Per chi starà sempre a casa. Tutti ci staremo. Per chi da casa potrà anche lavorare, ma non ci metterà l’intera giornata. Per chi ad un certo punto è stanco di leggere. Per tutti arriva il momento in cui vien voglia di muoversi, di fare qualcosa, di usare le mani. Il giardinaggio sì, magari, ma non tutti hanno un giardino, o almeno un terrazzo, e poi non si sa se andare a comperare piantine e girare per i vivai è tra le cose consentite o tra quelle vietate.
Tutti invece hanno una cucina, e fare acquisti alimentari è senza dubbio consentito. E nessuno verrà a censurare se state acquistando il pane quotidiano o una crema di tartufi.
Perché non dedicarsi allora a quell’attività piacevolmente creativa ed altamente seduttiva che è la cucina?
Per passare al meglio questo periodo di ritiro casalingo vogliamo qui soltanto darvi qualche idea, raccontarvi qualche esperienza, cominciando ad esempio da vecchie e povere ricette, da vecchie storie, ma senza limiti di tipo, luogo ed epoca. La globalizzazione c’è anche in cucina.
Abbiamo un debole per una vecchia ricetta proletaria che viene dalla Toscana, e sarà quindi la prima che vi raccontiamo.

IL PEPOSO TOSCANO
La minuscola pubblicazione (anni Sessanta) su cui avevamo messo le mani attribuiva la paternità della ricetta ai cavatori di marmo delle Alpi Apuane [nella foto d’apertura]: gli operai, al mattino, mettevano gli ingredienti in una pentola di coccio, tutti assieme, sul fuoco. Non c’era bisogno di particolari controlli. Alla fine del turno di lavoro il pranzo era pronto.
Negli attuali libri di cucina toscana la si fa risalire ai Fornacini dell’Impruneta: anche questi preparavano il contenuto della pentola e la mettevano a cuocere alla bocca del forno dove si preparavano mattoni, tegole, orci.
La ricetta è di una tale semplicità ed essenzialità che, per quante volte la si sia fatta e rifatta, sempre con grande soddisfazione, non ci è mai venuto voglia di aggiungere o cambiare qualcosa.
Questa è la ricetta: in una pentola capace mettete della carne di manzo tagliata a cubi della grandezza di un mandarino; aggiungete pomodoro, privato della pelle, in quantità almeno uguale o di più, della carne. Una manciata di sale grosso e una di grani di pepe nero. Tanti spicchi d’aglio quanti ne sono contenuti in una testa. Promettiamo che nessun commensale soffrirà poi di alitosi! Coprite tutto di acqua e mettete al fuoco, non molto alto. Lasciate bollire adagio, a pentola coperta, per almeno tre ore. Dopo di che aggiungete un bicchiere di vino rosso.
A piacer vostro fatelo asciugare più o meno: in tal modo lo potete proporre come zuppa densa sopra una fetta di pane tostato (e agliato); o come piatto centrale di un pranzo. Una preghiera: difendetelo da chi vi dirà: “buono questo spezzatino”. Non è uno spezzatino, che ha altre cotture. È un piatto originale. Nato perché l’esigenza era sempre una: trovare il pranzo pronto alla fine del turno.
Come taglio di carne consigliamo lo stinco di manzo: è discretamente magro ma contiene molto connettivo che darà morbidezza alla carne. Il grasso della carne poi qui è fondamentale: è l’unico condimento che c’è. Se la carne ne ha un po’, non toglietelo.
Unico difetto della ricetta: vi porterà via poco tempo. Ve ne resterà ancora per leggere i giornali, a cominciare da ytali.

#ricetteanticrisi
è illustrata dall’artista Olimpia Biasi


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2 commenti
Piatto ricco…mi ci ficco! Complimenti per la gustosa proposta culinaria, da veri buongustai!
ottimo (ottenuto il bis) ha il gusto dell’essenziale , poco tempo e tanta fame, come era per questi qui che tiravano la lizza nelle Apuane https://www.youtube.com/watch?v=wdycgr4AsXQ