Biden, il ritorno alla normalità

La resurrezione politica dell’ex vicepresidente di Barack Obama avviene in un momento difficile. La crisi del coronavirus mette ancor più in risalto le differenze - di empatia umana e di competenze - tra il frontrunner democratico e Donald Trump.
MARCO MICHIELI
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Il caso ha voluto che il discorso che l’ex vice-presidente Joe Biden doveva tenere sulla crisi del coronavirus si svolgesse il giorno dopo il discorso di Donald Trump. Un contrasto molto evidente tra le due personalità che potrebbero sfidarsi a novembre. COVID-19 permettendolo. Un discorso “internazionale” quello di Biden, più da presidente degli Stati Uniti che da candidato:

Non risolveremo completamente il problema se non guardiamo al di là dei nostri confini e ci impegniamo assieme al resto del mondo. Dobbiamo affrontare dappertutto il coronavirus.

E ancora:

Minimizzare la situazione, dimostrarsi sprezzanti o diffondere disinformazione ci potrà soltanto danneggiare e aiuterà la diffusione della malattia. Nessun panico, nessuna forma di xenofobia.

Biden ha poi richiesto la reazione di una risposta nazionale coordinata e di seguire tutte le precauzioni che sono indicate dalle autorità ufficiali.

Joe Biden ha ottenuto il sostegno di due dei suoi ex sfidanti: Kamala Harris, senatrice della California (a sinistra) e Cory Booker, senatore del New Jersey (a destra).

Solo pochi giorni fa, Biden usciva vincitore dalle primarie in Idaho, Michigan, Mississippi, Missouri e Washington (Sanders ha vinto il caucus in North Dakota). Oggi il contesto è cambiato notevolmente. La Louisiana ha cancellato le primarie del 4 aprile, rinviandole a giugno. Ed è possibile che altri stati seguano lo stesso esempio. 

Inoltre di fronte alla scarsa performance televisiva di Trump, la calma e il “senso dello stato” di Biden hanno evidenziato, se ce n’era bisogno, il contrasto tra le due figure. Biden è un politico di professione. E forse oggi più di ieri, gli Stati Uniti hanno bisogno di un professionista della politica. A settantasette anni, l’ex vice di Obama ha passato gran parte della sua vita in Senato. E se fosse eletto presidente sarebbe la persona più anziana ad aver ricoperto questo ruolo.

Eppure quando fu eletto la prima volta come senatore del Delaware nel 1972 (lo rimarrà fino al 2009), aveva soltanto ventinove anni. Allora era la quinta persona più giovane mai eletta al Senato. Un’elezione avvenuta con pochi mezzi e contro un senatore – repubblicano – uscente, contro il quale nessun democratico voleva correre contro. Tranne Biden, figlio di una modesta famiglia cattolica irlandese di Scranton in Pennsylvania, trasferitasi in Delaware perché il padre non trovava lavoro.

Una campagna quella del 1972 che Biden gioca sul ritiro dal Vietnam, l’ambiente, i diritti civili, la salute. E ovviamente sul cambiamento. Il Biden di quest’epoca è considerato un liberal, anche se sul diritto all’aborto la sua fede cattolica lo spinge a posizioni più restrittive, che muteranno nel tempo. Come sui matrimoni omosessuali, ai quali si dichiara favorevole nel 2012: un cambiamento di posizione che porta qualche guaio a Obama, che sul tema preferisce glissare.

Joe Biden e Pete Buttigieg. L’ex sindaco di South Bend ha tentato di soffiare a Biden il ruolo di “candidato dei moderati”, prima del suo ritiro e del sostegno all’ex vice-presidente.

Accanto al giovane energico del ’72 ci sono poi una famiglia molto unita, che lo aiuta nella campagna, e la sua proverbiale empatia, caratteristica che anche gli avversari gli riconoscono (è nota l’amicizia che lo lega per molti anni a John McCain). Una vita purtroppo segnata dalle tragedie personali. Poche settimane dopo la vittoria, la macchina in cui si trovano la moglie e i suoi tre bambini viene travolta da un camion. La moglie e la figlia di tredici mesi muoiono prima di arrivare all’ospedale. I due figli, Beau (3 anni) e Hunter (2 anni), sono gravemente feriti ma si salvano.

