Coronavirus. E la sanità privata, che fa?

Un settore ospedaliero che ha avuto un grande sviluppo negli ultimi anni, anche a scapito del pubblico, resta complessivamente fuori dall’emergenza virale. Perché?
YTALI
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Il numero di posti letto in terapia intensiva, pubblici e privati, in Lombardia, equivale, se si esclude la Campania, a tutto il meridione da Roma in giù… c’è stata una deseritificazione ospedaliera.

Così Carlo Palermo, segretario Anaao-Assomed, in un’intervista a Nazione-Carlino-Giorno, dal titolo “Sanità falcidiata, serve l’aiuto dei privati”. In realtà, nel pur interessante colloquio abbondano i dati che parlano di un sistema sanitario prossimo al collasso, in particolare nel Sud. Peccato però non ci sia traccia nel testo dell’intervista di come e quando possa esserci “l’aiuto dei privati”. E già, se così stanno le cose, se il sistema sanitario nazionale non ce la fa più, che s’aspetta a coinvolgere, anche d’autorità, il settore sanitario privato come auspica il dottor Palermo?

Il privato è un comparto di tutto rispetto. Come dimensioni e giro d’affari. E con ruolo ormai sempre più forte. Cresciuto con il ridursi della sanità pubblica.

Ecco come lo descrive il Sole 24 Ore in un articolo di Barbara Gobbi, lo scorso 27 novembre.

Un totale di 315 strutture (sulle 518 associate), per sessantamila posti letto dei quali 52mila accreditati con il Ssn. Circa settantamila addetti (in crescita del 7,6 per cento negli ultimi cinque anni) – di cui il settanta per cento donne – tra dodicimila medici, 26mila infermieri e tecnici e 32mila operatori di supporto. Un milione gli assistiti per circa otto milioni di giornate di degenza, pari al 28,4 per cento delle giornate totali di ricovero e al 26,5 per cento delle prestazioni Ssn a fronte di una spesa che è il 13,5 per cento di quella sanitaria italiana. Questi i numeri principali del primo bilancio sociale dell’Aiop, l’Associazione Ospedalità Privata.

Secondo questo identikit tracciato dal primo Bilancio sociale aggregato di Aiop – realizzato da Carlo Luison di BDO Italia sulle 315 strutture per lo più di grandi dimensioni che hanno aderito all’iniziativa – il valore della produzione di tutti gli associati al 2017 sfiorava gli otto miliardi (7,9 miliardi, per la precisione) – di cui il 96 per cento sono ricavi da prestazioni tariffate del Servizio sanitario nazionale. Mentre 3,54 miliardi è il valore aggiunto distribuito, per il 68 per cento destinato al personale. E ancora: un indotto diretto che è pari al 56 per cento del valore della produzione (4,4 miliardi di euro) distribuito tra circa 67mila fornitori di beni e servizi, mentre se si considera che mille euro stanziati per la sanità si traducono in 1.570 euro immessi nel sistema, l’indotto indiretto economico complessivo arriva a 6,83 miliardi di euro tra attività alberghiera connessa al turismo sanitario, trasporti e altro. Infine, iniziative di sostenibilità energetica nel 61 per cento delle strutture.

La sanità privata è più o meno presente nelle varie regioni ed è sostanzialmente interessata a erogare prestazioni ad alto costo e riabilitative al contrario del pubblico tenuto a erogare tutto. Le strutture private sono dotate di piccole unità rianimatorie post-chirurgiche e orientate a erogare prestazioni programmate. Il personale medico è spesso cottimista. Da un ventennio i vari governi hanno perseguito una logica che smontava il pubblico per favorire il privato, che oggi costa allo Stato circa un terzo del budget complessivo della Sanità, cui si deve aggiungere il cash dei singoli cittadini che si pagano prestazioni private, o direttamente o tramite assicurazioni.

Nelle diverse Regioni sono più o meno presenti, ma ovunque in ottimo rapporto con le amministrazioni regionali che controllano i cordoni della borsa.

Se e quando la curva dell’epidemia sembrerà cominciare a essere più favorevole comparirà il privato per spartire la torta di sette miliardi. Già la gara di cinquemila letti per rianimazione è un’opaca spartizione delle vesti. “Segui i soldi…”, diceva Falcone.

Sarebbe necessario un intervento di precettazione dello Stato. Ma chi lo fa? Si legge di piccole donazioni, modesti coinvolgimenti ma niente di più. Eppure l’aiuto potrebbe essere decisivo, ad esempio oggi in Lombardia ed Emilia dove operano strutture organizzativamente all’avanguardia.

[virgolettati da un colloquio con un insider della sanità di un’importante regione meridionale]

Coronavirus. E la sanità privata, che fa? ultima modifica: 2020-03-10T20:33:05+01:00 da YTALI
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