Pasqua. È la data che Donald Trump ha individuato per porre fine alla situazione di emergenza nel paese. Nessuna ragione medica. Nessun dato a sostegno. “Non sarebbe bello avere le chiese piene di gente per quel giorno? Sarebbe bellissimo” ha dichiarato nel quotidiano press briefing dalla Casa Bianca. “Let Trump, be Trump” dicevano nel passato accoliti e staff del presidente. Ma in questi ultimi giorni, più che mai, molti si rendono conto di quanto il paese manchi di leadership seria e di competenza.
Come se non bastasse la dose quotidiana del Trump-show a ricordarlo, ci pensano due figure che in queste settimane emergono dalla crisi del Covid-19. Un medico e un politico. Anthony Tony Fauci e Andrew Cuomo. Due Italian-American. Il primo è un immunologo, che s’è occupato di Aids e di altre immunodeficienze, ed è a capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases da più di trent’anni. Il secondo è il governatore dello stato di New York dal 2011 ed è il figlio del rimpianto politico democratico Mario Cuomo.

I due hanno personalità e ruoli diversi. Fauci come membro della task force di Donald Trump sul Covid-19 deve essere ogni giorno accanto al presidente e rispondere delle dichiarazioni molto spesso infondate che The Donald pronuncia. Ogni volta il medico richiama tutti – e particolarmente uno – a rispettare i dati raccolti e a non lasciarsi andare ad affermazioni che possano generare false speranze tra i cittadini. Cuomo è il governatore dello stato più colpito dal coronavirus e uno delle voci più reattive alla pandemia.
Fauci non è un politico. Con i suoi modi gentili e posati ogni giorno cerca di correggere quel che dice Trump senza minacciarne l’autorità. Nel rispetto dei ruoli che i due hanno. Anche se è un ruolo non privo di rischi come ha dichiarato al New York Times:
Sono come in equilibrio sul bordo di un burrone. Dico al presidente quello che non vuole sentire. E dichiaro pubblicamente delle cose diverse da quelle che lui afferma. […] Non voglio metterlo in imbarazzo, né giocare duramente. Voglio solo dare dei dati, dei fatti.
Così quando Trump a inizio marzo ha dichiarato che un vaccino sarebbe stato disponibile in tre o quattro mesi, Fauci è intervenuto dicendo che non si avrà il vaccino, visto che si sono appena cominciati i test. “Come le ho detto signor presidente, ci vorrà un anno e mezzo per il vaccino” ha detto il medico davanti alle telecamere.
Una relazione pubblica, quella tra i due, che va in scena ogni sera. Si ascolta Trump per vedere che cosa dirà di assolutamente improbabile o le bugie che potrebbe raccontare. E poi s’attende Fauci che riporta il paese alla dura realtà.
È l’uomo di scienza che ricopre un ruolo pubblico. Sa che il suo dovere è fornire spiegazioni basati sui fatti. Ma rispetta l’autorità politica, per quanto questa sia oggi un disastro sotto molti aspetti. Non spetta a Fauci condurre l’opposizione al presidente. Questo medico però ci ricorda che c’è qualcos’altro al di là del dilettantismo e dell’incompetenza di cui Trump e suoi emuli ci hanno dato prova in questi anni. È il senso dello stato.
Molti analisti si chiedono quanto Fauci potrà rimanere al suo posto. Qualche problema dietro le quinte c’è, da quel che il medico ha dichiarato:
Quando bisogna trattare con la Casa Bianca, qualche volta bisogna dire le cose una volta, due volte, tre volte, quattro volte prima che ti ascoltino. Ma io continuo ad insistere,
perché
Non voglio metterlo in imbarazzo, non voglio essere il tipo tosto che si oppone al presidente. Voglio soltanto che si raccontino i fatti. E invece di dirgli “Stai sbagliando”, tutto quello che devo fare è continuare a parlargli di dati e di prove.
Una prova non semplice da affrontare. Trump è il presidente degli “alternative facts”. Ogni giorno ne dà ampia prova nei suoi briefing. Soprattutto non smette di far campagna elettorale anche in tempo di emergenza. E ogni momento è buono per attaccare i media o lasciarsi andare alla sue tirate xenofobiche e anti-immigrazione.
