La crisi virale ridisegna il campo di battaglia della politica

L’epidemia di coronavirus rischia di sconvolgere lo status quo nel quadro nazionale e in quello locale. Come? Creando quali scenari inediti?
MATTEO ANGELI
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Di fronte a una grave crisi imprevista, gli strateghi politici vecchia scuola ricordano cinicamente che essa può rivelarsi un’insperata occasione per forgiare una leadership acerba. O, al contrario, è la fatidica tegola che piomba su una leadership apparentemente robusta, distruggendola. Un esempio su tutti: George W. Bush, la cui leadership nazionale si forgiò attraverso il dramma delle Torri Gemelle e tramontò in seguito alla maniera disastrosa con cui l’allora presidente gestì le conseguenze dell’uragano Katrina, che finì addirittura per ostacolare la corsa alla Casa Bianca di un altro repubblicano, John McCain.

Una crisi seria – continua il mantra – ridisegna completamente il campo di gioco e obbliga squadre e giocatori a buttare via schemi e schemini fin lì seguiti e a modificare i loro moduli consueti. Sapendo che anche il pubblico – gli elettori – cambiano la loro percezione della realtà, diventando esigenti e inflessibili, anche con i loro beniamini. A cui non perdoneranno il minimo errore.

Come quello, clamoroso, commesso dal sindaco di Venezia e dal presidente del Veneto, che hanno aspettato la notizia del ricovero di due persone al Civile per far filtrare la voce della cancellazione del Carnevale a conclusione della giornata più affollata.

Giuseppe Conte con il ministro della salute, Roberto Speranza

La diffusione del coronavirus potrebbe esaurirsi in breve. Lo speriamo tutti. Intanto, anche se durasse pochi giorni, sta già impattando profondamente sullo scenario politico a livello locale, regionale e nazionale, e anche addirittura internazionale: tutti i protagonisti politici sono ora in una situazione di “ripartenza”.

Nel bel mezzo delle tensioni che agitano il governo (con lo scontro Conte-Renzi che anima le cronache) e alla vigilia di una stagione elettorale (in primavera sono previste le elezioni regionali in Veneto, Liguria, Toscana e Marche, Campania e Puglia e si voterà anche per eleggere i sindaci di Venezia, Aosta, Arezzo, Reggio Calabria, Trento e di altri mille 1074 Comuni), l’avvento del coronavirus in Italia – un’emergenza serissima che riporta alla mente l’ansia con cui in Italia rimbalzò il dramma di Chernobyl – spariglia le carte in tavola, facendo ombra, a giusto titolo, a tutti gli altri temi.

A livello nazionale, il governo, già di per sé molto fragile, è messo a dura prova. Giuseppe Conte è un leader acerbo, sempre alle prese con il suo peccato originale: l’essere stato messo lì dalla Casaleggio associati, un signor nessuno della politica assurto a celebrity per una singolare concatenazione d’eventi. La crisi del coronavirus potrebbe spazzare via le sue velleità di leader, se l’escalation del virus finisse per essere associata, a torto o a ragione, all’inadeguatezza del governo a farvi fronte. Al contrario, riuscisse a gestire bene la crisi, la sua immagine ne uscirebbe rafforzata. Conquistando a pieno titolo quel riconoscimento di leader che insegue.

E Roberto Speranza? Un discorso simile vale anche per il dirigente lucano di Leu, assurto per una serie d’inedite alchimie alla guida della Sanità, oggi il ministero chiave della compagine. La sua tenuta garantisce quella dell’intero governo e del presidente del consiglio. Ma anche quella del Pd, il partito di maggioranza relativa che si fa carico del destino del governo Conte. È evidente che eventuali passi falsi di Speranza sarebbero fatali per lui, con immediati riverberi sull’esecutivo e sulla coalizione.

Gli avversari? Matteo Salvini, con lo stile sguaiato che gli è congeniale cerca di dimostrare che il governo è inefficiente, con il risultato di sembrare uno sciacallo che gode di disgrazie che non sono del governo ma del paese.

Diversa la postura di Giorgia Meloni. Sui social dichiara che

Fratelli d’Italia è stato contattato dal Governo per l’emergenza Coronavirus. Abbiamo ribadito la nostra massima collaborazione per tutelare la salute dei cittadini e per sostenere ogni misura utile a contenere il contagio.

Questo approccio è anche il frutto di un calcolo politico. Si smarca da Salvini e si mette sulla riva del fiume aspettando di vedere passare il governo nemico stritolato dai suoi errori.

L’azzardo per Meloni è che se Conte riesce ad arginare la crisi, diventa un gigante e la leader di Fratelli d’Italia, forza di opposizione che s’assume l’onere di sostenerlo moralmente, finisce ai margini.

È la tattica dello stare a guardare, che alla fine è un po’ anche quello che sta facendo Matteo Renzi, che ha dichiarato:

C’è il coronavirus, basta polemiche. Stringiamoci intorno alle istituzioni

Se a livello nazionale il centrosinistra si gioca la grande partita e l’opposizione si trova a dover calibrare le risposte, a livello locale e regionale lo schema si ribalta.
Lombardia e Veneto, le due regioni maggiormente colpite dal coronavirus, sono saldamente in mano alla Lega. In vista del voto in primavera, Luca Zaia è dato come netto favorito per la riconferma alla presidenza della Regione Veneto, così come a Venezia Luigi Brugnaro conta di prolungare il suo mandato di primo cittadino per i prossimi cinque anni.

I due sembrano – si considerano – imbattibili, lanciati verso la vittoria, a meno che… Qui entra in gioco l’emergenza del coronavirus, con tutto il suo potenziale destabilizzante.

Le prime “sbavature” nella gestione della crisi sono sotto gli occhi di tutti. Zaia, campione dell’autonomia regionale, ha tentennato prima di dare il via libera alla chiusura delle manifestazioni, adducendo la necessità di “aspettare le linee guida nazionali”.

Brugnaro ha fatto molto peggio: nonostante i molteplici inviti ricevuti per annullare il Carnevale, ha comunque permesso che le due giornate più affollate avessero luogo e, solo in un secondo tempo, dopo il ricovero di due persone infette, ha interrotto l’evento.

Se da una parte Zaia e Brugnaro ora non sono più imbattibili, ma dovranno guadagnarsi la rielezione, e molto in questo senso dipenderà da come riusciranno a gestire l’emergenza, dall’altra, l’opposizione regionale e locale si trova davanti agli stessi dilemmi che attanagliano l’opposizione nazionale.

L’emergenza coronavirus ha esposto la dimensione effimera delle partite politiche che si giocavano prima dell’epidemia, e che oggi, davanti alla crisi, si sciolgono come neve a sole.

Di fronte a un’emergenza di questa portata, anche le categorie tradizionali traballano: cosa vuol dire essere di destra o di sinistra rispetto al modo in cui viene gestito questo problema?

Nel fare i conti con le grandi sfide che ci si stagliano davanti – il coronavirus, ma anche, nello stesso modo, il cambiamento climatico – la politica si gioca molto, se non tutto. Può perdersi o ritrovare se stessa.

Volare o cadere. Non è il momento di avere paura.

La crisi virale ridisegna il campo di battaglia della politica ultima modifica: 2020-02-23T20:35:27+01:00 da MATTEO ANGELI
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