“A letto dopo Carosello!”, questo era il mantra per chi come me è stato bambino negli anni Settanta. Uno dei programmi televisivi più amati e ricordati anche oggi: trasmesso per vent’anni, dal 1957 al 1977, per un totale di 7.261 episodi, ha portato sullo schermo attori, cantanti o altri personaggi del mondo dello spettacolo in una veste inedita, diretti da alcuni dei maggiori registi italiani. Carosello inoltre è stato un incredibile palcoscenico di personaggi d’animazione inventati dai più grandi creativi dell’epoca, da Armando Testa a Guido De Maria, passando per Paul Campani e i fratelli Pagot: come dimenticare Calimero, il pulcino nero, Caballero e Carmencita, Susanna Tuttapanna o Miguel (son sempre mi!), per citare solo alcuni dei protagonisti della réclame.

Unica eccezione alla regola dell’orario in cui si doveva andare a dormire era la sera in cui veniva trasmesso SuperGulp!, memorabile programma d’intrattenimento di sola animazione ideato dallo stesso De Maria con Giancarlo Governi. Trasmesso nel 1972 e poi dal 1977 al 1981, quando ormai Carosello aveva chiuso i battenti ed era arrivato il colore, porta “i fumetti in TV”: Nick Carter, Tintin, Alan Ford “che di tutti è il più bello e ci sta proprio per quello nel Gruppo TNT”, Sturmtruppen, Corto Maltese, i Fantastici Quattro, L’uomo ragno, Cocco Bill, Mandrake, Lupo Alberto, Asterix, Tex Willer e Charlie Brown. Dopo i lavori di autori del calibro di Bonvi, Bruno Bozzetto, Hugo Pratt, Silver e Sergio Bonelli, dal 1977 infatti vengono inclusi nella trasmissione anche i cartoni animati dei supereroi della Marvel Comics e dalla Hanna & Barbera. Una girandola di personaggi a cui, al termine di ogni puntata, Patsy, il gigantesco assistente di Nick Carter lanciava il monito “… e l’ultimo chiuda la porta!”

Mi sembra di ricordare che la serata in cui veniva trasmesso fosse il giovedì. Quello di cui invece sono certa è che lo guardavo nel piccolo televisore in bianco e nero, sistemato sopra il frigorifero della cucina con i mobili in formica verde, tipici delle case del periodo. Verde, ma di velluto, era anche il divano del salotto dei miei nonni materni: qui durante il pomeriggio mi sedevo con il nonno a guardare Heidi, che arriva in Italia dal paese del sol levante nel 1978 e che dà il via alla grande ondata di cartoni animati giapponesi trasmessi nel nostro paese negli anni successivi. La lista sarebbe infinita, ma non è possibile non ricordare almeno qualcuno dei principali robottoni come Mazinga, Ufo Robot, Gig e, il mio preferito, Daitarn III, in cui il mitico Haran Banjo dai capelli blu combatte i meganoidi. Oppure le vicende di molti bambini, più o meno sfortunati, come Remi e Sebastien.
In quegli anni ho vissuto anche le mie prime passioni sentimentali, innamorandomi perdutamente di Capitan Harlock e provando somma invidia per Meet, sua compagna e confidente sull’Arcadia. Strano a dirsi, ma anche lei aveva i capelli blu… I primi episodi, trasmessi su Rai 2 nella primavera del 1979, hanno come concorrente su Rai 1 il telefilm britannico Spazio 1999, giunto in Italia alla seconda stagione. Scelta davvero difficile, tra il capitano della base lunare Alpha, John Koenig, e il pirata tutto nero che “ha cambiato in astronave il suo velier”.
Forse era un telefilm un po’ ingenuo se lo guardiamo con gli occhi di oggi. Così come, ad esempio, Megaloman, con i suoi capelli fiammeggianti, o Batman con tutto il suo mondo di batmobili e batcaverne, ma, nonostante il limite di un’ora di televisione al giorno stabilito da mia mamma, credo di averne perse ben poche puntate. La televisione era una passione, tra il rincorrere la sigla di Anteprima di CHI? per vedere e ascoltare Johnny Bassotto, cantata dal comico muranese Lino Toffolo – su testo di un cantautore del calibro di Bruno Lauzi, con le musiche del maestro Pippo Caruso – e animata da Guido Manuli, oppure seguire le peripezie di Sbirulino, di cui vestiva i panni un’indimenticabile Sandra Mondaini, o ancora avvicinarsi alle nascenti emittenti private con Five, la mascotte di Canale 5.

