L’ora e il dopo nel tempo del Covid 19
Credo che la situazione sia così complicata o così chiara – a seconda da come la si guardi – da domandarsi che cosa possa essere un dopo e come possa essere tale. E non mi riferisco all’aspetto temporale, ma al contesto nel quale il tempo si riempie di senso. Il dopo, come sempre, è espressione degli assetti che lo precedono in cui normalmente si mettono in campo determinate forze perché camminino nella direzione auspicata o voluta.
È abbastanza difficile pensare a un dopo separato dall’adesso e ancor più in una circostanza definita da un’aggressione epidemica stringente che non permette rinvii, ma neppure scelte dalla breve durata. In campo c’è la salute di una società, la sua sicurezza, il suo futuro, e tutto si gioca oggi. E d’altra parte il Covid-19 ha messo in discussione proprio il dopo, lo ha dichiarato rischio obbligando alla sosta, a fermarsi per ripensarsi nell’ora, a fare una mappatura delle falle, vere e proprie trappole del sistema che attentano alla vita, un modo violento e drammatico di rimetterla al centro di ogni altra possibile scelta.

Il governo e Giuseppe Conte
Su questo piano bisogna constatare la tenuta del governo e la crescente fiducia degli italiani nel suo operato, segni chiari di un suo progressivo rafforzamento. Le incertezze non sono mancate, ma l’eccezionalità dell’evento giustifica qualche refuso. Di fatto la compagine governativa sta mostrando capacità di controllo e di indirizzo e un protagonismo inusitato di Giuseppe Conte in una situazione nuova per lui e nuova per il paese. Si potrebbe addirittura pensare che ciò stia avvenendo proprio grazie all’inesperienza del presidente del consiglio, a una sua condizione non contaminata da vecchie incrostazioni abitudinarie e da equilibri fini a se stessi, ivi inclusi quelli partitici.
Conte non ha nulla da perdere e quindi può osare. Fra l’altro, questo cammino lo libererebbe definitivamente dal tutoraggio dei partiti e da condizionamenti vari. La situazione è favorevole perché richiede decisioni che non possono dipendere dalle lungaggini delle trattative e ciò dà a Conte un potere impensabile nel ruolo di mediatore svolto in altri momenti. E se il suo atteggiamento e le sue decisioni rispondono davvero a tale criterio, bisogna riconoscere al capo del governo il coraggio del leader.
L’Europa, contesto del dopo
Su tale spinta il governo sta conquistando un protagonismo in campo europeo puntando a una risposta politica alla crisi da definire sul comune interesse e sulla solidarietà, sulla costruzione di un sistema attento ai bisogni della convivenza non condizionata da una finanza che riporta ai rapporti di forza fra i paesi che costituiscono l’Europa e non a una comunità di intenti. Si tratta di un percorso assolutamente nuovo in grado di liberare il continente dai lacci e lacciuoli di una politica finanziaria che, di fatto, costringe l’Europa a muoversi nel limite dell’Europa-Germania o dell’Europa-Francia, a volte utilitaristicamente alleate e sempre nell’ambito ristretto di logiche nazionali. Il dialogo interno è di conseguenza sterile, la subalternità della politica alle regole della finanza alimenta gli egoismi nazionalistici e le forze che li sostengono, rinvia le risposte possibili solo nell’ampio respiro di una politica che si confronta con la dimensione planetaria dei problemi.
L’Europa ha bisogno di conquistare libertà di movimento, di perseguire un progetto comune per il mondo in corrispondenza della complessa problematica climatica e ambientale, dei fenomeni migratori e di un sistema di valori di riferimento. La pandemia provocata dal coronavirus mette in evidenza la fragilità di sistema e l’assenza di una leadership internazionale che gli USA non riescono a rappresentare sulla base della forza militare ed economica, come si può evincere dall’atteggiamento verso la pandemia e dallo stato di conflittualità generale.

L’Europa è l’adesso, ed è appunto il contesto sul quale è possibile costruire il dopo, intendendolo come novità rivoluzionaria della politica e non riedizione di un esistente cui apportare qualche modifica di procedura. Chi teme Giuseppe Conte e il suo governo impegnati alla costruzione dell’Europa attenta ai bisogni e solidale? Chi teme la prospettiva dell’Europa come soggetto della politica internazionale? Qual è il dopo al quale pensano i sostenitori di Mario Draghi?
Vale la pena di sottolineare che la costruzione dell’Europa solidale, di un dopo impostato sullo spirito di collaborazione delle origini, può cominciare dalle evidenze messe in luce dalla crisi sanitaria senza nascondersi che si tratta di una crisi di sistema. La solidarietà non è una categoria morale, ma una scelta politica. Essa corrisponde a un progetto con obiettivi chiari e operativi, prefigura un sistema di convivenza e comporta scelte precise, quelle che decidono da ora il dopo.

Il sistema sanitario
La crisi provocata dal Covid-19 ha mostrato con chiarezza che è stato sottovalutato il ruolo del sistema sanitario, ha mostrato in modo chiaro che la salute è alla base della stabilità sociale e del funzionamento dello Stato e non può essere considerata alla stregua di una merce qualsiasi.
È questo il dato da cui partire, ora perché sia la base su cui costruire il dopo. Il sistema sanitario attuale non è adeguato a rispondere a crisi che, come nel caso del Covid-19, coinvolgono la società a tutti i livelli. Soprattutto perché non è impostato sulla base della salute intesa come valore di civiltà e qualificazione della politica, perché prescinde dall’importanza della salute ambientale. Si tratta di un compito di sistema al quale dovrebbe concorrere non solo la medicina, ma anche la biologia, l’ambientalismo, gli organismi e le competenze che si occupano di equilibri ambientali, ivi incluse le organizzazioni volontarie alle quali bisognerebbe assegnare. istituzionalmente e con finanziamenti adeguati, compiti che oggi esse già svolgono e potrebbero diventare funzionali a una politica del territorio. Alla costruzione di un tale sistema dovrebbero concorrere anche le università che, come sta evidenziando la crisi in corso, non possono più esimersi da una funzione sociale, da una presenza nelle problematiche complesse del nostro tempo. E ciò potrà soltanto arricchire, e copiosamente, la sua missione formativa.
Venezia
È da auspicare che anche il confronto sul prossimo sindaco di Venezia si verifichi in tale contesto, sul piano della salute intesa anche come salute della laguna. Definire oggi quale possa essere il dopo in chiave locale, il dopo di una città come Venezia dove natura e storia costituiscono un’entità depositaria di una speciale qualità ambientale che ha sicuramente a che vedere con la salute civile nel senso più ampio, e civile, del termine.
Nell’immagine di testa il Canal Grande (Francesco Da Mosto @FdaMosto)

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1 commento
Il dopo, quale dopo? Dopo che si è distrutto un Paese? Non invidio chi resterà.
L’Europa è solo un’espressione geografica come la terra dei cachi, la nostra!