è impegnato a far pulizia della corruzione, a ridurre le dimensioni del settore pubblico nell’economia, a riformare i settori della sanità e dell’istruzione in crisi, a istituire un fondo di sviluppo, ad accrescere l’occupazione femminile e giovanile e ad agevolare l’accesso al mercato. Kurti ha anche annunciato che introdurrà un servizio militare obbligatorio di tre mesi, una mossa a cui il principale partito serbo del Kosovo (e i suoi sponsor nel governo serbo) s’opporranno e per il quale il Kosovo non ha fondi.

Il raggiungimento di questi obiettivi dipenderà in larga misura dalla cooperazione tra i due partner della coalizione, Vv di Kurti e Ldk. Quest’ultimo è un partner riluttante e non entusiasta dell’agenda anticorruzione di Kurti. Ldk non vedeva l’ora di tornare al potere, desideroso di riprendere le pratiche corrotte della sua passata collaborazione con il Pdk (Partito democratico del Kosovo, fondato dai principali leader dell’Uck). La forte pressione esercitata dall’Unione europea e dagli Stati Uniti sarà importante per gli sforzi di Vv nell’affrontare seriamente la corruzione.

Per quanto riguarda la politica estera, Kurti intende spostare l’accento dalla “normalizzazione” delle relazioni con la Serbia alla priorità da dare all’integrazione nell’Ue. Perciò guarderà principalmente alla Germania perché sia il promotore del Kosovo all’interno dell’Ue, rafforzando nel contempo le relazioni con gli Stati Uniti. Kurti si mostrerà più freddo nei confronti della Serbia rispetto a Hashim Thaçi, presidente del Kosovo, avendo chiarito di non aver fretta di riprendere il dialogo con la Serbia, mediato dalla Ue dal 2013 a oggi. Inoltre Kurti ha chiarito che assumerà lui il ruolo di punto di riferimento del Kosovo nel dialogo, togliendolo a Thaqi, ex capo dell’Uck e fondatore del Pdk.

La durata e il successo del governo di Kurti dipenderanno dalla capacità di cooperare nella coalizione tra due forze con storie e interessi divergenti e di onorare impegni cruciali (lotta alla corruzione, miglioramento della situazione sociale ed economica e protezione dei principali interessi internazionali del Kosovo) e dalla fermezza e dal sostegno da parte di Ue e Stati Uniti. Basterà che Kurti ripristini la fiducia del pubblico nel governo perché il paese si metta su un nuovo percorso verso un futuro migliore.

S’afferma l’autodeterminazione

Ironia della sorte, incompetenza e interferenze, e persino corruzione, da parte di soggetti internazionali, questioni dunque non puramente interne, sono state le principali ragioni dell’emergere di Vv. Kurti costituì il movimento nel 2010, in gran parte per protesta contro le azioni “coloniali” degli amici occidentali del Kosovo e le missioni internazionali decise dall’Onu (Unmik) e dall’Ue (Eulex), canali d’assistenza e consulenza nel nuovo stato. La critica di Kurti era anche rivolta al sostegno dato ai leader del Kosovo, responsabili di corruzione e crimini di guerra. Inoltre, era contrario ai negoziati con la Serbia su cui spingevano Stati Uniti e Ue, a partire dal 2011. Erano – sosteneva – iniqui ed erano volti a costringere il Kosovo ad accordare concessioni che ne avrebbero compromesso gli interessi.

Le critiche di Kurti non erano senza fondamento. Dopo che l’Onu aveva inviato una sua “squadra da serie A” per avviare l’Unmik, ben presto la sostituiva con quadri di professionisti delle Nazioni Unite più interessati agli alti salari e prebende che alla loro missione. Spesso, poi, trovavano posti per amici e parenti nella grande missione Onu, quando in certi casi non erano addirittura coinvolti in episodi di corruzione.

Intanto, Stati Uniti e Ue si dimenticavano del Kosovo, soprattutto dopo l’insorgere di Al Qaeda e le invasioni di Afghanistan e Iraq. A Pristina, gli ambasciatori occidentali, in particolare quelli degli Stati Uniti, giravano lo sguardo dall’altra parte di fronte alla corruzione di Thaçi e del suo “clan Pronto” in cambio della tacita intesa che avrebbero garantito la stabilità. Era l’assillo principale per gli inviati dell’Ue e degli Stati Uniti preoccupati per la loro carriera, dopo i disordini del marzo 2004 che avevano scosso il paese, prendendo di sorpresa compiacenti missioni internazionali.

