Quando il lavoro presidia la vita democratica

“Una democrazia in pericolo. Il lavoro contro il terrorismo (1969-1980)” di Francescopaolo Palaia ricostruisce il ruolo decisivo svolto in quel decennio dal sindacato italiano (e in particolare dalla Cgil) e dal Pci nella difesa della democrazia, nata dalla Resistenza, e nella sconfitta del terrorismo.
NUCCIO IOVENE
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Francescopaolo Palaia, collaboratore della Fondazione Di Vittorio e ricercatore presso il dipartimento di Storia dell’Università di Roma, La Sapienza, ha da poco pubblicato un libro dal titolo Una democrazia in pericolo. Il lavoro contro il terrorismo (1969-1980) a cura della casa editrice Il Canneto. A cinquant’anni dall’autunno caldo, e però anche dall’avvio drammatico della strategia della tensione, Palaia ha voluto ricostruire, con un’analisi approfondita delle fonti e ricorrendo anche a testimonianze dirette, il ruolo decisivo svolto in quel decennio dal sindacato italiano (e in particolare dalla Cgil) e dal Pci nella difesa della democrazia, nata dalla Resistenza, e nella sconfitta del terrorismo.

Ne è scaturito un libro che, nonostante le oltre 450 pagine che lo compongono e le numerosissime note a corredo, avvince e cattura perché restituisce al lettore con fedeltà non solo gli avvenimenti dell’epoca, ma l’atmosfera politica e culturale che li accompagnava ed il ricordo dei protagonisti reali (non solo i principali leader) di quella stagione. Poco più di un decennio cruciale della vita del nostro Paese che aveva da poco conosciuto il boom economico, l’industrializzazione ed i conseguenti flussi migratori dal sud al nord, la scolarizzazione di massa e il movimento degli studenti, la stagione delle mobilitazioni operaie e le prime importanti conquiste contrattuali e sociali.

L’Italia di quel periodo era un’anomalia per molte ragioni: gli altri Paesi del sud dell’Europa (Portogallo, Spagna, Grecia) erano ancora governati da regimi fascisti, il nostro Paese aveva il partito comunista più grande dell’Occidente, la Resistenza prima e la Costituzione poi avevano profondamente segnato la natura della Repubblica aprendo la strada a un protagonismo diffuso dei lavoratori e degli studenti grazie al ruolo dei partiti di massa, dei sindacati e delle associazioni democratiche radicate nel territorio.

A vederla riassunta quella lunga e tragica storia, fatta di stragi, agguati, violenze e scontri di piazza con centinaia di morti e feriti, prima e soprattutto per mano del terrorismo nero e poi anche da quello delle Brigate Rosse e delle altre formazioni a esse ispirate, sembra un miracolo che l’Italia sia riuscita a farcela, a salvare la propria democrazia e rimettersi in piedi.

Il libro di Palaia spiega appunto come sia stato possibile, grazie innanzitutto a una straordinaria mobilitazione operaia, a un’azione di vigilanza permanente e sempre più consapevole da parte del Pci e del sindacato che per questo pagarono un tributo molto alto, fino all’omicidio a Genova di Guido Rossa, operaio e delegato sindacale che aveva segnalato la presenza delle Brigate Rosse nell’azienda nella quale lavorava.

Guido Rossa, operaio d’origine veneta, sindacalista della Cgil al’Italsider di Genova, fu ucciso il 24 gennaio 1979 alle 6.35 del mattino, mentre usciva di casa per recarsi al lavoro con la suaFiat 850. 

La strategia della tensione, come ricorda il libro, inizia prima della strage di Piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969. Già nell’estate si erano registrati alcuni gravi attentati, inoltre a più riprese erano venuti alla luce, negli anni precedenti, tentativi di colpo di stato (quello del generale De Lorenzo, quello di Junio Valerio Borghese) e poi si è continuato con la strage di Piazza della Loggia a Brescia fino a quella della stazione di Bologna, passando per le bombe sui treni, i tentativi di depistaggio e le complicità di settori deviati degli apparati dello Stato, l’assalto a sedi di partito e sindacali e l’uccisione di tanti giovani militanti.

