Non avremmo certo voluto dire che l’avevamo detto: non c’interessa e neppure ci lusinga il ruolo di Cassandra o di profeti di sventura. Ma sul fatto del Carnevale di Venezia che, a dispetto di quanto stava succedendo in Veneto ancora sabato, non è stato sospeso da subito, senza aspettare domenica sera, qualcosa da dire l’abbiamo.
L’emergenza c’era tutta: il sindaco di Padova, Giordani, aveva deciso sabato di sospendere la sfilata dei carri in Prato della Valle; quello di Vicenza, Rucco, aveva fatto altrettanto. Primi cittadini che sono stati seguiti da altri colleghi che, per il principio della massima prudenza, hanno sospeso le manifestazioni carnevalesche.
A Venezia no! A Venezia non c’è stato nessun cambiamento di programma: il volo dal campanile di San Marco, clou della giornata domenicale, è avvenuto regolarmente, con Kristian Ghedina che ha rappresentato l’aquila, scendendo in mezzo a (dicono) oltre ventimila persone giunte da tutta Italia e dall’estero.

Peccato che alle 10.30 circa dello stesso mattino, un lancio di agenzia dava l’informazione che due persone risultavano positive al coronavirus proprio a Venezia, ed erano state portate all’Ospedale civile della città, in linea d’aria a circa cinquecento metri da San Marco.
Peccato che le forze dell’ordine avessero le mascherine di protezione calate sul volto. Mascherine contro maschere, una pena del contrappasso di questo carnevale brugnariano in tempo “di peste” che in molti definiscono, sui social, come assurdo e al di là di ogni surreale immaginazione.
Certo che la fatalità c’ha messo bene del suo, perché il tempismo con cui sono stati identificati i due nuovi casi positivi, nel bel mezzo della festa, ha dell’incredibile; ma si doveva sapere che per un sindaco, che è il primo responsabile della salute pubblica, deve valere il principio della massima precauzione, il principio della massima sicurezza per la salvaguardia dei suoi concittadini, innanzitutto, e degli ospiti della città.
E invece abbiamo assistito, prima sabato e poi domenica, a una sorta di commedia dell’assurdo, dove s’aspettava che fosse la Regione o il Governo a decidere se sospendere il Carnevale o meno, nel nome di una unità d’intenti organizzativa che non siamo riusciti a comprendere.
Quando invece due potevano essere i motivi che davano a Brugnaro la piena facoltà di cancellare la festa.
Il primo è che il Carnevale di Venezia è una manifestazione voluta e organizzata dal Comune di Venezia per il tramite di una sua partecipata, e che quindi, come ente organizzatore, il primo cittadino aveva tutti i poteri per sospendere la manifestazione di domenica.
Il secondo, ancor più forte, si radica sul potere del sindaco in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, dove il primo cittadino può adottare ordinanze contingibili e urgenti. Come hanno fatto, appunto, i colleghi di Padova, di Vicenza, di Este ed altri, senza aspettare quello che la Regione e il Governo potevano decidere.

Perché Brugnaro non ha cancellato la manifestazione? Non sappiamo e non vogliamo dare facili giudizi, ma possiamo solo presumere il suo pensiero dalle indicazioni che egli stesso rilascia in un filmato distribuito dall’ufficio stampa del Comune proprio dal palco di San Marco.
Abbiamo evitato qualsiasi situazione di panico,
afferma il primo cittadino.
Perché? Se la cancellazione degli eventi fosse avvenuta il sabato, anche in serata, i (potenti) mezzi di comunicazione del Comune di Venezia avrebbero potuto diramare la notizia in modo capillare tramite il sito, i profili social istituzionali, gli sms a tutti i migliaia di iscritti alle comunicazioni sulle maree (che sono usati anche per altre emergenze). Senza contare i comunicati stampa rivolti alle principali agenzie e testate nazionali ed estere. Insomma, forse non si sarebbe raggiunto il totale di quanti volevano venire al Carnevale, ma sicuramente la stragrande maggioranza.
E poi prosegue:
Ancora una volta abbiamo dimostrato che una città che è simbolo dell’Italia unita di fronte anche a un’epidemia così grave possa ringraziare ancora una volta i sanitari, i medici, la polizia (…).
Al di là della sintassi un po’ ammaccata, ma allora perché se l’epidemia è così grave non si sono sospese le manifestazioni? Forse non si sapeva già dei contagiati veneti dal sabato?
E quindi:
Ancora oggi siamo chiamati a dimostrare di essere capaci di dirigere un paese occidentale anche quando è colpito da un maledetto virus che francamente fa paura ma non ci piegherà.
Quindi se il virus fa paura, perché sfidarlo? Forse perché non ci piegherà, o forse perché,
dimostriamo di avere sangue freddo,
come ha dichiarato durante un’altra intervista fatta a una collega de La Nuova Venezia? Ma che significa tutto ciò? Ha qualche senso logico oltre che a un malcelato machismo?
La città, i cittadini, gli ospiti non sono uniti solo perché si assiepano in Piazza San Marco durante una potenziale (poi reale) emergenza sanitaria; né serve dimostrare al virus sangue freddo (sic), quanto capacità di organizzazione, di prevenzione, di coordinamento nella lotta alla diffusione che, ci dicono gli esperti, in questo momento si può fare solo con il contenimento e con misure draconiane mai usate prima nella storia repubblicana, messe coraggiosamente in atto da Regione e Governo.
E non certo facendo convergere migliaia di persone in una città che, di suo, fatica a contenere grandi folle.
Ora non ci resta che attendere e sperare con tutto il cuore che, nella tracciatura del coronavirus di eventuali prossimi contagiati, non si apra un nuovo cluster denominato “Carnevale di Venezia 2020”.

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