Il sostegno per Vv andò gradualmente crescendo, nonostante la retorica anti-occidentale della prima ora, le posizioni a favore della riunificazione con l’Albania e a favore di un’economia socialista. I sostenitori erano principalmente tra i giovani, specie nelle università, e tra i professionisti.

Il sostegno è andato aumentando per via dell’incapacità dei vari governi corrotti che si sono succeduti nel migliorare gli standard di vita. Il passaggio graduale di VV da un’agenda più radicale a una più attenta alle questioni della vita quotidiana, puntata alla creazione di più posti di lavoro per i giovani, e per le donne; alla riforma del sistema sanitari e dell’istruzione. E anche perché Kurti ha smesso di battere sul tasto dell’integrazione con l’Albania. Il suo inchino alla bandiera del Kosovo – disegnata dagli Stati Uniti – quando è diventato primo ministro ha reso evidente il cambiamento, sincero o no che sia.

La lotta per formare una coalizione

I due maggiori partiti dell’opposizione della precedente Assemblea – Ldk e Vv – hanno condotto in maniera indipendente delle campagne elettorali su piattaforme di cambiamento e di riforma, anche se le idee principali dei loro programmi erano divergenti. Alle elezioni del 6 ottobre, hanno ottenuto oltre il cinquanta per cento dei voti, con Vv che ha sconfitto Ldk. Nel giro di poche ore, i leader dei due partiti si impegnarono a formare rapidamente un governo di coalizione.

I due leader s’accordarono su un programma congiunto nel giro di un fine settimana. Ma lo sforzo per completare l’accordo di coalizione si interruppe sulla divisione del potere. Mustafa insisteva, in primo luogo, sul fatto che Ldk dovesse sostenere la sua candidatura per la presidenza del Kosovo, alla fine del mandato di Thaçi nel 2021. Quando Kurti cedette a questa richiesta, Mustafa ne aggiunse un’altra: il posto di presidente dell’assemblea parlamentare. Questo dopo che i voti di Ldk avevano contribuito a eleggere in quella posizione uno dei vice di Kurti. Kurti ha respinto quindi fermamente la richiesta di Mustafa e per settimane i colloqui non sono proseguiti.

Ciò ha spinto i rappresentanti dell’Ue e l’ambasciatore degli Stati Uniti a entrare in gioco direttamente. Hanno sollecitato il compromesso. Bisognava approvare un budget, rimuovere le barriere doganali sulle merci serbe e bosniache e riprendere il dialogo con la Serbia.

Nel frattempo, l’opinione pubblica mostrava sempre maggiore irritazione verso i due partiti, aumentando il rischio che gli elettori li punissero in caso di nuove elezioni. Ciò ha riportato Kurti e Mustafa al tavolo. Durante il primo fine settimana di febbraio, hanno trovato una formula per il compromesso.

Kurti ha rinunciato alla presidenza dell’assemblea parlamentare e al potente ministero degli interni. Il controllo di quel ministero consentirà a Ldk di smussare l’arma delle indagini contro i suoi stessi politici. In cambio, Mustafa ha ceduto sul ministero degli esteri e ha abbandonato (almeno per ora) la richiesta di supporto del VV per l’elezione del presidente nel 2021. Kurti e Mustafa non hanno neppure deciso che fare della presidenza Ldk dell’assemblea parlamentare, qualora Mustafa diventasse presidente. Il compromesso funziona ma è politicamente rischioso. Lasciare queste problemi irrisolti lascia la porta aperta a una crisi politica nella coalizione dopo solo un anno al potere.

“Bisogna essere in due per ballare il tango”

I governi del Kosovo dalla sua indipendenza nel 2008 non hanno goduto di lunga vita. Anche la coalizione Speranza di cambiare potrebbe avere la stessa sorte. Non a causa dell’incombente questione se Kurti sosterrà l’anno prossimo la candidatura di Mustafa per la presidenza. Ma poiché il forte impegno di Kurti nella lotta alla corruzione si scontrerà sicuramente con gli interessi dell’Ldk. Quando in precedenza era al governo, Ldk mostrava poca esitazione a “impacchettare” ministeri e imprese pubbliche con nomine clientelari, firmando contratti senza offerta e cose simili. Mustafa vuole tornare agli “affari come al solito”. I ministri Ldk cercheranno di perseguire i propri programmi a prescindere dalle politiche del primo ministro.

