Cremlino e Covid-19, tra propaganda e ambizioni geopolitiche

La Russia gioca diverse partite. La retorica del tutto “sotto controllo” serve per mantenere un clima di stabilità in vista del referendum che permette a Putin di rimanere al poter per il prossimo decennio. E per rimettere in discussione l’ordine mondiale occidentale.
ANNALISA BOTTANI
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La Russia che verrà dovrà aspettare. A causa della rapida diffusione del Covid-19, il presidente Vladimir Putin ha deciso di prorogare fino al 30 aprile la cosiddetta “non working week” retribuita, prevista dal 28 marzo al 5 aprile e annunciata sempre da Putin nel corso del primo discorso alla nazione del 25 marzo sulle misure da adottare contro il virus. Un virus che ha costretto le autorità a imporre il lockdown di Mosca, dal 30 marzo, e di altre dozzine di regioni russe e posticipare il referendum costituzionale a data da destinarsi. 

Ad oggi, su una popolazione di circa 144 milioni di persone, si contano 362.342 contagiati e 3.807 morti [dati aggiornati il 26 maggio 2020, fonte The Moscow Times] Per ora l’area maggiormente colpita è quella moscovita, popolata da dodici milioni di persone. Il 46 per cento dei moscoviti contagiati rientra in una fascia d’età compresa i 35 e i 64 anni, mentre il quaranta per cento circa dei pazienti con i respiratori è composto da under quaranta.

L’iniziale decisione del presidente di limitare ad una sola settimana il noto periodo dei “non working days”, che prevede l’apertura solo dei servizi essenziali, delle banche, delle farmacie e dei supermarket, era stata duramente criticata da alcuni epidemiologi convinti della necessità di porre maggiori restrizioni, anche in termini temporali, per costringere le persone a rimanere davvero a casa. Alcuni analisti e giornalisti, tra l’altro, avevano fatto notare che nel primo discorso mancavano alcune parole chiave, come “social distancing”, “quarantena” e “autoisolamento”. Dopo l’appello di mercoledì delle autorità sanitarie a estendere la settimana, si è deciso per la proroga, anche se Putin ha sottolineato la possibilità di “prendere ulteriori decisioni a seconda degli sviluppi della situazione. Se le circostanze dovessero richiederlo, potremo ridurre i giorni non lavorativi richiesti.” In realtà il presidente ha anche delegato le Regioni a prendere le misure necessarie, considerate le differenze geografiche in termini di tassi di contagio.

Il 29 marzo il sindaco di Mosca ha imposto il lockdown a tutta la città

Secondo la BBC, i dati diffusi dalle autorità sono di gran lunga inferiori rispetto alla media mondiale, fattore che ha sollevato molti dubbi non solo tra gli esperti, ma anche tra persone vicine a Putin, tra cui proprio Sergej Sobjanin, sindaco di Mosca e responsabile della task force sul coronavirus, che aveva evidenziato, già nelle scorse settimane, non solo la scarsa affidabilità delle informazioni ufficiali, ma anche la necessità di garantire attrezzature mediche e almeno 10.000 posti letto a pazienti Covid-19, non solo a Mosca. Per ridurre la diffusione del virus già il 23 marzo il sindaco aveva chiesto agli over 65 e alle persone malate di rimanere a casa a partire dal 26 marzo, anche in cambio di una ricompensa di 50 dollari, consigliando loro di trasferirsi temporaneamente nelle case in campagna, ove possibile. Era stato, inoltre, deciso di sospendere il trasporto pubblico gratis per gli studenti. Il Russian Direct Investment Fund (Rdif) e i suoi soci hanno prodotto 500.000 kit per i test, ma intendono portare la produzione a 2,5 milioni di kit a settimana, secondo quanto dichiarato dal capo del fondo, Kirill Dmietriev. 

Il 29 marzo, con un preavviso di quattro ore rispetto alla data del 30, il sindaco di Mosca ha imposto il lockdown di tutta la città in cui erano già stati chiusi biblioteche, teatri, centri ricreativi, parchi e club. Le chiese erano rimaste aperte, malgrado le autorità avessero chiesto ai cittadini di limitare la frequenza. Proprio domenica 29 marzo, prima del lockdown, Steve Rosenberg della BBC aveva raccolto le testimonianze di alcuni fedeli, tra cui una dottoressa di mezza età, convinta dell’impossibilità di contrarre il virus in una chiesa in quanto “è un luogo sacro”. Il sindaco ha proseguito con il suo piano di tutela della città, predisponendo la sanificazione degli ambienti cittadini, dalle strade ai marciapiedi, dai parcheggi alle aree comuni degli edifici. Erano stati vietati tutti gli eventi culturali e sportivi, chiusi tutti i resort, attivate modalità di smart working per i dipendenti del Governo federale, sospesi dal 27 marzo tutti i voli di linea e i charter per destinazioni straniere, chiuse dal 29 marzo tutte le frontiere, sospesi dalla sera del 3 aprile tutti i voli internazionali in e out (provvedimento valido anche per i russi ancora bloccati all’estero). 