Stimolata da sempre a leggere, accanto al piccolo schermo c’erano, oltre ai libri, i fumetti. Il sabato mattina, di rientro dalla scuola, passavo davanti al negozio di barbiere dell’altro nonno, in Strada Nuova, che in quell’occasione mi consegnava la mancetta settimanale: mille lire, quelle con l’immagine di Giuseppe Verdi. Dividevo la preziosa cifretta tra un paio d’etti di liquirizie nel negozio di dolciumi ai piedi del ponte de l’Anconeta, che ha chiuso svariati anni fa, e il numero settimanale di Topolino. Era un altro viaggio nella fantasia, quella dell’immenso universo Disney, con i tanti personaggi che ne animano ancora oggi le strisce. Il mio prediletto era Paperinik, alter ego mascherato di Paperino, che aveva lo scopo di vendicarne i torti subiti.

Tutto questo e moltissimo altro ancora è il mondo magico di Creature di Gomma – Venice Vintage Toys che ha aperto le sue porte a Venezia lo scorso 10 febbraio. Una collezione privata, imponente e unica nel suo genere, riunita in trent’anni di passione da Fabrizio Fontanella. Una raccolta composta da oltre cinquemila pezzi tra pupazzi e giocattoli vintage degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta: figures in gomma, vinile e materiali plastici, che vanno dai personaggi più noti a quelli più rari e quasi introvabili, creature speciali che partono da solo tre centimetri per arrivare fino a due metri di altezza. Un viaggio nel tempo, nei ricordi e nella creatività che dalla preistoria dei Flintstones porta i visitatori al futuro raccontato dai Jetsons con il loro cane Astro, passando attraverso gli spinaci di Braccio di Ferro, il venezianissimo Topo Gigio (di cui con nostalgia conservo ancora un bambolotto di pezza), creato da un altrettanto veneziana autrice, da poco scomparsa, del calibro di Maria Perego, per arrivare ai Puffi, gli strani ometti… anch’essi blu.
Ed è proprio un topo, anzi una simpatica pantegana, come a Venezia si chiamano i grossi ratti, la mascotte di Creature di Gomma. El Panta, disegnata da Giorgio Cavazzano, che di notte esce con il suo gondolino, s’intrufola nei magazzini per recuperare vecchi giocattoli, probabilmente dimenticati dai bimbi a cui erano stati regalati, ai quali restituire nuova vita.
Una nuova vita che Fabrizio ha restituito anche a uno spazio dimenticato della città. Ha scelto Venezia, dov’è nato e ha vissuto, per rendere disponibile al pubblico la sua collezione, per condividerla e farla conoscere. Ha scelto un’ex cartiera per accoglierla, in campo San Stin all’inizio di calle della Vida, che, con un attento e rispettoso intervento di recupero, la configura come un interessante progetto di rigenerazione urbana in chiave culturale. Un passaggio di testimone che ha visto ospite di questi locali, nel lontano passato, anche l’Arciconfraternita di San Rocco, come racconta l’incisione stilizzata S. R. emersa dalla ruggine delle inferriate del portone d’ingresso.

Un modo originale di fare cultura, attingendo, per gli adulti, nei ricordi e nei sentimenti della loro infanzia, e proponendo, per i più giovani, strumenti che ne stimolino la creatività. Creature di Gomma infatti non vuole essere solo una collezione permanente, ma nasce anche come associazione culturale che nel ricco calendario delle sue attività prevede eventi, incontri con gli autori e laboratori didattici da svolgere con le scuole del territorio.
Una missione ben riassunta nella frase di Pablo Neruda che accoglie gli ospiti:
Nella mia casa ho riunito giocattoli grandi e piccoli, senza i quali non potrei vivere. Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che era dentro di sé.
Una missione pienamente centrata perché immergendosi nel mondo delle creature di gomma è impossibile non tornare bambini, ritrovandone l’incredulità, lo stupore e la voglia di giocare.

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