Vi è tuttavia opposizione a Mustafa tra i quadri Ldk più giovani. Ciò ha spinto Mustafa in modo disincantato a copiare la retorica anticorruzione di Vv durante la campagna. Inoltre, ha riconosciuto la perdita di popolarità dell’Ldk tra il pubblico e non si è candidato alle elezioni. Invece, ha inserito una giovane avvocata riformista istruita negli Stati Uniti, Vjosa Osmani, in cima alla lista elettorale del partito. Che Osmani avesse guidato i “giovani turchi” del partito che in precedenza avevano cercato di estromettere Mustafa e la vecchia guardia non sembrava avere importanza.

La mossa di Mustafa è stata ampiamente ripagata. Ldk ha chiuso al secondo posto rispetto a Vv e solo Kurti ha ottenuto più voti di Osmani. Tuttavia, secondo fonti Ldk, Mustafa si aspettava di vincere le elezioni e quindi di assicurarsi i posti di primo ministro e di presidente del parlamento. Ciò avrebbe dato a Ldk maggiore autorità e maggiore controllo sull’agenda del governo e si sarebbe ben posizionato per bloccare gli sforzi di Kurti per frenare la corruzione. In altre parole, i funzionari Ldk sarebbero stati di nuovo in grado di arricchirsi a spese del pubblico.

Secondo una fonte Ldk, Mustafa ha reagito alla vittoria di Vv aiutando Nisma, un piccolo gruppo di esponenti dell’Uck che ha rotto con Thaçi, a passare la soglia del cinque per cento richiesta per entrare in parlamento. L’ha fatto intervenendo, secondo quanto riferito (la fonte Ldk ha affermato che “il denaro è passato di mano”) con il comitato elettorale centrale per manipolare i voti. Questo avrebbe ridotto il vantaggio di Vv sul Ldk, nel numero dei deputati, da quattro a uno, indebolendo così la forza di Kurti nei colloqui per formare la coalizione.

In quei negoziati, Mustafa ha riottenuto il posto di presidente dell’assemblea parlamentare in cambio del ministero degli esteri. Ma questo ha provocato scossoni nel Ldk, secondo i resoconti dei media. Osmani s’è opposta allo scambio, preferendo diventare ministro degli esteri, un posto per il quale è eminentemente qualificata. Secondo quanto riferito, Mustafa s’è quindi imposto su Osmani che, con riluttanza, ha dovuto assumere l’incarico di presidente dell’assemblea parlamentare.

Mustafa s’è quindi mosso rapidamente per isolarla nella leadership dell’Ldk, ampliando il numero di vice presidenti da tre a otto, aggiungendo cinque suoi alleati. Mentre Mustafa riduce la minaccia di Osmani, rischia di offuscare l’immagine di Ldk con l’Ue e gli Stati Uniti. Con una formazione nel campo del diritto internazionale, Osmani gode del rispetto e della fiducia internazionali. Anzi, preferivano che fosse lei ad assumere gli Esteri e non un “funzionario” del Vv. Sebbene Vv si sia spostato al centro e abbia in gran parte abbandonato le sue posizioni anti-occidentali, le cancellerie occidentali mantengono delle riserve.

La capacità della coalizione di realizzare gran parte dell’ambizioso programma di governo potrebbe quindi dipendere dal successo dei politici riformisti Ldk nel tenere sotto controllo la vecchia guardia.

Il nuovo governo

Un governo più piccolo

L’accordo di coalizione ha ridotto il numero dei ministeri da 21 a 15 (sebbene Kurti ne avesse originariamente proposto 12). Vv e Ldk ne hanno ciascuno sei, mentre tre partiti dell’opposizione tre, di cui due alla Lista serba (Sl), un partito che rifiuta l’indipendenza del Kosovo. Sl ha annunciato che si sarebbe unito al governo ma non lo avrebbe sostenuto. I deputati dell’opposizione, guidati dal Pdk, hanno criticato bruscamente Kurti per non aver rispettato il suo impegno a tenere Sl fuori dal governo – sebbene sia una pratica che Pdk aveva seguito in precedenza. La costituzione del Kosovo obbliga infatti il governo a nominare i ministri provenienti dal più grande partito di opposizione.