L’obiettivo evidente quello di spezzare la mobilitazione operaia e studentesca, bloccare la crescita del Pci e spingere il Paese a destra accompagnando la strategia stragista al progetto di costruire una base di massa reazionaria con la rivolta di Reggio Calabria del 1970 e i tentativi di esportarne il modello in altre realtà del Mezzogiorno.

Nel luglio del 1970 scoppiò la rivolta di Reggio Calabria per concludersi dieci mesi dopo

Dopo i primissimi momenti di difficoltà e sbandamento, l’aver capito la posta in gioco portò il Pci e la Cgil, insieme agli altri sindacati, a non cedere alla paura, presidiare le piazze, portare alla luce le verità nascoste delle trame nere. La risposta fu data colpo su colpo, piazza per piazza, con scioperi e manifestazioni, capendo subito che se la lotta al terrorismo fosse stata lasciata solo in mano agli apparati dello Stato (alcuni dei quali largamente compromessi) a esserne sconfitte sarebbero state la democrazia e le istituzioni e con esse lo stesso movimento operaio e la sinistra.

Ovviamente leggendo il volume si capisce che senza un radicamento profondo, nei luoghi di lavoro, nelle città e nei paesi, senza quell’adesione a ogni piega della società l’azione del Pci e del sindacato non sarebbero state possibili.

La sfida si fa ancora più complicata quando al terrorismo fascista si affianca e si contrappone il terrorismo “rosso”. I primi tempi si fa addirittura fatica a nominarlo, riconoscerlo, prenderne atto. Poi quando le prime azioni dimostrative lasciano il passo ai primi omicidi e poi al sequestro Moro diventa evidente che la democrazia rischia di essere stretta in una morsa, e anche in questo caso alle mobilitazioni e alle proteste di piazza s’affianca un lavoro d’informazione e demistificazione fabbrica per fabbrica, e anche di “intelligence” al fine di prosciugare l’acqua dello scontento e dell’ambiguità dal quale il terrorismo “rosso” andava attingendo.

Il Pci addirittura si dota di una sezione di lavoro denominata “Problemi dello Stato”, diretta da Ugo Pecchioli, e inizia un lavoro capillare su più fronti, e sempre in stretto contatto ma anche in confronto aperto con il sindacato, compreso quello teso alla smilitarizzazione ed alla sindacalizzazione delle forze di polizia.

Un manifesto dei CUB a Torino

Nel libro si passa dalle riunioni dei consigli di fabbrica e dalla nascita dei CUB (i Comitati Unitari di Base) al dibattito tra il Pci e il movimento degli studenti (dall’incontro con Luigi Longo alla cacciata di Lama dalla Sapienza), dalle diverse posizioni delle formazioni a sinistra del Pci alle relazioni della Cgil con Cisl e Uil con il passaggio dal progetto dell’unità sindacale al ripiegamento nella federazione unitaria, dalla fase politica del centro sinistra a quella del compromesso storico, il tutto accompagnato da una presenza fisica nei luoghi dello scontro politico e sociale e da una riflessione e un approfondimento teorico oggi semplicemente inimmaginabili con le attuali forze politiche.

Ovviamente non mancano nel libro riflessioni e ampio materiale di documentazione sui ritardi, gli errori, le sottovalutazioni e gli eccessi di quegli anni con il conseguente dibattito interno al sindacato e al partito e quello pubblico che nei passaggi più significativi si determinò. In poche parole una storia umana, politica e sociale, prima che giudiziaria, avvincente su di un decennio chiave e ancora oggi decisivo della nostra storia recente.

Quando il lavoro presidia la vita democratica ultima modifica: 2020-03-01T14:06:48+01:00 da NUCCIO IOVENE
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