Biden è l’anti-Trump, ed è tutto ciò che conta

Con i successi netti nelle ultime elezioni primarie, l'ex-vicepresidente consolida il suo status di frontrunner, obbligando il suo ultimo e principale rivale alla resa. Il punto di svolta nella sfida sono stati i due super martedì dei primi di marzo.
ESTERINO ALBANESE
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Con la netta vittoria in Florida, Illinois e Arizona, Joe Biden consolida la sua posizione di frontrunner nelle primarie democratiche e mette il suo ultimo e principale rivale, Bernie Sanders, nelle condizioni di ritirarsi dalla corsa. L’ex vicepresidente conquista la Florida con il 62 per cento contro il 23 di Bernie, l’Illinois con quasi il sessanta per cento contro il 36 di Sanders, e l’Arizona con il 43 per cento contro il 31 del rivale. In Ohio non s’è votato, essendo uno degli stati maggiormente colpiti dal coronavirus.
Grazie ai successi di martedì scorso, Biden conta 1.147 delegati, Sanders 861. Difficile il suo recupero: ci vogliono 1.991 delegati per essere sicuri di vincere, una rimonta impossibile per il senatore del Vermont. Gli occorrerebbe il sessanta per cento dei voti in tutte le restanti primarie.
Sanders non ha commentato i risultati delle elezioni di martedì. Ai suoi sostenitori ed elettori s’è rivolto Biden, in un discorso tv trasmesso dalla sua residenza in Delaware.
“Consentitemi di dire in particolare ai giovani elettori che sono stati ispirati dal senatore Sanders: vi ascolto. So cosa c’è in ballo. So cosa dobbiamo fare. L’obiettivo della nostra campagna e il mio obiettivo come candidato alla presidenza è unire questo partito e poi unire la nazione”.
L’articolo che segue racconta e analizza i due momenti cruciali della svolta nelle primarie che ha portato all’affermazione di Joe Biden.

English version

[WASHINGTON]

I due Super Martedì di marzo, in concomitanza con l’emergere del virus Covid-19 e con il suo impatto globale negativo su economie e mercati, hanno cambiato la dinamica politica negli Stati Uniti. I Super Martedì del 3 e del 10 marzo consacrano front runner  l’ex vicepresidente Joe Biden e il favorito nella corsa per la corona di nominee democratico. Perdere, d’ora in poi dipende da lui. Biden ha vinto dieci dei quindici stati in palio il 3 marzo e cinque su sei, tra cui Michigan e Washington, il 10 marzo. Biden ora ha 887 delegati, 156 in più di Sanders. Per vincere la nomination democratica occorrono1990.

L’inaspettata performance di Biden del 3 marzo ha spinto il suo più pericoloso rivale in campo moderato, l’ex sindaco e miliardario di New York, Michael Bloomberg, a porre fine alla sua corsa.

I due Super Martedì hanno drasticamente ristretto la strada di Sanders verso la nomination, tanto più che i recenti sondaggi consegnano a Biden un vantaggio molto sostanzioso nei quattro stati che voteranno il 24 marzo, Ohio, Illinois, Florida e Arizona. Intanto, a causa della diffusione del Covid-19, Louisiana e Georgia hanno rinviato le loro primarie a giugno. L’impatto del virus sulle primarie rimanenti è imprevedibile, ma un’epidemia potrebbe presumibilmente portare al rinvio della convention di luglio.

Un’alta affluenza alle urne, e l’inaspettata prova di forza di Biden, sono riflesso del forte sentimento anti-Trump tra i democratici di ogni età e fascia e del loro desiderio di scegliere un centrista attorno a cui convergere, un uomo di centro in grado di costruire una coalizione che includa tutti i principali segmenti dell’elettorato che si riconosce nel Partito democratico.

I Super Tuesday confermano, inoltre, che il nocciolo duro del partito è costituito da moderati pragmatici che apprezzano il compromesso e che considerano troopo radicale l’appello di Sanders per un cambiamento rivoluzionario, oltre che politicamente impossibile. Vogliono mandare a casa Trump a novembre, non vogliono una rivoluzione.

Ancora: i Super Tuesday suggeriscono che il rallentamento dell’economia e la cattiva gestione dell’epidemia di Covid-19 da parte di Donald J. Trump, mentre si sta diffondendo rapidamente negli Stati Uniti, stanno riducendo le sue prospettive di rielezione, specialmente se avrà di fronte un formidabile e popolare avversario democratico.