Kurti ha anche ridotto drasticamente il numero di vice ministri da 80 a 33. Ciò farà risparmiare allo stato milioni di euro. Un governo più piccolo è il primo importante risultato della coalizione ed è stato ben accolto dall’opinione pubblica del Kosovo.

Mustafa rimane fuori del governo come presidente di Ldk e da qui “gestirà” i ministri di Ldk. Ldk ha ottenuto il posto di primo vice primo ministro, una posizione occupata da uno dei più stretti alleati di Mustafa. Allo stesso modo, il vice primo ministro del Vv è vicino a Kurti. Vv detiene ministeri chiave nei settori delle relazioni estere e dell’economia, nonché del ministero della giustizia. Ldk detiene i ministeri che pesano (difesa e polizia) e i ministeri che offrono ampie opportunità per nomine clientelari (istruzione) e sottrazione di denaro, da contratti per le infrastrutture ai libri di testo e alle vendite di terreni: una pratica in cui i funzionari Ldk hanno una notevole esperienza.

Un terzo dell’esecutivo è composto da donne, un importante passo avanti per la parità di genere. Tra i ministeri guidati da donne, Giustizia, Economia, Istruzione.

Il dialogo sull’integrazione di Trump…. e la partizione

Kurti s’è impegnato a porre l’integrazione nell’Ue tra le priorità e s’è impegnato a riprendere il dialogo con la Serbia chiarendo al contempo che sarà ui e non il presidente Thaqi a gestirlo. Kurti adotterà un approccio più duro nei confronti della Serbia e nel dialogo, dichiarando che insisterà su un rapporto di parità con la Serbia, sul piano della reciprocità politica, internazionale ed economica. Inoltre, ha fatto sapere espressamente che un meccanismo di terzo livello per la maggior parte dei comuni serbi – la proposta Associazione semi-autonoma dei comuni serbi (Asm) – non avrà potere esecutivo. Belgrado ha insistito per sei anni che l’Asm sia dotata di tali poteri, ma la proposta è stata respinta da Pristina e dagli Stati Uniti, nel timore che un’associazione con poteri esecutivi avrebbe portato a uno stato disfunzionale, com’è avvenuto con la creazione a Dayton della Republika Srpska di Bosnia.

Inoltre – aspetto della massima importanza – Kurti ha fermamente escluso lo scambio di territorio e la partizione. Secondo indiscrezioni che girano a Pristina, Thaqi e Vučić avrebbero concordato un “cambio di frontiere” in incontri segreti all’estero nel 2018. Ciò ha provocato forti reazioni da parte di Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Croazia, oltre che nell’opinione pubblica del Kosovo, anche per le conseguenze sui tentativi di cambiare altri controversi confini dei Balcani e sull’ondata di violenza che provocherebbero.

Secondo una fonte dell’ufficio di Thaçi e secondo un consigliere americano, Thaçi e Vučić hanno raggiunto un accordo alla fine del 2018. Mancava solo la firma. Comprendeva lo scambio di territorio tra Kosovo settentrionale e Serbia meridionale. Inoltre, la Serbia avrebbe riconosciuto di fatto l’indipendenza del Kosovo facendo cadere la sua opposizione all’adesione all’Onu senza riconoscere formalmente la sua ex provincia di diritto immediatamente.

L’accordo dipendeva in primo luogo dalla capacità di entrambi i leader di farlo digerire alle rispettive opinioni pubbliche, una sorta di missione impossibile in Kosovo. E, in secondo luogo, dall’assenza di veto della Russia per l’ammissione del Kosovo nelle Nazioni Unite. Secondo fonti di Pristina, Vučić aveva assicurato Thaçi che Putin avrebbe accettato qualsiasi accordo fosse stato accettabile per Belgrado. Poiché la Russia beneficia chiaramente dell’instabilità nei Balcani, molti in Kosovo e in Occidente sono scettici su un possibile sostegno russo all’accordo ThaçiVučić. La sospensione del dialogo nel novembre del 2018 – il Kosovo aveva imposto delle barriere tariffarie alle merci serbe – ha chiuso la porta alla firma dell’accordo – a Bruxelles.