Immigrazione di cui Fauci rappresenta un prodotto. I nonni del medico erano di Sciacca e di Napoli (il nonno materno era svizzero) arrivati negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. Come milioni di italiani. Figlio di una farmacista, questo settantanovenne è considerato un vero e proprio “patrimonio nazionale”. Fu uno dei primi negli Stati Uniti a occuparsi di Aids e l’uomo gode di una aura di assoluto prestigio, che l’ha portato nel 2008 a ottenere la Presidential Medal of Freedom, la massima decorazione civile negli Stati Uniti.
Se Fauci rappresenta al meglio la competenza e il senso dello stato, assenti nella massima autorità del paese, Cuomo rappresenta in queste ore – davvero disperate per New York – l’esempio di una vera e propria leadership.
Cuomo sta dimostrando nei toni e nei comportamenti una trasparenza totale. A differenza dell’inquilino della Casa Bianca non ha mai minimizzato la minaccia. Ha continuato a ripetere che l’arma migliore contro il panico è la verità. E nei sui incontri quotidiani con la stampa per fornire aggiornamenti sulla situazione, racconta la tragica situazione in cui versa il suo stato e la città di New York.
Non attacca i suoi avversari politici, non attacca il presidente, anche quando il presidente lo prende di mira con i suoi tweet. Cuomo parla direttamente ai suoi concittadini. Cerca di rassicurarli senza mentire o imbonire la pillola. Richiama tutti alla solidarietà e al rispetto reciproco.
Il contrasto è ancora più forte non solo perché c’è Donald Trump. Cuomo risalta rispetto agli altri amministratori repubblicani che in molte parti stanno minimizzando il problema, sulla scia di The Donald. Dalla Florida alla Virginia, passando per il Texas del vice-governatore Dan Patrick, secondo il quale i nonni americani dovrebbero sacrificarsi per salvare l’economia delle generazioni più giovani. Una più macabra conclusione del “torniamo tutti a lavorare al più presto” ripetuto da Trump e dai suoi.
Dichiarazioni a cui Cuomo ha risposto:
Non sacrificheremo l’uno o il due per cento degli abitanti dello stato di New York. Mia madre non è “spendibile”. Vostra madre non è “spendibile”. Non metteremo delle cifre davanti alla vita umana. Possiamo avere una strategia pubblica per affrontare questa crisi che vada di comune passo con una strategia economica. Nessuno dovrebbe parlare di darwinismo sociale per salvare il mercato azionario.
La situazione a New York nel frattempo è disastrosa. Il contagio si sta diffondendo più rapidamente di quanto ci si aspettasse. Il governo federale ha inviato quattrocento ventilatori. Cuomo ha reagito molto duramente ed è diventato al voce degli stati che richiedono un maggiore intervento federale, che al momento è lento inefficiente e inadeguato:
Volete che vi dia una pacca sulla schiena per averli inviati? Che me ne faccio di quattrocento ventilatori quando ne ho bisogno di trentamila. Scegliete voi quali sono le ventiseimila persone che devono morire perché voi avete inviato soltanto quattrocento ventilatori.

È una rivincita politica quella di Cuomo che nel tempo si è fatto molti nemici nel suo stesso partito, soprattutto con l’ala sinistra. Lui che viene da una famiglia liberal per eccellenza – il padre Mario è stato governatore della Stato per undici anni e voce molto importante del Partito democratico -, era stato sfidato alle primarie del 2018 da sinistra da Cynthia Nixon, l’ex attrice della celeberrima serie televisiva Sex and the City. Oggi Cuomo è invece stato uno dei primi a sospendere il pagamento dei mutui e i pignoramenti e ha aumentato le capacità del sistema sanitario statale per far fronte all’emergenza.
“Una lezione di leadership” l’ha definita il candidato alle primarie democratiche Joe Biden.

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