Girare in bicicletta per le strade della sua antica città (non in questi giorni di clausura forzata), scoprire angoli di architettura nascosti, respirare il vento del mare. Giovanni Donati da Rimini è giovane, ha ventidue anni, e da quando ne aveva nove è un giocatore di bridge. E che giocatore! Campione nazionale assoluto 2019 del campionato italiano a coppie (con l’amico venticinquenne livornese Giacomo Percario), campione italiano a squadre miste con Federica Delpozzo, giocatore di punta dell’antico gioco di carte che Giovanni ha imparato ascoltando il papà, mentre lo spiegava agli amici.
A dieci anni Giovanni inizia a partecipare a tornei prima locali, poi nazionali, e infine internazionali, in un percorso che lo ha portato e lo porterà dopo la forzata interruzione di questi mesi, a viaggiare in tutto il mondo per dimostrare che la tradizione italiana del bridge ha eredi validi e tenaci.

Parlando con Giovanni chiacchiero con un ragazzo simpatico, prodotto della terra romagnola della quale giustamente si vanta, ricordando il suo indimenticabile concittadino Federico Fellini. Sulla fantasia del grande regista e sulla sua intelligenza, Giovanni Donati ha inquadrato la sua vita, che in parte si svolge a Bologna dove frequenta la facoltà di lettere.
Bravo il papà a spiegare i fondamentali di questo gioco antico, che deriva dal whist praticato nel Sedicesimo secolo in Inghilterra, e dall’Ottocento diffuso nel mondo come Whistbridge, gioco di carte con quattro giocatori a due coppie, codificato poi a inizio Novecento da un italiano: Eugenio Chiaradia, napoletano professore di storia e filosofia, che studia e inventa il sistema licitativo di scelta e prima dichiarazione di gioco, campione del mondo con il mitico Blue Team dal 1957 al 1963, oltre che campione europeo, e ideatore di quel linguaggio particolare che appartiene al mondo dei giocatori professionisti e non.
Un linguaggio che ai profani sembra da iniziati e che Giovanni da oltre dieci anni ha interiorizzato attraverso regole precise: oltre a una naturale predisposizione a ragionare secondo determinati schemi, fondamentale è l’organizzazione mentale e i collegamenti che paragonano il bridge al mondo degli scacchi, oltre al “senso di competitività e del gioco per il quale ero e sono naturalmente portato”, dichiara Giovanni, che fin da piccolo pur non essendo patito della matematica ha sviluppato una grande velocità nel calcolo.

Per questo Giovanni come si avvicina al tavolo da gioco si trasforma, massima concentrazione e astrazione dal mondo esterno, attenzione a ricordare le carte, prevedere le mosse dell’avversario… Un salto mentale nel futuro prossimo insomma, e una capacità immediata di adattamento e comprensione, affiatamento con il partner e psicologia intuitiva verso gli avversari.
Avversari che nei circuiti di importanza mondiale si conoscono bene, e per questo Giovanni dichiara che certo, è normale essere aggressivi, come è normale avere una certa affinità psicologica con il compagno o la compagna che stanno al di là del “sipario”, come avviene ad esempio tra Giovanni e Leonardo Cima con il quale al momento fa coppia nei tornei internazionali. Una forza, questa, che permette di concentrarsi con la massima attenzione anche quando gli avversari “barano” lanciandosi segnali con colpi di tosse ritmati o ticchettio di penna sul tavolo per comunicare il gioco al compagno: azioni che oggi finalmente vengono punite grazie al circuito chiuso dei tornei, con la giuria che vigila e squalifica, come è successo recentemente per una coppia di una nazione che crede di non sbagliare mai… “Giocare in maniera fraudolenta non è bello”, dichiara Giovanni. E ci mancherebbe: lui è giovane, ci crede, si impegna con la mente e anche con il cuore.
Assieme a tante certezze, Giovanni ha però vari rimpianti, legati al particolare momento di allarme Covid-19: la sospensione dei campionati mondiali di bridge che si sarebbero tenuti in agosto a Salsomaggiore, e con loro tutti i tornei nazionali e internazionali, compresi i tre tornei che Giovanni avrebbe dovuto disputare negli Stati Uniti grazie al suo sponsor. Tra questi tornei, anche le Olimpiadi, che si tengono ogni quattro anni come da copione, visto che il bridge è inserito dal Coni nella lista dei giochi della mente.
Per adesso il giovane campione si allena on line, la sera con campioni lontani e vicini, e il gioco del bridge riassume in pieno il significato del suo nome: un gioco che crea “ponti” mentali tra le persone, e in queste attuali drammatiche circostanze è uno spiraglio.

Rimini con il suo Grand Hotel può essere un ponte ideale con un altro Grand Hotel che nei decenni ha visto svolgersi prestigiosissimi tornei internazionali di bridge: l’hotel Excelsior del Lido di Venezia, e i suoi anni d’oro con le grandi star del gioco e del cinema, Omar Sharif in testa.
Due anni fa il torneo internazionale di Venezia è stato organizzato nuovamente dopo una lunghissima pausa. Giovanni lo scorso anno è sbarcato in Laguna per cimentarsi all’Excelsior, gli ho ricordato che il Grand Hotel di Rimini e l’eclettica costruzione del Lido sono più o meno coevi e rappresentano un’icona architettonica e storica unica nel panorama italiano del Novecento: “Vero, ha risposto Giovanni, anche questo fa parte della storia”.
Nella foto di testa, Giovanni Donati con Bill Gates alle Hawaii, 2018

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