Le riunioni che hanno portato all’accordo erano segrete e si sono svolte in Albania, Slovenia, Germania, Svezia e Italia. L’alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, non solo ha incoraggiato e facilitato questi incontri, ma vi avrebbe preso parte, secondo autorevoli fonti serbe, kosovare e internazionali. Mogherini era pienamente consapevole dei contenuti dell’accordo e apparentemente non condivideva le informazioni con le capitali dell’Ue. La rivelazione del ruolo di Mogherini ha offuscato la sua immagine e la fiducia nell’Ue, in Kosovo. Un fatto che continua a influenzare la visione che Pristina ha dell’Ue ancora oggi, nonostante il cambio di leadership.

Trump s’intromette e complica il dialogo

La sospensione del dialogo nel 2018 ha bloccato i progressi verso la normalizzazione e ha offuscato la diplomazia dell’Ue nei Balcani. Inoltre, l’attenzione dell’Ue s’è allontanata a causa della Brexit, dell’elezione di una nuova leadership delle istituzioni europee e delle crisi in atto in Medio Oriente. Bruxelles ha osservato da lontano i negoziati della coalizione, ma si è rapidamente attivata dopo che Kurti è diventato primo ministro. Gli alti funzionari dell’Ue incaricati del dossier hanno posto l’eliminazione delle barriere doganali e della ripresa del dialogo in cima ai punti discussi negli incontri con il primo ministro. Il 10 febbraio, la cancelliera tedesca Merkel ha invitato Kurti a Berlino, impegnandosi a sostenere gli sforzi del Kosovo verso l’adesione all’Ue, sottolineando l’importanza di riprendere al più presto il dialogo.

Ma la rapida risposta europea ha provocato nuovi sviluppi: Washington s’è sentita sfidata. Il presidente Trump ha deciso d’impegnarsi nuovamente nei Balcani, vedendovi l’occasione di un successo facile e veloce da sfruttare nella sua campagna per la rielezione, dopo i fallimenti diplomatici in Corea del Nord, Siria, Iran, Iraq, Israele e Venezuela.

Richard Grenell

Alla fine dell’estate scorsa, Trump ha designato Richard Grenell, suo ambasciatore in Germania, inviato speciale presidenziale in Serbia e Kosovo, per ottenere un accordo per risolvere il problema Kosovo-Serbia. L’altro obiettivo di Trump era umiliare l’Ue.

La strategia di Trump è si basa su incentivi economici e commerciali insieme alla promessa di investimenti statunitensi perché le due parti tornino al tavolo negoziale, con l’obiettivo di un accordo per “normalizzare” rapidamente le loro relazioni. Entro la fine di febbraio! E a parte questo, Grenell ha fatto capire che Washington avrebbe accettato la spartizione o un cambio di frontiera se le parti fossero state d’accordo, minando la sua stessa affermazione che l’iniziativa degli Stati Uniti era strettamente economica.

Grenell ha visitato Belgrado e Pristina a settembre. Thaçi e Vučić e i loro colleghi hanno ascoltato rispettosamente ma non hanno preso impegni. In realtà, Vučić e Grenell hanno fatto a gara sulla richiesta di Trump di concludere l’accordo prima della primavera.

Né Trump né Grenell hanno informato l’Ue e le controparti europee dei piani statunitensi e Grenell ha dichiarato pubblicamente di non essersi consultato né di aver riferito sul suo impegno con Belgrado e Pristina con le controparti dell’Ue.

In realtà, né Belgrado né Pristina sono ansiosi di ricominciare a parlare. Fino a pochi giorni fa, il Kosovo non aveva un governo e il governo serbo si trova ad affrontare le elezioni parlamentari in aprile. Con l’incombere delle elezioni, qualsiasi accordo con Pristina che implichi anche il riconoscimento è un anatema per Vučić perché rischia di fornire potenti munizioni ai nazionalisti serbi che credono che Vučić stia tranquillamente abbandonando il Kosovo.

