Inevitabilmente Draghi

Domando sommessamente se, riconoscendo lo sforzo gigantesco compiuto dal governo, una volta che si possa ragionare con saggezza sul futuro, non sia interesse di tutti, anche di chi ha retto la barra finora, realizzare le condizioni per un cambio di passo.
CARMINE FOTIA
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Siamo in una situazione mai verificatasi dal dopoguerra a oggi. Il paese è smarrito, ognuno di noi, nel suo isolamento necessario, s’interroga su quale sarà il nostro futuro. Quindi sono da comprendere le incertezze, gli errori, i ritardi. Che ci sono stati da ogni parte. Non è solo un problema di comunicazione: nella condizione in cui siamo costretti, impediti di incontrarci fisicamente, di uscire, la comunicazione è tutto quel che ci resta per tenere insieme la rete delle relazioni sociali. Se la comunicazione istituzionale (parole, gesti, espressioni, scena) veicola smarrimento e angoscia rischiamo di finire nel loop di una vita solo virtuale che impari a fare a meno della “sporca” materialità dei contatti umani e la distopia diventa realtà. Il presidente del consiglio ha comunicato male quando gli è stata consigliata quell’apparizione notturna su Facebook, quando il nuovo decreto non era ancora scritto, che è stata un moltiplicatore di ansia e di tensione, adatta più a un reality show che a un ruolo istituzionale. 

I leader dell’opposizione non sono stati da meno: all’inizio hanno chiesto di tenere tutto aperto, poi di chiudere tutto. Dobbiamo tuttavia concedere a tutti la buona fede (non però a quei commentatori che sono passati dal “è solo un’influenza e tutto questo allarme è un grande stronzata” a “siamo in emergenza e chiunque critichi il premier o il governo è un disfattista” senza minimamente fare autocritica) e possono essere corretti ascoltando gli scienziati, le istituzioni più alte, le opposizioni, le parti sociali. In questo momento la linea scelta dall’Italia è sostanzialmente giusta e deve essere sostenuta da tutti.

La recessione da coronavirus sarà la più grande di sempre e se l’Europa non s’attrezza ad affrontarla con mezzi straordinari sarà finita e l’Italia precipiterà nel baratro. 

Ha detto Mario Draghi che occorreranno comuni misure shock per l’economia, proprio per salvare la sostanza del modello europeo e impedire che dalla crisi i paesi più fragili, e tra questi l’Italia, escano con le ossa frantumate. Nel mondo ci sono milioni di disoccupati da coronavirus, imprese che non sanno se riapriranno, servizi sanitari sull’orlo del collasso. Le previsioni economiche mondiali sono disastrose. Draghi non è un algido tecnocrate: è un riformista il cui maestro è stato Federico Caffè, uno dei più grandi e geniali economisti italiani, un liberal socialista keynesiano, una guida etica, non solo economica. Per questo le sue preoccupazioni non sono principalmente economiche: “La pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche”. 

Fino ad ora alcune bombe sociali non sono esplose ma le micce sono accese: le carceri, dove l’ottuso e inumano giustizialismo di M5S e Lega impedisce misure di alleggerimento dell’affollamento, come invece stanno facendo negli Usa, e che rischiano di diventare lazzaretti, luoghi di infezione e di morte: le recenti rivolte sono solo un’avvisaglia di quel che può accadere se non cambieranno rapidamente le cose. Le campagne, dove sta arrivando la stagione estiva e, poiché gli stagionali regolari non verranno, occorrerà fare ricorso agli immigrati irregolari le cui condizioni di vita sono incompatibili con la pandemia, oppure lasciare marcire i prodotti della terra e mettere così in crisi la filiera agroalimentare, come afferma la ministra Teresa Bellanova. 

Dobbiamo attendere una nuova rivolta nelle carceri, una carestia, una nuova Rosarno, per intervenire su questi drammatici problemi? 

Sembra riecheggiare simili preoccupazioni l’appello per una qualche forma di solidarietà nazionale lanciato da Goffredo Bettini sull’Huffington Post, qualche giorno fa. Il consigliere-stratega di Zingaretti in questo momento di smarrimento è molto ascoltato:

A lungo andare la pazienza dimostrata fin qui dal nostro popolo si può trasformare in rabbia e frustrazione. Ogni conflitto inutile, ogni smagliatura, ogni deresponsabilizzazione può diventare letale,

ha scritto.

L’appello all’unità non mi pare sia stato ripreso per nulla dal presidente del consiglio nel suoi recenti interventi alle camere, limitandosi egli a un generico appello alla collaborazione. Rivendicare il ruolo preminente del governo è comprensibile, ma anche superfluo. Toni più consoni sono parsi quelli del presidente dei deputati dem, Graziano Del Rio, con il suo esplicito appello a una forma di collaborazione permanente tra governo e opposizione, e il richiamo a Draghi di Matteo Renzi, cui ha fatto eco un discorso responsabile della leader di FdI, Giorgia Meloni. 

