McDonald’s e la black America

La relazione della società di fast-food con gli african-americans è molto complessa e affonda le radici nel movimento per i diritti civili. E nella strategia politica di Richard Nixon.
MARCO MICHIELI
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McDonald’s. Un nome che evoca per molti di noi cibo scadente e regime alimentare pessimo. Ma l’azienda americana del fast food per eccellenza ha anche una storia complessa. Soprattutto nella relazione con la comunità africano-americana. Una relazione che ha un duplice volto: quello dello sfruttamento e quello dell’empowerment, della responsabilizzazione.

McDonald’s è infatti l’azienda che assume per lo più giovani african-american, pagandoli molto poco. Ma è anche l’azienda che investe in borse di studio per studenti che non hanno le risorse per accedere all’università. E che negli anni Settanta fornì a molti africano-americani la possibilità di gestire direttamente dei locali, grazie al sistema del franchising.

Questa relazione complicata è stata anche raccontata in un recente libro da titolo “Franchise: The Golden Arches in Black America”, scritto da Marcia Chatelain, professoressa di storia e di studi africano-americani alla Georgetown University.

La storia che racconta Chatelain comincia negli anni Sessanta. McDonald’s, allora, è considerato un obiettivo per gli attivisti dei diritti civili. Gran parte della relazione con l’azienda è di contestazione. In particolare si criticano le modalità discriminatorie di assunzione e il rifiuto di servire i clienti neri. Con la fine della segregazione (Civil Rights Act del 1964), alcuni gruppi all’interno del movimento per i diritti civili però cominciano a prestare attenzione all’idea di “black capitalism”. Il loro obiettivo era la trasformazione della nuova condizione sociale in una condizione economica stabile e duratura. La proprietà “black”, anche del piccolo commercio, diventa quindi per alcuni un modo per contrastare la discriminazione e ridurre le disuguaglianze coi bianchi.

Martin Luther King stesso comincia a parlare dell’aspetto “economico” dei diritti civili. Per King l’uscita dalla povertà sarebbe stato il mezzo per affermare la vera uguaglianza razziale. La morte del premio Nobel per la pace però segna un punto di svolta, anche nelle relazioni tra McDonald’s e la comunità black.

Le tensioni e le rivolte nazionali seguite al suo assassinio hanno ricadute profonde sul tessuto urbano delle città americane. I bianchi che gestiscono molti dei franchise di McDonald’s cominciano ad abbandonare le grandi città per rifugiarsi nei sobborghi, lontano dai rischi. All’abbandono delle attività commerciali McDonald’s cerca di rispondere. L’azienda sostituisce i vecchi gestori con dei nuovi. E inizia così a fare quello che fino a quel momento non aveva mai fatto: consente agli african-american di rilevare i fast-food in franchise.

Black & Positively Golden, una delle ultime campagne “sociali” di McDonald’s

Nel frattempo anche il clima politico cambia. Richard Nixon è il presidente di un paese polarizzato e violento. È un momento politico-elettorale delicato per gli Stati Uniti. È in atto un cambiamento epocale, con il passaggio degli stati del sud dal tradizionale campo democratico a quello repubblicano. Una presa quella repubblicana che dura ancora oggi e che si realizza proprio nel passaggio della presidenza da Johnson a Nixon.

La scelta dei democratici di abbattere la segregazione nel sud segna la fine della coalizione rooseveltiana. Il sud entra in orbita repubblicana. La “Southern Strategy” di Nixon punta allora a non perdere i nuovi alleati nel sud del paese. L’opposizione alle riforme economiche e sociali richieste dagli attivisti del movimento per i diritti civili diventa il trait d’union tra Sud e Nixon.

Il presidente comincia allora a parlare di “black capitalism”. Per Nixon la soluzione ai ghetti razziali e alle discriminazioni non erano le riforme economiche e sociali ma gli incentivi fiscali che avrebbero dovuto incoraggiare la nascita di una classe media black:

Le persone nel ghetto hanno bisogno di qualcosa in più di un’equa opportunità. Dovrebbero ottenere un dividendo.

Il business e le banche african-american avrebbero aiutato quindi la comunità black ad uscire dallo stato di povertà. Le nuove risorse liberate avrebbero creato poi un effetto moltiplicatore nella comunità stessa. Ed evitato interventi federali più mirati o politiche di più difficile realizzazione per i repubblicani, come le riforme della giustizia criminale.

Chi possiede una casa, non dà fuoco al vicinato.

In questo nuovo clima, anche McDonald’s muta la propria politica nei confronti degli african-americans. Anche perché gran parte dei consumatori del cibo di McDonald’s negli anni Settanta è nera. Un contributo che salva l’azienda dai molti competitori che in quel periodo nascono in tutto il paese. 

Quando l’azienda coll’andare del tempo si rende conto che il contributo della comunità african-american è quindi fondamentale in termini sia di proprietà dei franchising sia di consumo, inizia a elaborare tutta una strategia di marketing orientata al consumatore di colore, dalle celebrità al cibo. Con conseguenze anche sociali, indirettamente legate alla proprietà dei franchising e al lavoro – mal pagato ma pur sempre lavoro – per molte persone.

Michael Jordan in una delle pubblicità McDonald’s

L’azienda, ad esempio, comincia a investire in premi e borse di studio per studenti e in altre iniziative che continuano ancora oggi. E nel tempo questa complicata relazione diventa, almeno per alcuni, una sorta di ascensore sociale.

E qui Chatelain mette in evidenza l’aspetto problematico di questa relazione tra comunità black e McDonald’s, nata all’ombra dei riformatori sociali africano-americani e del “nuovo corso” di Nixon. Se l’azienda è infatti diventata nel tempo molto importante per la comunità africano-americana, si è trattato pur sempre di una strategia di marketing. Nulla è gratuito. Ad un certo punto per la grande azienda del fast-food divenne essenziale trovare nuovi settori di mercato. E per ampliare e mantenere questo settore del mercato, si è limitata a promuovere incentivi e premi. Per conquistare queste nuove fasce di clienti.

Non che il problema sia dell’azienda, secondo Chatelain. La storica ci ricorda però come non sempre affidarsi soltanto al settore privato per fornire dei beni ai cittadini sia la soluzione di tutti i problemi.

McDonald’s e la black America ultima modifica: 2020-02-23T23:06:13+01:00 da MARCO MICHIELI
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