#Coronavirus. State a casa, accidenti!

Al posto di accidenti, ci starebbe bene qualcos’altro, ma siamo delle signore, almeno per oggi.
ADRIANA VIGNERI
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C’è una parte del paese che non ne vuole sapere di assumere l’unica medicina disponibile, l’isolamento (peraltro relativo). Parte ben rappresentata dall’ex sindaco di Treviso, Gentilini, che in giro per il mercato anche ieri – 8 marzo – declamava allungando le mani: “…Ha, ha ha,… i dise che bisogna star a un metro…”. Lui, si sa, ama i contatti. Mentre Zaia, indignato perché anche tre province del Veneto sono state considerate zone off limits, esprime con la sua lettera ufficiale di protesta quella stessa posizione. Sulla scia di Maria Cristina Piovesana, presidente di Assindustria Venetocentro Imprenditori Padova Treviso: “Serve responsabilità ma anche garantire la mobilità di merci e lavoratori”. Ecco, ora non è tempo dei “ma anche”. Occorre scegliere.

Una cosa credo sia ormai chiara: il Covid 19 non è poco più di un’influenza. E poiché la caratteristica di questo virus è la sua pericolosità per il sistema respiratorio, nessuno può garantire ad un giovane, ad un adulto, e tanto meno ad un anziano che non avrà bisogno di un sostegno respiratorio.

Se ci si ammala in tanti contemporaneamente il bisogno delle strutture per il sostegno si moltiplica e raggiunge cifre che sono molto superiori agli impianti ospedalieri disponibili. Su cui ci sarà da riflettere, se è vero, come risulta dal Rapporto del GPMB, A World at risk, 2019, commissionato dall’OMS e dalla banca mondiale, che noi abbiamo circa cinquemila posti totali di terapia intensiva, mentre la Germania ne ha circa 28.000 (fonte Suddeutsche Zeitung). 

A nostra memoria, soltanto Carlo Calenda ha detto con forza che le condizioni del nostro sistema sanitario erano gravi, mentre per lo più si esalta la medicina veneta e italiana come la migliore possibile. Discorso che meriterà un approfondimento.

La chiarezza attuale è stata raggiunta molto lentamente, quindi tardi e come si vede non abbastanza, neppure agli alti livelli politico-amministrativi e delle strutture intermedie. Senza vaccini, senza farmaci, e con la certezza che il sostegno ospedaliero non può esserci per tutti, l’unico rimedio di fronte alla diffusione rapida del virus è appunto l’isolamento, con buon senso e per quanto possibile. Snobbare le prescrizioni o addirittura chiederne il ritiro è una grave incoscienza.

Quindi primum vivere. Prima di tutto va assicurata per quanto possibile la sopravvivenza della popolazione.

Le posizioni negazioniste e minimaliste si giovano certo dalla diffusa italianissima indisciplina, come se bere al banco l’aperitivo con gli amici fosse una manifestazione irrinunciabile della propria personalità invece che una cretinata. Ma si collegano spesso alla preoccupazione prioritaria per i danni economici che l’epidemia sta provocando, in una assurda contrapposizione tra chi mette in primo piano la tutela della salute e chi invece la tutela del lavoro e degli affari. 

Su questo punto occorre intenderci: ogni possibile sostegno economico a chi non riesce più a produrre e a vendere, beni e servizi, a chi non sa a chi lasciare i figli a casa da scuola. Ma non si può proprio applicare il “ma anche”: non a spese della sanità, non interferendo con il massimo dell’azione per stoppare il virus e curare gli ammalati. Come ha detto Luca Ricolfi,

se invece ci intestardiamo a far ripartire l’economia subito, e questo – come è elementare prevedere — anziché frenare il virus aiuta la sua circolazione, potrebbe essere la catastrofe.

Che a quel punto si misura sul numero dei morti.

È impressionante leggere, nel Rapporto del GPMB (Global Preparedness Monitoring Board) sopra citato, pubblicato tre mesi prima dell’allarme coronavirus in Cina, che quegli esperti ipotizzavano “una minaccia reale di una pandemia di un agente patogeno respiratorio altamente letale”. Ci sono gli esperti che prevedono (questo ed altro) con straordinaria precisione, e poi ci sono quelli di noi – rappresentanti e rappresentati – che con beata incoscienza se ne fregano.

#Treviso che cosa non è chiaro a questi ragazzi che si assembrano come se non ci fosse un domani per l’aperitivo? Dove sono le forze dell’ordine? Il senso civico non esiste?” 7-3-2020 [Valeria Fresco @Lalla 3055]
Nell’immagine d’apertura “Treviso… ai tempi del coronavirus!” [Massimo De Nardi @denardimax]

#Coronavirus. State a casa, accidenti! ultima modifica: 2020-03-09T17:26:18+01:00 da ADRIANA VIGNERI
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