Per contenere la diffusione del virus il 23 marzo era stata richiesta l’implementazione anche di un sistema per tracciare le persone che erano state in contatto con i contagiati, utilizzando la funzione di geolocalizzazione prevista dal telefono cellulare. E già nei giorni precedenti le telecamere di sorveglianza della città di Mosca, grazie alla tecnologia di riconoscimento facciale, hanno individuato più di duecento persone che avevano violato la quarantena. Uno strumento che ha destato non poche preoccupazioni tra gli attivisti per i diritti umani.

Secondo la BBC, potrebbe essere riprogrammata o chiusa al pubblico l’annuale parata che commemora il settantacinquesimo anniversario del Giorno della Vittoria (9 maggio).

Il silenzio del presidente, dopo il lockdown, aveva destato stupore, considerata la fermezza, invece, di Sobjanin, spesso impopolare, ma divenuto ormai una figura di spicco, facendo emergere molte domande tra analisti e media che, inizialmente, avevano ipotizzato un’alternanza di ruoli “poliziotto buono/poliziotto cattivo”. In realtà, secondo Andrej Kolesnikov, Senior Fellow al Carnegie Moscow Center, Sobjanin ha proprio questo compito: dare brutte notizie. Presidente e sindaco lavorano come un team e le misure sono decise congiuntamente, anche se l’ultima parola è sempre di Putin. 

“Ma dov’è Putin?” continuava ad essere l’interrogativo più comune in quanto il presidente è solito gestire le crisi personalmente (anche se annunciare misure impopolari come la riforma delle pensioni gli è costato parecchio a livello reputazionale). Il 30 marzo Putin stesso ha confermato la necessità di prendere tutte le misure precauzionali, “anche se sembrano eccessive per alcuni. È questo l’atteggiamento che ci ha permesso di prendere tempo e rallentare la diffusione del virus nelle recenti settimane”, ha poi proseguito, “dobbiamo usare questo tempo extra in maniera produttiva”. A questo si è aggiunto un suo commento sul ruolo cruciale che sta svolgendo il personale medico e sanitario in questa fase. Poi il 2 aprile un nuovo discorso e la diffusione delle immagini da parte dei media delle sue videoconferenze per gestire la crisi dall’ufficio situato vicino a Mosca.

Il presidente ha già firmato una legge approvata in gran fretta dalla Duma che prevede punizioni molto severe per chi diffonde fake news sul virus (dalle sanzioni a cinque anni di galera) e anche altre misure per chi viola la quarantena causando anche la morte di altre persone (fino a sette anni di prigione).

Dal punto di vista giuridico molte polemiche sono state sollevate sulla scelta di imporre proprio il lockdown a Mosca, che prevede la possibilità di lasciare la propria abitazione per motivi simili, anche se in alcuni casi vi è maggior rigidità, a quelli adottati in altre città europee: salute, emergenza sanitaria, lavoro (solo se non è possibile da remoto), acquisto di beni di prima necessità, passeggiata con il cane (mantenendo una distanza di cento metri dalla propria casa) e gestione della spazzatura. Per ora Sobjanin ha sospeso il piano di introduzione di un sistema di permessi per regolare i movimenti dei residenti in autoisolamento. Inizialmente il sindaco aveva, infatti, pensato di introdurre permessi speciali per lasciare la propria casa, sviluppando uno “smart control system” per coordinare l’autoisolamento della città, attraverso specifici QR individuali (Nižnij Novgorod ha già lanciato questo sistema). La decisione sarà riconsiderata in caso di violazioni o di peggioramento della crisi sanitaria.

Per alcuni attivisti per i diritti umani si può vietare la libertà di movimento solo dopo aver dichiarato lo stato di emergenza, attraverso un ordine del presidente del consiglio della Federazione. Dopo questa disposizione dovrebbero essere poste in atto le procedure per la quarantena a livello nazionale. Secondo Radio Free Europe Radio Liberty, la confusione regna sovrana: senza leggi certe o indicazioni da parte di specialisti, i cittadini si sentono vulnerabili dinnanzi ad un’arbitraria applicazione della legge. 

In realtà, secondo alcune fonti riportate da Reuters, sarebbe in discussione la dichiarazione dello stato di emergenza che avrebbe l’appoggio di molti parlamentari. Peskov, tuttavia, continua a negare. Secondo quanto riportato da Meduza, Putin sarebbe il primo a non volersi esporre con misure considerate “impopolari”. Da qui la scelta di far gestire questi aspetti al primo ministro e al gabinetto. Secondo il politologo Gleb Pavlovskij, le autorità federali temono lo stato di emergenza a causa delle conseguenze legali sul governo federale stesso (i cittadini avrebbero diritto ad un rimborso per i danni causati dallo stato di emergenza stesso), oltre alla componente psicologica che spinge le autorità a usare la retorica quotidiana anche in circostanze eccezionali per dimostrare che tutto sta andando bene.