Una vicenda che segna l’allora senatore:

I primi giorni, mi sono sentito intrappolato in un costante crepuscolo di vertigini, come nel sogno in cui stai improvvisamente cadendo … solo che cadevo senza sosta […] ho iniziato a capire come la disperazione portasse le persone a incassare il colpo; come il suicidio non fosse solo un’opzione ma un’opzione razionale. Ma guardavo Beau e Hunter addormentati e mi chiedevo quali nuovi orrori contenessero i loro sogni, e mi chiedevo chi avrebbe spiegato ai miei figli che anch’io me n’ero andato. E sapevo che non avevo altra scelta che combattere per rimanere in vita.

Biden inizialmente non vuole andare a Washington, non vuole prendere il suo posto in Senato. Il leader della maggioranza del suo partito gli concede sei mesi. Giura in ospedale, davanti al letto dei figli. Riprende il suo percorso politico, buttandosi a capofitto sul lavoro come senatore. Senza mai abbandonare Wilmington, la città della sua famiglia.

Percorre ogni giorno per trent’anni il tragitto via treno con direzione Washington (settantacinque minuti di viaggio) ed è la ragione del nomignolo – uno dei molti – che gli viene dato: Amtrak Joe. I ferrovieri diventano infatti parte del suo elettorato di riferimento, con barbecue organizzati nei fine settimana per i conducenti e il personale delle ferrovie americane (appunto Amtrak).

Biden si risposa nel 1977 con Jill, un’insegnante d’inglese, ancora oggi al suo fianco. Anche quando si tratta di difenderlo per le numerose gaffes per cui è noto o dagli assalti di chi protesta agli eventi pubblici (come ha fatto recentemente). 

In pochi anni Biden diventa una delle figure più rilevanti dei democratici in Senato, fino a ricoprire il ruolo di presidente della commissione affari giudiziari. È in questo ruolo che si trova a gestire dossier complicati come la conferma del giudice della Corte Suprema Clarence Thomas, accusato di molestie sessuali da Anita Hill.

Biden sarà successivamente molto criticato per la gestione della procedura, poiché si rifiuta di chiamare a testimoniare altre donne che accusavano Thomas. L’anno scorso, in tempi di #MeToo e della vicenda del giudici Brett Kavanaugh, accusato di molestie sessuali, Biden ha espresso il proprio rammarico per la gestione della vicenda del giudice Thomas.

Vota contro la guerra in Iraq nel 1991 di Bush Senior ma vota a favore di quella nel 2002 di Bush Junior, per poi pentirsi del voto, definendolo un errore. Nel frattempo è diventato una delle voci principali dei democratici sui temi della politica estera e presiede a più riprese la potente commissione senatoriale sugli affari esteri. E nella commissione che entra in contatto con il neo-senatore dell’Illinois Barack Obama, che si trova ad ascoltare i lunghissimi discorsi per cui Biden è noto (mentre ascoltava Biden, Obama all’epoca scrisse una nota ad un suo assistente “Uccidimi. Ora”).

Obama cambierà la vita di Biden. Tra i due non c’è una grande relazione inizialmente. Obama vede Biden come un vecchio arnese della politica, che fa a pugni con la retorica del “cambiamento”. Una retorica che lo stesso Biden aveva usato trent’anni prima. A Biden non piace l’ascesa di Obama e, in ogni caso, ha deciso di candidarsi per la seconda volta alle primarie per la scelta del candidato democratico. 

Joe Biden e Barack Obama hanno ancora oggi un rapporto molto stretto, grazie anche alle rispettive famiglie

Già nel 1988 Biden aveva tentato senza grande successo la nomination. Nel 2008 però spera di poter giocare una partita diversa. Che non sarà però così diversa. Scarseggiano i finanziamenti e rimane schiacciato tra i due big delle primarie del 2008, Obama e Hillary Clinton.

Sarà un periodo di innumerevoli gaffe per Biden, tra le quali il commento su Obama:

È il primo africano-americano che è articolato, brillante e pulito e un ragazzo di bell’aspetto, voglio dire, è come un libro di fiabe.

