Via Sveavägen, una delle arterie principali di Stoccolma. È il 28 febbraio 1986. Olof Palme e la moglie Lisbet sono usciti da alcuni minuti dal cinema Grand. Il primo ministro è senza scorta, come s’usava in Svezia. Sono passate da poco le 23. È una notte fredda e buia, tipica del rigido inverno svedese. I coniugi Palme sono indecisi se fare a piedi il tratto di strada che conduce alla loro residenza o prendere la metropolitana ripetendo il tragitto di andata.
Hanno appena salutato
uno dei loro figli e la fidanzata che erano al cinema con loro. Un uomo si rivolge d’improvviso, imprecando, al primo ministro. Lui e la moglie si avviavano alla fermata della metropolitana. Palme si volta d’istinto. Lo sconosciuto spara alcuni colpi di pistola e si dilegua. Il delitto ancora oggi non ha mandanti ed esecutori.

Il premier muore poco dopo. Con lui muore la stagione più fertile della socialdemocrazia europea, quella che aveva nel leader svedese, nel tedesco Willy Brandt e nell’austriaco Bruno Kreisky i propri esponenti di spicco. Democrazia economica, disarmo, dialogo est-ovest (la Ostpolitik), autonomia piena da Mosca e da Washington, emancipazione del Terzo mondo, contributo decisivo alla fine delle dittature in Spagna, Grecia e Portogallo erano le idee guida di quella fase politica che ridiede smalto a un’ipotesi di rinnovato welfare sul fronte interno.
Quando nel 1969 Palme è nominato per la prima volta premier e presidente del Partito socialdemocratico, ha da poco compiuto 42 anni ma può contare su quindici anni di apprendistato governativo a fianco del primo ministro Tage Erlander, oltre che sulla propria esperienza di ministro fin dal 1963. La sua formazione culturale ha come tratto specifico il forte interesse per la politica internazionale che gli deriva dai viaggi in America latina e Asia e dagli studi giovanili ma è tutta interna alla tradizione socialdemocratica svedese di cui si sente erede e protagonista.
Quella tradizione ha costruito a iniziare dagli anni Trenta una forma avanzata di welfare che tutela i singoli e offre loro eguali opportunità. Piena occupazione, assistenza sanitaria, istruzione di massa, diffuso sistema pensionistico sono i cardini di un sistema sociale imperniato sulla centralità del Partito socialdemocratico e sul suo strettissimo rapporto con il movimento sindacale.
Ben presto, Palme diventò il bersaglio di aggressive polemiche e campagne d’opinione. Nel 1971 esce il libro Chi è Olof Palme? che ha l’obiettivo di demolire l’immagine pubblica del premier. L’autore è Bertil Östergren, direttore amministrativo del sindacato dei funzionari universitari (Saco) ed ex amico di gioventù di Palme. L’uscita del volume è l’avvio di un conflitto che dura alcuni mesi tra il primo ministro e le università svedesi che chiedono una riforma più avanzata degli studi.
Nel corso di questa polemica, Palme precisa il suo pensiero sui movimenti nati in Europa e in Svezia a seguito del 1968:
Ci sono istanze che non sono rappresentate dai partiti tradizionali e con le quali occorre mettersi in ascolto. Anzi, bisogna abituarsi a convivere con inedite forme della rappresentanza politica e a governare con l’obiettivo di ottenere il massimo consenso.
La prova delle urne del 1973 è quella del fuoco per Palme. Un episodio che turba quella campagna elettorale è diventato così famoso da dare origine alla categoria della psicoanalisi denominata “sindrome di Stoccolma”. Dal 23 al 28 agosto 1973 due rapinatori tengono in ostaggio quattro impiegati (tre donne e un uomo) nella camera di sicurezza dell’agenzia della Sveriges Kreditbank di Stoccolma che ha sede nella centralissima piazza Norrmalmstorg.
Palme sospende in parte la sua campagna elettorale per seguire da vicino la trattativa tra polizia e rapinatori. È lui a dare indicazione che nessuna concessione può essere fatta a chi ha messo a repentaglio la vita di quattro ostaggi. Nei quattro giorni del sequestro era accaduto qualcosa di impensabile. Una delle vittime aveva addirittura sviluppato un legame sentimentale con uno dei rapitori.

Palme vince la sua scommessa ed è confermato premier. Perde invece le elezioni del 1976. Dopo quarantaquattro anni di ininterrotta collocazione al governo, i socialdemocratici sono costretti a passare all’opposizione.
La natura strutturale della crisi economica svedese e la necessità di ridisegnare il tradizionale neutralismo del paese – mentre si vogliono installare missili Cruise e Pershing in Europa – forniscono a Palme l’opportunità di ripresentarsi alle elezioni del 1982, dopo sei anni di opposizione, con una rinnovata proposta socialdemocratica in grado di competere con quella della destra.
Con il passare degli anni l’impegno internazionale di Palme si era accentuato: Vietnam, appoggio a Cuba e Nicaragua (storici i suoi viaggi a L’Avana e Managua), mediazioni diplomatiche nel Sudafrica antiapartheid e nel conflitto Iran-Iraq diventano parte del suo impegno.
Se non fosse stato ammazzato quel 28 febbraio 1986, per il premier svedese c’erano due incarichi a cui era candidato: o segretario generale dell’Onu o presidente dell’Internazionale socialista al posto di Brandt. Era diventato un indiscusso punto di riferimento della politica mondiale.

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