“Rassa bergamasca”. Attenzione agli effetti collaterali del virus

Stiamo passando dalla retorica nazionale del “più bello del mondo” e del “più bravo al mondo” a quella provinciale che esalta la “razza” del luogo. Siamo sicuri di poterci poi scrollare di dosso questo suprematismo una volta passata la buriana?
PIERGIORGIO PESCALI
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[BERGAMO]

La cosa più preoccupante a livello sociologico che questo virus ha portato a galla è il forte senso di sciovinismo nazionale e provinciale di cui è permeato il popolo italiano. Divisi in tutto, ci troviamo improvvisamente uniti negli eventi di isteria collettiva, che siano partite di calcio o minacce virali.

Beninteso, l’unione, il sentirsi parte di una comunità non sono di per sé stessi concetti negativi, ma quando tutto questo porta a travisare la realtà e a innalzare sul piedistallo della superiorità un popolo sull’altro (in questo caso su tutti gli altri), allora mi sorgono forti perplessità sulla positività e sulla bontà di certe manifestazioni estemporanee.

Il risuonare dell’inno (del resto incomprensibile nel suo testo alla maggioranza degli italiani) come se fosse una canzone di successo da discoteca nazionale non mi riempie di commozione. Sarà perché mi sento da sempre internazionalista, sarà perché non concepisco l’idea di superiorità etnica e la conseguente esaltazione di una patria che non ci siamo scelti, ma temo che il SARS-Cov-2 stia facendo emergere il peggio di noi. 

La martellante propaganda nazionalista avanzata sia da governo sia da opposizione su improbabili primati della scienza italiana (dalla notizia, falsa, di essere stato il primo paese a isolare il virus per terminare alla notizia, anche questa falsa, di essere stati i primi a sperimentare il Tocilizumab su pazienti colpiti dal Covid-19) entra a far parte di una pericolosa spirale di xenofobia collettiva e di fascistizzazione della società di cui la recente nascita su Facebook degli sceriffi nazionalpopolari contro improbabili untori è solo l’ultima delle manifestazioni.  

La deriva totalitaria verso cui stiamo navigando ci porterà, senza magari neppure farcene accorgere, a un sovranismo imperante sempre più capillarizzato: Italia contro Cina, Italia contro Europa, Italia contro tutti, Nord contro Sud, Bergamo contro Italia e così via, sino a una sorta di revival medievale delle età comunali e delle signorie.

Il Bergamo mola mia che vedo appeso sui muri della provincia in cui vivo va bene fino a quando non sfocia in un primatismo sempre più localizzato di cui già si intravedono gli effetti con i post che esaltano la laboriosità, l’efficienza, l’onestà del bergamasco rispetto al resto d’Italia. Tutte qualità che, generalmente parlando, contraddistinguono la popolazione di questa terra un tempo contadina e montanara e oggi fortemente industrializzata; ma spesso dimentichiamo di non essere gli unici a possedere queste caratteristiche.

Stiamo passando dalla retorica nazionale del “più bello del mondo” e del “più bravo al mondo” a quella provinciale che esalta la rassa bergamasca (tradotto dal dialetto, la razza bergamasca). Tutto bene se questo serve a unire la comunità, ma siamo sicuri di poterci poi scrollare di dosso questo suprematismo una volta passata la buriana?

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“Rassa bergamasca”. Attenzione agli effetti collaterali del virus ultima modifica: 2020-04-01T15:44:04+02:00 da PIERGIORGIO PESCALI
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