Nonostante tutto, Obama però ne apprezza le capacità e ha bisogno di qualcuno che rassicuri sull’impegno internazionale degli Stati Uniti e abbia un certo appeal con l’elettorato blue-collar. E propone a Biden la vice-presidenza. E quella che era iniziata come una relazione politica diventa in breve tempo una storia di amicizia profonda tra i due uomini e tra le due famiglie.

Biden diventa soprattutto un pezzo indispensabile per Obama. È grazie all’esperienza in Senato di Biden che Obama riesce a far passare gran parte della sua legislazione. E diventa, soprattutto dopo la rielezione nel 2012, la principale figura di riferimento della politica estera americana. Tanto che la sua popolarità cresce e nel 2015 coltiva l’idea di candidarsi alle primarie democratiche (un incubo per Hillary Clinton). All’epoca rappresentava per molti la voce “populista” dei democratici e quello che poteva difendere al meglio l’eredità di Obama. 

Ma la sua corsa non inizia nemmeno. Nello stesso anno infatti il figlio Beau muore a quarantasei anni per un tumore al cervello. Una sofferenza enorme per Biden la perdita di quel figlio che si era “miracolosamente” salvato nell’incidente mortale del 1972. Scriverà in Promise Me, Dad: A Year of Hope, Hardship, and Purpose:

Mi manca terribilmente, di già. Beau era in grado di scacciare tutte le mie paure. Quarant’anni fa assieme a suo fratello Hunter mi ha salvato la vita, dopo la morte di Neilia e di Naomi (la moglie e la figlia morte nell’incidente, ndr). E ora che cosa dovrei fare? Guardavo a Beau, come a Hunt, sin da quando era bambino, come fonte di fiducia e coraggio. ‘Andrà tutto bene, papà’, mi direbbe. ‘Non me ne vado’.

Per un po’ di tempo resta fuori dalla politica. Sostiene Hillary e fa campagna per lei. Dopo l’elezione di Trump la sua voce diventa una delle più critiche, un ruolo particolare per un vice-presidente. Per diverso tempo è considerato il candidato in pectore dei democratici, anche se età e vicende familiari (leggi Ucraina) sollevano anche molti dubbi.

L’elettorato africano-americano è la spina dorsale della campagna di Joe Biden

Quando lancia la sua candidatura, lo fa con un video in cui attacca la risposta di Donald Trump in difesa dei suprematisti bianchi che avevano provocato la morte di una ragazza a Charlottesville. Un video in cui Biden dice che è in corso una battaglia per salvare l’anima del paese poiché otto anni di Trump modificherebbero profondamente le politiche degli Stati Uniti, indebolendoli:

Dobbiamo ricordarci di chi siamo davvero

diventa il suo mantra.

Per lungo tempo Biden è il frontrunner nei sondaggi. Ma il campo dei contendenti democratico si allarga. Il fronte “moderato” – o meglio non vicino a Sanders – si frantuma in molte candidature e Biden annaspa. Le sue performance nei dibattiti sono deboli e sembra stanco. Non è il Biden degli ultimi anni della presidenza di Obama. Ha pochi soldi rispetto ai suoi competitor e le sue presenze televisive fanno dubitare a molti che possa essere il candidato in grado di battere Trump. Cede infine il posto a Sanders nei sondaggi.

Poi cominciano le primarie e i risultati non sono quelli aspettati. Qualcuno chiede il suo ritiro e più di qualcuno ne fa l’elogio funebre. Ma Biden punta tutto sul South Carolina. Lo stato ha una grande popolazione africano-americana e Biden è praticamente una rappresentazione di Obama. Tutti ne conoscono il nome e lo associano all’ex vice-presidente black. Sarà la sua fortuna. L’elettorato africano-americano gli consente di vincere con numeri eccezionali le primarie nello stato del Sud. E poi il ritiro dei vari candidati moderati, la paura di una vittoria di Sanders e il Super Martedì lo lanciano di nuovo in testa nei sondaggi e nel numero dei delegati. Una resurrezione.

E oggi la strada verso la nomination democratica sembrerebbe essere più semplice.

Biden, il ritorno alla normalità ultima modifica: 2020-03-15T13:04:44+01:00 da MARCO MICHIELI
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