Da qualche giorno, passo le mie serate di reclusione antivirus con Brigitte Bardot. Posseggo tutti i suoi film rintracciabili in dvd e ho deciso di proiettarmeli in una retrospettiva personalizzata. Molti di questi film non sono certo dei capolavori, ma la presenza di BB li rende imperdibili. Ne consiglio la visione. Cercateli su internet o su Amazon, ce n’è qualcuno su Youtube.

Se Greta Garbo, mito svedese della celluloide, decise di abbandonare il cinema nel 1941 all’età di trentasei anni, l’annuncio del ritiro di Bardot arrivò nel 1974, quando stava per compiere quarant’anni. Le motivazioni della repentina decisione è stata lei stessa a raccontarle nell’autobiografia (Mi chiamano B. B., Bompiani, 1996):
Sentii improvvisamente di non poterne più di quel mondo di false apparenze che mi imprigionava allontanandomi dai valori autentici della vita… Avevo solo una vita, e doveva essere a mia immagine…
Non ci sarebbero stati ripensamenti, se non per qualche apparizione televisiva come cantante con l’ausilio di Serge Gainsbourg, tra i geniacci della musica francese. Tutte le sue energie confluirono nella Fondazione animalista che reca il suo nome.

L’immagine pubblica di Brigitte Bardot è legata inizialmente alla protagonista di E Dio creò la donna (1956), regia di Roger Vadim, primo marito di Brigitte. Nel film, Juliette/Bardot è una senza famiglia, dilaniata dalla necessità dell’amore e dall’attenzione che le riservano gli uomini. Si veste con una comoda tunica o con gli inseparabili blue-jeans. Cammina a piedi scalzi, si sente attratta e respinta da coloro che vogliono possederla. Non ha sensi di colpa, non ha inibizioni. È bellissima, non sa di esserlo. BB è alle prese con un giovanissimo Jean-Louis Trintignant (alle fine delle riprese, Bardot abbandonò Vadim per Trintignant e decise di acquistare la villa La Madrague a Saint-Tropez, location della pellicola dove vive tuttora),
In seguito, sarebbero arrivati film dove appare il ritratto della libertà assoluta. È enigmatica e imprendibile, come nell’episodio di cui è protagonista con Alain Delon nel film Tre passi nel delirio (1967) di Louis Malle. O luciferina, come in La ragazza del peccato (1958), regia di Claude Autant-Lara, con la grande interpretazione di Jean Gabin. Un piacere visivo rivederli entrambi. Segnalo anche Shalako (1968) con Sean Connery, Viva Maria (1965) con Jeanne Moreau, e Le Pistolere (1972) con Claudia Cardinale. Quasi inguardabile invece il suo ultimo film Colinotte l’alza sottane (1973), che rivedrò solo per completezza.

Sull’immagine di Brigitte si sono caricati i bisogni di modernizzazione degli anni Cinquanta che si sarebbero concretizzati con la rottura del costume bacchettone e moralista provocata dal movimento del 1968. Due film d’autore che ho rivisto mi sono molto piaciuti: Vita privata (1961) di Louis Malle con Marcello Mastroianni, dove Brigitte interpreta le gesta sfortunate di un’attrice vittima del successo, e Il disprezzo (1963), regia di Jean-Luc Godard, con Michel Piccoli, ambientato a Capri nella villa dello scrittore Curzio Malaparte e tratto da un racconto di Alberto Moravia.

Tutte le coetanee di BB dell’epoca iniziarono a vestirsi, pettinarsi e truccarsi come lei, usando i jeans come abito da sera. E la femminilità liberata della Bardot avrebbe aperto la strada ad altri personaggi moderni e contemporanei della cinematografia francese: Jeanne Moreau, Jane Birkin, Isabelle Adjani, Fanny Ardant, Emmanuelle Béart, Juliette Binoche. Tutte queste attrici sono un po’ sorelle o figlie della Bardot.
Fa perciò una certa impressione che Madame liberté, come è stata ribattezzata BB dai suoi connazionali negli anni Sessanta, sia una convinta sostenitrice del partito di Marine Le Pen. L’ammirazione per BB e per il ruolo che ricopre nell’immaginario collettivo prevale sulle stupidaggini che dice quando parla di politica come signora Brigitte Anne-Marie Bardot residente a Saint-Tropez.

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