Nel frattempo, Grenell ha annunciato a gennaio la firma da parte dei rappresentanti serbi e kosovari di una lettera d’intenti per riprendere il collegamento aereo tra Belgrado e Pristina dopo un’interruzione di ventun anni. L’inizio del collegamento è programmato a giugno. E all’inizio di febbraio, Grenell ha avviato trattative per ripristinare il servizio ferroviario, ma nessun accordo è stato annunciato. Vučić potrebbe essersi ritirato a causa delle elezioni di aprile.

Le iniziative di Grenell hanno finito per dare rinnovato vigore alla diplomazia europea. Il nuovo capo della politica estera e della sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, ha fatto una rapida visita a Pristina e poi a Belgrado alla fine di gennaio, ancor prima che Kurti e Mustafa firmassero l’accordo di coalizione. Borrell è venuto per riaffermare il controllo dell’Ue sul dialogo. Tuttavia, ha affermato di non avere preoccupazioni per il rinnovato impegno degli Stati Uniti e ha sostenuto che l’Ue e gli Stati Uniti condividevano obiettivi simili e avrebbero collaborato.

Infine, l’Ue ha chiaramente aggirato le obiezioni del capo della politica estera e di sicurezza Borrell di nominare un inviato speciale per il Kosovo e la Serbia. La Germania aveva fatto pressioni per la carica alla fine dell’anno scorso, apparentemente preoccupata per il precedente lavoro di Borrell, dato che come ministro degli esteri per la Spagna aveva favorito la Serbia. La Spagna è uno dei cinque stati dell’Ue a non riconoscere il Kosovo. In quello che sembrava un compromesso, la Germania aveva accettato Milorad Lajčák, ministro degli esteri slovacco, come inviato speciale dell’Ue. Lajčák ha una notevole esperienza nei Balcani e ha un rapporto personale con Vučić, ma l’ambizioso diplomatico slovacco sa probabilmente che Berlino ha una notevole influenza sulle sue prospettive di promozione a una posizione nell’UE ancora più prestigiosa e quindi farà attenzione a seguire da vicino le posizioni tedesche. La nomina di un inviato speciale di alto livello degli Stati Uniti, l’ambasciatore di Trump in Germania, ha chiaramente contribuito alla decisione di Bruxelles di scegliere Lajčák, nomina che dovrebbe essere annunciata questa settimana.

Le sfide future

Grandi ostacoli si trovano sul sentiero del Kurti mentre procede per ripulire il disordine che ha ereditato. Sulla sua coalizione gravano enormi aspettative da parte di un pubblico arrabbiato per gli anni di governi corrotti e incompetenti, standard di vita stagnanti e istituzioni fallite. La più grande sfida immediata di Kurti sarà quella di mostrare progressi nello stimolare l’economia del paese, creare più posti di lavoro e migliorare il tenore di vita. Ha una montagna bella alta da scalare: il livello di occupazione è ufficialmente al 31 per cento, i salari sono bassi, la rete di sicurezza sociale è molto debole e il 65 per cento dell’economia è nelle mani del governo. Solo liberarsi delle centinaia di persone che svolgono lavori clientelari nei ministeri sarà una sfida.

Un’altra sfida seria è fermare l’esodo dei migliori e dei più brillanti del Kosovo. Negli ultimi cinque anni se ne sono andate oltre 200.000 persone. La maggior parte non sono poveri e non istruiti, ma persone con competenze, istruzione e buoni lavori. I talenti di cui il Kosovo ha bisogno per far crescere la sua economia.

Un’opposizione ferocemente ostile non faciliterà il lavoro di Kurti. Il Pdk ha fatto sapere che non darà tregua al governo, uscendo al momento delle votazioni per il primo ministro e per il presidente dell’assemblea, rifiutando di partecipare alle riunioni della presidenza dell’assemblea e criticando ogni giorno, con durezza, il governo. Non sarà un’opposizione leale.

Neanche Srpska Lista (Lista serba). La costituzione obbligava Kurti a portare Sl nel suo gabinetto. I due ministri della Sl hanno chiarito, tuttavia, che non sostengono il governo. Debitori nei confronti presidente serbo Vučić, Belgrado sarà di fatto dentro il processo decisionale del gabinetto per il fatto che a Vučić saranno passate informazioni privilegiate sul funzionamento del governo Kurti.