La Carolina del Sud e la sorpresa Biden

I risultati delle due elezioni primarie di marzo hanno sorpreso gli esperti, e forse perfino lo stesso Biden. Inaspettatamente ha fatto registrare un balzo in avanti rispetto al suo rivale progressista Sanders. Solo un mese fa, tutto lasciava pensare che sarebbe stato Sanders a vincere la nomination.

Nonostante la netta vittoria nella Carolina del Sud, lo scorso 29 febbraio, i sondaggi suggerivano che Biden sarebbe stato fortunato se avesse vinto nella metà degli Stati che votavano il 3 marzo. Ha poi vinto in dieci dei quindici stati. E ha ottenuto quasi 900.000 voti in più rispetto a Sanders.

Biden ha sorpreso dappertutto. In Virginia, dove, secondo i sondaggi alla vigilia del voto, i due contendenti sarebbero arrivati appaiati, Biden ha vinto per quasi trenta punti. Vittoria ancora più netta in Alabama e vittoria facile nella Carolina del Nord, che pure era considerata in bilico.

Ma ci sono state sorprese anche piu grosse: Biden ha vinto a mani basse in Texas, un grande stato con molti delegati che era considerato in bilico. E ha vinto in Massachusetts, feudo liberal, dove Elizabeth Warren giocava in casa ed è la porta accanto alla casa di Sanders, il Vermont. E seppur di poco Biden ha conquistato  anche il Maine, dove i sondaggi davano in testa Warren e Sanders.

Se Sanders ha vinto come previsto il premio più ambito, la California, il margine su Biden s’è rivelato più sottile del previsto. E nel Vermont, il suo figlio prediletto, Sanders, ha ottenuto solo il cinquanta per cento dei voti, molto meno di quanto fece nel 2016 contro Hillary Clinton.

Per capire il rovescio delle sorti tra Biden e Sanders, basta guardare alla Carolina del Sud. Ci si chiedeva, prima del voto, se i neri – il più forte e coeso dei settori elettorali del Partito democratico – avrebbero sostenuto Biden dopo le sue mediocri performance nei dibattiti della scorsa estate, e gli scarsi risultati nelle primarie in Iowa a gennaio e New Hampshire e Nevada a febbraio.

Alla vigilia delle primarie nella Carolina del Sud, Jim Clyburn, l’iconico parlamentare nero dello stato, ha dato il suo appoggio a Biden con un discorso elegante e appassionato. Il suo endorsement gli ha consegnato la Carolina del Sud e una robusta vittoria su Sanders e sui suoi contendenti moderati. Ha prodotto, per Biden, quello slancio necessario a una campagna fiacca, e conseguentemente un exploit di donazioni, spingendo i tre contendenti moderati – il sindaco di South Bend, Indiana, Pete Buttigieg, la senatrice Amy Klobuchar e il ricco uomo d’affari Tom Steyer – a por termine alle loro campagne prima delle importanti primarie del Super Martedì. A peggiorare le cose per Sanders, Buttigieg e Klobuchar hanno entrambi offerto il loro sostegno a Biden.

La Carolina del Sud ha anche prodotto una significativa mossa dietro le quinte.

Si presume che l’ex presidente Barack Obama sia a favore di Biden, pur rimanendo fermamente neutrale e tenendo per sé le sue preferenze personali. E fin qui è stato così.

Tuttavia, secondo nostre fonti private, Obama si è discretamente mosso per conto di Biden dopo le primarie nella Carolina del Sud. Obama ha chiamato Buttigieg, che aveva figurato molto male con l’elettorato nero da lasciar pensare che la sua corsa per la nomination era a rischio.

Senza fare il nome di Biden, secondo quanto riferito, Obama ha fatto presente al suo interlocutore che la sua capacità di far presa sull’elettorato africano americano si sarebbe ulteriormente ridotta nelle rimanenti primarie. Obama consiglia dunque a Buttigieg di usare il suo capitale politico ancora ampio per terminare la sua campagna prima del Super Martedì e, implicitamente, appoggiare il nuovo front runner, Joe Biden.