Il M5S, e i giornali che lo appoggiano, vedono dietro quanto accade in queste ore una manovra per spodestare Conte, sospettano di ogni appello all’unità nazionale, tentano di blindare il governo.

D’altro lato, pare difficile proporre in questo momento un cambio del governo o della sua guida: finché restiamo nell’emergenza sanitaria sarebbe irresponsabile lasciare il paese senza una guida che, tutto sommato, finora ha fatto bene, sia pure tra errori e incertezze che ho prima segnalato.

Il problema viene dopo e riguarda la coesione sociale e la tenuta democratica dei paesi occidentali, in particolare l’Europa e i paesi del sud del continente. Tra questi l’Italia con l’enorme peso del suo pregresso: debito, burocratizzazione, inefficienza delle istituzioni democratiche, caos politico e governi di coalizione senza respiro e senza orizzonte. 

Come ha scritto qui Mario Santi, il virus non lascerà nulla come prima. Anche il conflitto politico in Europa tra sovranisti-populisti e europeisti-riformisti viene completamente ridisegnato dalla pandemia globale perché prima che esso possa pienamente tornare a dispiegarsi nella fisiologia del confronto democratico tra opzioni alternative occorre farsi carico di un destino comune. 

Occorre anzitutto salvare il paese perché sulle macerie non si costruisce nulla, ma si apre la strada alla voglia di un comando autoritario che le attuali circostanze rischiano di rendere familiare.

Possiamo permetterci in questa situazione una politica dilaniata da conflitti tribali, leader narcisisti, coalizioni attaccate con lo sputo? Domando sommessamente allora se, riconoscendo lo sforzo gigantesco compiuto dal governo, una volta che si possa ragionare con saggezza sul futuro, non sia interesse di tutti, anche di chi ha retto la barra finora, realizzare le condizioni per un cambio di passo. 

Non si tratta di invocare un tecnocrate algido alla Mario Monti, oppure una leadership solitaria. Piuttosto servirebbe una figura democratica prestigiosa, autorevole, competente (come fu negli anni Novanta Carlo Azelio Ciampi), attorno al quale raccogliere le forze migliori del paese. Un governo pienamente politico, come quello del Cln, nel quale possano sedere i migliori rappresentati della classe dirigente e nel quale i leader che hanno gestito la prima fase di emergenza siano pienamente coinvolti. Un governo che chiami in una specie di Comitato dei Saggi gli ex-presidenti del consiglio. Una leadership democratica collettiva che, come nel dopoguerra, possa aiutare la ricostruzione del paese e ricondurlo alla normale dialettica democratica di governo e opposizione. 

La figura che si staglia, al di là di miopi calcoli politici e interesse di parte, è quella di Mario Draghi. Immaginate per l’Italia un doppio bazooka istituzionale: Draghi a Palazzo Chigi e Sergio Mattarella al Quirinale. E tra due anni, quando scadrà il mandato quirinalizio, esattamente come accadde a Ciampi, Draghi sarà il candidato naturale a succedere a Sergio Mattarella.

Oggi quasi tutti gli interessati negano, ma state pur certi che questa soluzione si farà strada. Sarà la durissima realtà dei fatti a imporla. E servirà audacia perché, come ha scritto lo psicoanalista Massimo Recalcati su Repubblica

Ogni trauma esige che la ripartenza sia audace perché la sua potenza negativa possa convertirsi in una opportunità affermativa.

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Inevitabilmente Draghi ultima modifica: 2020-03-27T21:01:12+01:00 da CARMINE FOTIA
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2 commenti

Giovanni Leone 30 Marzo 2020 a 4:44

Fa onore un tale sforzo unitario, ma la classe politica si conferma non all’altezza di raccoglierlo ed è difficile pensare che a Draghi possa essere concessa la possibilità di formare un governo politico con un adeguato margine di autonomia, perché di questo c’è bisogno più che mai, di una politica all’altezza, non solo di tecnici. Potrebbe Draghi – a differenza di Monti – formarlo? Le prese di posizione dell’opposizione (soldi per tutti) come certa inerzia della maggioranza (sul decreto sicurezza non si ancora fatto niente, ad esempio, come sulla richiamata questione delle carceri) dimostrano che non ci sono le condizioni, prevale la sterile lotta all’egemonia e la guerra di posizione di una l’asse politica inadeguata, anche sull’orlo del baratro.

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Giovanni Leone 30 Marzo 2020 a 5:09

1.700 anni ahi e di emendamenti da parte di opposizione della stessa maggioranza, classe politica inadeguata

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