L’UEFA si sveglia, in zona Cesarini

Non si gioca più. Sospesi i campionati, sospese le coppe, tutto rinviato sine die. Manca un solo passo, quello più importante: rinviare gli Europei.
ROBERTO BERTONI BERNARDI
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In maniera tardiva e con mille affanni, dopo essere stata travolta dalla furia popolare per aver anteposto, ancora una volta, gli interessi economici alla salute dei cittadini, dei tifosi e degli atleti, l’UEFA ha deciso che, per il momento, basta così. Sono servite le quarantene imposte a club come Juve, Inter e Real Madrid per indurre i massimi dirigenti del calcio continentale a rendersi conto che scene come quelle cui abbiamo assistito mercoledì a Liverpool e a Parigi, con i sostenitori di Atletico Madrid e PSG che festeggiano tutti insieme come se niente fosse e Diego Costa (Atletico) e Kurzawa (PSG) che si rendono responsabili di azioni deplorevoli come tossire in faccia ai cronisti, il primo, e fare il capo ultrà tra la folla, il secondo, coprono il calcio di una vergogna che non merita. 

L’UEFA, non ce lo dimentichiamo, è la stessa organizzazione che nel 2004 decise di non sospendere le gare delle squadre spagnole il giorno degli attentati di Madrid, in nome dello slogan secondo cui lo spettacolo deve andare, sempre e comunque, avanti. Ma stavolta no, andare avanti non si può. E anche se per questi signori, per lo più, conta unicamente il business, quando hanno capito che stava mancando loro la terra sotto i piedi hanno deciso di fermare le macchine. 

Non si gioca più. Sospesi i campionati, sospese le coppe, tutto rinviato sine die o quasi a quando questo maledetto morbo sarà stato sconfitto o, quanto meno, adeguatamente contenuto. 

Manca un solo passo, quello più importante: rinviare gli Europei. Gli Europei, che quest’anno avrebbero dovuto celebrarsi in più nazioni per festeggiare degnamente il proprio sessantesimo anniversario, non si possono giocare. Non è solo questione di provare a salvare il salvabile, dunque la stagione, i campionati, le coppe e i rispettivi verdetti, ma anche etica e, ovviamente, economica.

Non c’è lo spirito adatto, non c’è la spensieratezza necessaria e i costi sarebbero altissimi. Paesi come il nostro, già provati da una recessione che si annuncia spaventosa e costretti a stanziare fior di miliardi che, naturalmente, andranno erogati a debito, tutto possono fare adesso fuorché mettersi a spendere altri soldi per garantire lo svolgimento di una kermesse che porta sì molto denaro, pertanto potrebbe anche ripagarsi in gran parte da sola, ma ne fa spendere quasi altrettanto: soldi che sarebbe bene, invece, destinare alle emergenze che stiamo affrontando in questi giorni e a tutte quelle che sorgeranno quando questa follia sarà finita. 

Tutto non si può fare, bisogna prenderne atto. Il Coronavirus equivale a una guerra e, durante i due conflitti mondiali, anche lo sport si è fermato. Fa male doverlo constatare ma bisogna fare i conti con la realtà e comportarsi di conseguenza. 

L’ideale, qualora l’emergenza dovesse perdurare, sarebbe non assegnare alcuno scudetto e decidere il da farsi per quanto concerne le qualificazioni alle coppe del prossimo anno e il non meno delicato capitolo legato a promozioni e retrocessioni. 

Per quanto concerne le coppe, se sarà possibile, portati a compimento gli ottavi di Champions, tutti gli scontri diretti siano disputati, anche in Europa League, a turno unico e in campo neutro (ossia in una nazione diversa rispetto a quella delle due squadre in lizza), per poi giocare le finali delle due competizioni dove sono state previste. 

Tornando agli Europei, godiamoceli l’anno prossimo, insieme a quelli femminili. Facciamo una scorpacciata di sport senza precedenti, un’orgia di felicità, di gioia, di poesia autentica. E che si tingano d’azzurro strade e piazze, di tricolori i balconi, che l’entusiasmo sia ovunque dilagante quando ce lo potremo nuovamente permettere. 

L’UEFA si sveglia, in zona Cesarini ultima modifica: 2020-03-14T16:48:47+01:00 da ROBERTO BERTONI BERNARDI
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