Buttigieg fa come detto e Biden gli replica rapidamente, dichiarando che l’ex sindaco di South Bent  avrebbe avuto un ruolo in una futura amministrazione di Biden.

Dopo il ritiro di  Buttigieg, fa altrettanto la senatrice Klobuchar. E anche lei dà un forte sostegno a Biden. Klobuchar aveva preso tempo per vedere se Buttigieg sarebbe rimasto in corsa fino a dopo il Super Martedì per decidere se abbandonare. Che entrambi si siano ritirati prima del Super Tuesday ha conferito a Biden un enorme impulso psicologico e politico, assicurandogli praticamente il grande balzo del 3 marzo. E questo, unito alla clamorosa dichiarazione d’appoggio del congressman  Clyburn, convince i democratici moderati indecisi e, in particolare, i neri a votare per  Biden il 3 marzo.

Poco dopo, l’ex sindaco di New York e miliardario Bloomberg pone fine alla sua candidatura, dichiarando il suo endorsement per  Biden e offrendogli il suo pieno sostegno politico e finanziario. Tutto questo lascia Biden di fronte a un solo serio contendente: Sanders.

Quando si entra nelle primarie del 10 marzo, Biden ha novanta delegati in più rispetto a Sanders. Il Michigan, che conta molti delegati, è il grande premio in palio quel giorno. Sanders vinse bene nello stato dei Grandi Laghi nel 2016. I sondaggi però danno Biden in ascesa. Era considerato, il grande stato industriale, come l’“ultima posizione” di Sanders per contrastare l’impennata di Biden.

Biden è andato anche meglio quel martedì, vincendo cinque delle sei elezioni primarie. E ha avuto successo nei due più importanti, il Michigan e lo stato progressista di Washington. Sanders era il favorito in entrambi prima del 3 marzo, anzi i sondaggi lo davano in notevole vantaggio nello stato di Washington una settimana prima.

Sanders aveva ridato slancio alla sua campagna elettorale nel 2016, in Michigan, mettendo alle corde Clinton, ma non è riuscito a ripetere l’impresa quest’anno. Peraltro l’affluenza alle urne in Michigan smentisce la pretesa di Sanders, secondo cui il suo messaggio e la sua energia avrebbero prodotto una maggiore partecipazione degli elettori. In effetti, la partecipazione è aumentata del 31 per cento, ma gli exit poll dicono che la maggior parte di quei voti è andata a Biden.

Biden ha vinto facilmente anche in Mississippi, ottenendo più dell’ottanta per cento del voto, un voto principalmente nero, in Idaho e Missouri, dove i neri si sono recati uin gran numero a votare, per lui. Sanders ha ottenuto una sola vittoria, nel Nord Dakota, con appena quattordici delegati.

(Nelle primarie democratiche, i delegati sono assegnati, su base proporzionale, ai candidati che superano la soglia del quindici per cento. Inoltre, il candidato vincente ottiene in ciascun distretto elettorale un altro delegato. I repubblicani usano il primo passato per assegnare i delegati. Il che aiuta anche a spiegare perché Donald Trump ottenne la nomination nel 2016 nonostante avesse conseguito poco  più di un terzo dei voti espressi nelle primarie del Grand Old Party).

Punti salienti

I due Super Tuesday hanno messo in evidenza la profondità e l’ampiezza del sentimento anti-Trump tra i democratici. Gli exit poll dicono che molti elettori votano principalmente contro Trump, non a favore di Biden o di Sanders. Quest’ultimo risente del fatto che molti elettori progressisti e liberal, alla fine, scelgono per chi votare sulla base dell’eleggibilità (il cosiddetto voto utile). Il che favorisce Biden.

L’affluenza è cresciuta dappertutto e Biden è andato bene con quasi tutti i gruppi etnici e demografici. In Virginia, ad esempio, s’è registrato un incremento dell’affluenza del cinquanta per cento in più rispetto al 2008. In Texas è aumentata del 49 per cento. E ovunque ci sono state vistose impennate della partecipazione ai seggi da parte di elettori della classe media che vive nei sobborghi.

