Ricette anticrisi [8]. Il vitello tonnato

È un piatto molto noto, di origine piemontese, precisamente del Monferrato e delle Langhe. Si propone di solito in primavera–estate come antipasto, di recente anche come piatto principale.
I VIGNERI
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Il clima peggiora, le persone si incattiviscono, le fake news dilagano nei social. Teniamoli occupati con un piatto noto ma stravolto dalla prassi delle gastronomie, il vitello tonnato com’era alle sue origini, e come può essere tuttora. La cucina italiana ha questo di caratteristico, che non è nata a corte, è nata nelle famiglie contadine e borghesi. Per questo è così diversa da regione a regione. Penso spesso a quante pietanze differenti sono nate tra le mani delle donne da uova, acqua e farina. 

IL VITELLO TONNATO

È un piatto molto noto, di origine piemontese, precisamente del Monferrato e delle Langhe [nell’immagine d’apertura]. Si propone di solito in primavera –estate come antipasto, di recente anche come piatto principale. Il tonno sott’olio e le alici sotto sale arrivavano in Piemonte dalla Liguria, attraverso le valli. Ingredienti che nella cucina piemontese sono tuttora molto presenti.

Il taglio di carne diffusamente consigliato è il magatello, altrimenti chiamato rotondino o girello. Non condivido questa scelta: lo si sceglie per la forma e la facilità del taglio, quando è freddo, che risulta utile soprattutto a causa dei coltelli-giocattolo utilizzati oggi nelle cucine italiane. In realtà è un taglio stopposo e poco saporito. Consiglio uno scapino o meglio ancora uno stinco di spalla ben disossato e legato per renderlo rotondo. La forma della fettina di carne ne risulterà meno regolare ma senz’altro più saporita. 

Scelta la carne, ponetela, per almeno otto ore, a marinare. Questo si può fare con vino bianco e acqua, in pari quantità, oppure con acqua e aceto bianco (nove parti di acqua e una di aceto). In entrambi i casi aggiungete alloro, chiodi di garofano, sedano, ginepro.

Gli ingredienti del vitello tonnato in un’illustrazione di Olimpia Biasi

Passiamo alla cottura. La carne va sgocciolata ed asciugata, poi rosolata dolcemente, non a lungo e a fiamma bassa, in poco burro (meglio se chiarificato, mantiene il sapore del burro e sopporta la temperatura). Se potete, utilizzate una pentola ovale, in ogni caso una pentola che contenga appena la carne. Usate per la cottura il liquido della marinata aggiungendo qualche alice dissalata ed un cucchiaio raso di farina di fiore o, meglio, di maizena. Alla marinata aggiungete del concentrato per brodo vegetale usando uno dei tanti prodotti commerciali (concedetemi di fare qualche concessione all’attualità). Per un chilo di carne fate bollire per circa 75 minuti a pentola coperta, a fiamma bassa, girando la carne un paio di volte. A cottura ultimata fate raffreddare la carne nel suo brodo.

Ora, a carne quasi fredda, prepariamo la salsa. Il 95 per cento dei ricettari vi dirà di partire da una maionese. Lor signori e signore pensano che i contadini delle Langhe preparassero la maionese? Questa esisteva solo alla corte sabauda che aveva scambi con la cucina francese. Credetemi, il vitello tonnato creato nella case monferrine non aveva nulla a che fare con la maionese!

Nel frullatore mettete circa 250 grammi di tonno sott’olio con un paio di cucchiai di olio di oliva, un pugnetto di prezzemolo, una manciata di capperi sotto sale ben lavati, due tuorli di uova sode (qualcuno le mette intere). Frullate il tutto e raggiungete la densità voluta aggiungendo del liquido di cottura, preventivamente filtrato. Qualcuno faceva il contrario: metteva nel mortaio (oggi nel frullatore), ciò che era rimasto del liquido di cottura che a questo punto si era notevolmente ridotto, e aggiungeva gli ingredienti che ho elencato. In ogni caso nulla vieta che, tolta la carne dal tegame, se vi sembra che vi sia ancora troppo liquido, facciate restringere il sugo rimasto. 

A questo punto, la carne si taglia a fettine, un paio di millimetri di spessore, e si nappa con la salsa, a strati. Guarnite il piatto a vostro piacere: qualche cappero, pomodorini, foglioline di prezzemolo. Questa ricetta è, a quel che so, la più vicina a quella di un tempo. Non ho la presunzione di dire che sia quella “vera”: nella cucina popolare ogni famiglia aveva (ed ha) la propria piccola variante. Certo non usavano la maionese! 

In alcune zone la cottura avveniva in forno. In questo caso il fondo di cottura, più denso, andava diluito con acqua. Il prodotto finale è molto diverso. Personalmente preferisco la bollitura. Colgo l’occasione per raccomandare l’uso di coltelli affilati. Poiché le fette da tagliare per la presentazione sono sottili, se l’attrezzo usato è scadente, la carne vi si sbriciola. Specie se usate come taglio lo stinco, che è decisamente da preferire. 

N.B. Olimpia Biasi, che ci usa la cortesia di illustrare le nostre ricette, ha sempre evitato, prima ancora di leggere il nostro vitello tonnato, l’uso della maionese!

la serie #ricetteanticrisi
è illustrata dall’artista Olimpia Biasi

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Ricette anticrisi [8]. Il vitello tonnato ultima modifica: 2020-03-31T19:27:43+02:00 da I VIGNERI
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2 commenti

Angelo 31 Marzo 2020 a 20:29

Sarebbe meglio non usare termini regionali o locali per i tagli di carne altrimenti non se esce.
Al posto di scapino meglio usare copertina che è quello di uso comune.
Lo stinco di spalla lo dovreste proprio chiarire: o è stinco o è spalla.

Reply
Vigneri 1 Aprile 2020 a 12:45

Quanto allo scapino, che ha ragione, è un nome usato in tutta la regione Veneto e particolarmente a Treviso. Ad esempio al Supermercato Ali esiste lo scapino di vitello. Siamo quindi d’accordo di usare il termine “copertina”.
Quanto all’uso dell’espressione “stinco”, esistono lo stinco di coscia, molto più grande e lo stinco di spalla (la gamba anteriore) molto più piccolo. La ricetta suggerisce di usare lo stinco anteriore “di spalla” in ragione delle dimensioni.
Non abbiamo usato l’espressione “ossobuco” perché si pensa subito allo stinco affettato, e allora si che ci si disorienta.
Si tratta naturalmente della tibia con la sua carne intorno. La ricetta propone di farsela dare disossata.
Possiamo dire, in luogo di “stinco di spalla”, “stinco anteriore”, che forse è più chiaro.
Grazie dei commenti.
Gli Autori

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