Inoltre, istruzione e assistenza sanitaria, obiettivi primari della politica riformatrice di Kurti, non si presteranno facilmente a cambiare, con l’incompetenza e la corruzione che le pervade. Sono settori che non hanno ricevuto dai governi precedenti l’attenzione che meritavano in uno stato nuovo e in difficoltà.

Infine, una forte pressione da parte dell’Ue e degli Stati Uniti affinché si muovano rapidamente per riprendere il dialogo, in primo luogo eliminando le barriere doganali e normalizzando le relazioni con la Serbia, potrebbe costringere Kurti a distogliere l’attenzione dai punti principali della sua agenda domestica, col rischio di danneggiare le loro reciproche relazioni se non lo farà.

L’inizio della fine o la fine dell’inizio?

Molte domande gravano sulla coalizione. Durerà quattro anni? Kurti sarà in grado di mantenere la sua attenzione alle sfide interne e resistere alle pressioni internazionali per riprendere rapidamente il dialogo con la Serbia? Sarà in grado di salvaguardare gli interessi fondamentali del Kosovo nel dialogo? Ldk attuerà il programma comune o perseguirà la propria agenda? Ldk saboterà gli sforzi anticorruzione di Kurti?

Poiché Vučić non è pronto a riprendere il dialogo, nonostante le sue dichiarazioni pubbliche, è improbabile che il dialogo riprenda prima di metà estate e forse anche più tardi. Sia lui sia Kurti faranno resistenza, almeno questa primavera.

A Pristina, Mustafa dovrà giocare con cura le sue carte per conservare i benefici del ritorno al governo. Pur avendo una certa influenza su Kurti, Mustafa dovrà comunque dare l’impressione di attuare il programma della coalizione e fare pressioni perché i suoi ministri si contengano nello sfruttamento dei posti ottenuti per arricchire se stessi e i loro amici. Entrare in coalizione con il Pdk è l’unica opzione realistica di Ldk per restare al potere in caso di collasso della coalizione. Ma le nuove elezioni sono un’opzione rischiosa mentre l’immagine pubblica di Ldk rimane imprevedibile.

Anche il fatto che il presidente Thaçi abbia dominato la politica estera per un decennio rappresenterà una sfida. Thaçi non cederà facilmente spazio a Kurti e cercherà di trovare un modo per continuare a rappresentare il Kosovo nel dialogo. Tuttavia, nelle sue prime dichiarazioni, Thaçi ha teso un ramo d’ulivo affermando che cercherà di cooperare per far avanzare l’agenda della politica estera del Kosovo. Kurti gode di almeno un vantaggio: i principali attori dell’Ue e gli Stati Uniti non rispettano né si fidano di Thaçi. Collaborare con Kurti sarà una vera prova della maestria di Thaçi.

Guardando al futuro, solo una cosa è certa. Kurti non riuscirà né a raggiungere tutti i suoi obiettivi né a rendere felici tutti i suoi sostenitori. Con un po’ di fortuna, frenerà un po’ la corruzione, migliorerà l’economia e avvierà serie riforme nei settori della sanità e dell’istruzione.

Il suo successo più grande e duraturo sarebbe, tuttavia, ristabilire la fiducia nel governo. La cultura politico-sociale del Kosovo rappresenta un forte ostacolo alle riforme e ai cambiamenti. Mentre Thaçi e il suo “clan Pronto” hanno governato per così tanto tempo perché non hanno affrontato un’opposizione coerente, hanno anche beneficiato di una condizione sociale segnata da una cultura di passività e fatalismo, le cui origini sono radicate nel passato ottomano e in quello socialista jugoslavo: questa mentalità ha portato molti ad accettare la situazione nell’idea che, a un certo punto, sarebbe toccato a loro di trarne vantaggi.

Uno dei messaggi chiave di Kurti è che il compito del governo è di servire il popolo, non il contrario. Se Kurti riuscirà a cambiare la mentalità del pubblico in modo tale che in futuro i funzionari governativi davvero servano gli elettori e, se non lo faranno, riesca a eliminare questa sorta di passività, allora otterrà molto. E forse arriverà a rappresentare la fine del governo corrotto e autoritario di Thaçi e l’inizio di un ordine più democratico.

Kosovo. Via il vecchio, avanti il nuovo: la “coalizione della speranza” ultima modifica: 2020-02-15T19:12:13+01:00 da ESTERINO ALBANESE
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