E di quest’affluenza ha tratto beneficio principalmente Biden. In evidente contrasto con le affermazioni di Sanders secondo le quali avrebbe portato lui al voto più elettori di giovani e minoranze. Ciò non è accaduto: l’affluenza dei giovani elettori è stata inferiore rispetto al 2016 quasi ovunque, compreso il Vermont, la casa di Sanders. Il voto dei giovani è diminuito del 18 per cento nel New Hampshire, del nove per cento nella Carolina del Nord e del venti per cento in Texas. Ma Biden ha anche prosciugato il bacino di Sanders, gli elettori oltre i 45 anni di 36 punti, anche superando facilmente il vantaggio di Sanders tra gli elettori di età inferiore ai 29 anni, la cui partecipazione ha rappresentato solo il sedici per cento di coloro sono andati ai seggi.

Dagli elettori neri è venuto dunque un grande appoggio per  Biden, come dalle donne. Solo gli ispanici sono per Sanders.

Il Super Tuesday ha anche smontato certe affermazioni secondo cui il baricentro del Partito democratico si era spostato molto a sinistra. Se esso in effetti s’era spostato a sinistra – come dimostra il favore per l’opzione pubblica nell’assistenza sanitaria condiviso anche da moderati come Biden, Buttigieg e Klobuchar – ma non così a sinistra da assumere la posizione di Sanders per l’eliminazione dell’assicurazione sanitaria privata con la creazione di un sistema d’assistenza sanitaria nazionale per tutti, oltre all’istruzione universitaria gratuita e alle frontiere aperte.

I sondaggi condotti tra i democratici hanno più volte dimostrato che circa il settanta per cento è a favore di posizioni moderate su questioni chiave quali l’assistenza sanitaria e la riforma dell’immigrazione, il controllo delle armi e l’aborto. 

La sua vigorosa campagna e il suo approccio coerente non sono bastati perché Sanders riuscisse a spostare l’asse abbastanza a sinistra riuscendo anche a ottenere il sostegno dei moderati.

I risultati delle primarie di marzo non sono una buona notizia per Trump. E dal 2018 che Trump considera Biden la più grande minaccia alla sua rielezione. Le vittorie di marzo di Biden non possono che far crescere quella preoccupazione, che aveva indotto Trump al maldestro tentativo lo sfortunato di costringere il presidente ucraino Zelensky ad aprire un’indagine sulle presunte attività corrotte del figlio di Biden in Ucraina quando Biden era vicepresidente. Ora c’è da aspettarci che i repubblicani al Senato indaghino sul figlio di Biden, Hunter.

L’esperienza di Biden, soprattutto nel campo della politica estera; la sua reputazione di unificatore che nei suoi quarant’anni di politica nazionale ha lavorato efficacemente per forgiare compromessi con i repubblicani e la sua vicinanza con l’ex presidente Barack Obama rendono Biden un formidabile avversario. Ma il suo più grande richiamo deriva probabilmente dai suoi valori: il semplice messaggio della sua campagna elettorale è un appello al ritorno della “decenza”.

Queste qualità si stagliano in netto contrasto con il comportamento brutale di Trump e il suo quotidiano rapporto frivolo con la verità. Dopo tre anni di tutto questo, la maggior parte degli americani non vede l’ora di un ritorno alla normalità, alla verità e alla decenza. L’esibita ignoranza, arroganza e incompetenza, la sua mancanza di empatia unita al suo totale fallimento nel gestire la crisi di Covid-19 sono andate aumentando alimentando sempre più il desiderio di cambiamento nella maggior parte degli americani e un ritorno alla normalità.

Cosa significa il Super Tuesday?

Biden non è il candidato perfetto per i democratici. Di Biden, ai democratici, dall’establishment fino ai comuni elettori, preoccupa l’età (77), l’acume mentale e la salute. Sarà in grado di comprendere le durezze di una lunga campagna e gli attacchi brutali sul piano personale che gli sferrerà Trump?

Ma Biden, con la sua decenza personale, il suo non darsi arie, la sua esperienza, il rispetto per i fatti e lo stato di diritto è più che un semplice politico democratico. Biden come individuo è l’anti-Trump, ed è tutto ciò che conta per coloro che hanno votato per lui il 3 e il 10 marzo. Votando per Biden, e non per Sanders, i democratici hanno votato principalmente contro Trump. Come ha dichiarato il congressman Clyburn, vogliamo un ritorno ai valori.



Biden è l’anti-Trump, ed è tutto ciò che conta ultima modifica: 2020-03-18T19:43:13+01:00 da ESTERINO ALBANESE
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