Anche il primo ministro, come il gabinetto del resto, non intende ricorrere a questa misura, se non come ultima risorsa. La legge firmata da Putin il primo aprile conferisce al gabinetto il potere di dichiarare il disastro a livello federale o regionale, con regole vincolanti in termini di condotta per cittadini e organizzazioni. Il tutto senza il presidente. Peskov è stato molto chiaro sul motivo per cui sia meglio che Putin condivida la propria autorità con il governo: “la gestione diretta della lotta al coronavirus è condotta proprio a livello governativo e il premier sta lavorando giorno e notte su questo”.

Anche senza un provvedimento specifico, comunque, le intenzioni del Governo per ora sono chiare. Non è, infatti, stata attivata neanche la “Permanent Government Commission for Preventing and Responding to Emergencies” che avrebbe il potere di dichiarare un disastro a livello federale. Anche sul tema della quarantena, il governo mantiene cautela, pur avendo il potere di imporre restrizioni di questo genere in presenza di emergenze e malattie che, al momento, non includono il Covid-19. I governatori, pur avendo il potere di dichiarare il disastro a livello locale, hanno scelto lo “stato di massima allerta” che di certo non è comparabile al “disastro”, ma può spianare la strada. Da qui la decisione di imporre l’autoisolamento, pur non avendo le basi legali per farlo.

Solo i governatori di due regioni — Astrakhan e Krasnodar — hanno avuto il coraggio di menzionare la parola quarantena nei loro ordini esecutivi. Molti governatori, sempre secondo Meduza, vorrebbero interventi più decisivi da parte delle autorità federali o delle linee guida per sapere come agire. Tuttavia, l’assenza di misure da parte del Governo stesso potrebbe non essere del tutto negativo. “Sarebbe terribile”, secondo Pavlovskij, “se il Cremlino volesse esercitare il controllo diretto su tutto. Più condivide in termini di potere esecutivo, meglio è”.

Secondo gli esperti Sergey Sobjanin, il sindaco di Mosca e responsabile della task force sul coronavirus, avrebbe il compito di dare le brutte notizie sul Covid-19, per tutelare l’immagine del presidente

Non mancano poi le dichiarazioni allarmanti di molti economisti che prevedono l’arrivo di una recessione senza precedenti, una delle peggiori dai tempi dell’insediamento del presidente Putin. 

Nei giorni scorsi, per limitare, almeno in questa fase iniziale, l’impatto economico del virus, del crollo del prezzo del petrolio e del rublo su cittadini e imprese, sono state annunciate dal presidente e dal primo ministro e introdotte anche nei giorni successivi alcune misure di sostegno. Le autorità hanno previsto una moratoria di sei mesi a favore delle pmi per il pagamento delle imposte, un’indennità (pari al valore del reddito minimo) per coloro che perdono il lavoro o sono in malattia fino alla fine dell’anno, mentre Sberbank e VTB, affiancate dalla Central Bank, lanceranno un programma pilota di prestiti per sei mesi a tasso zero per consentire alle imprese di pagare i salari durante la crisi. Le famiglie in linea con i criteri previsti riceveranno circa 45 dollari al mese per ciascun figlio sotto i tre anni. 

Non tutte le aziende hanno reagito bene alle misure del governo, pianificando di tagliare i salari a causa della crisi. Un’azienda su cinque intende tagliare i salari, mentre un terzo delle attività di business del paese ha già effettuato i tagli, secondo alcuni recenti sondaggi.

Il discorso di Putin del 2 marzo ha suscitato anche le reazioni degli economisti. In base alle testimonianze raccolte da The Moscow Times, alcuni economisti prevedono tempi davvero difficili per il paese. Per Igor Nikolaev del Grant Thornton, “milioni di persone perderanno il lavoro”, portando il tasso di disoccupazione dal 4,6 per cento attuale al quindici per cento entro la fine dell’anno. Lo stesso Alexei Kudrin, responsabile dell’Audit Chamber prima del discorso, avrebbe detto a Putin che l’economia russa rischierà una riduzione del tre-cinque per cento solo nel 2019. Altri, invece, come Stanislav Murashov di Raiffeisen Bank, stimano che solo il trenta per cento dell’economia russa sarà colpito visto che il settore energetico e le industrie legate alle risorse naturali sono rimaste aperte, mentre altri settori di business hanno mantenuto l’attività grazie al lavoro da remoto.

Vladimir Putin stringe la mano a Denis Protsenko, responsabile dell’ospedale moscovita dedicato solo ai pazienti Covid-19. Nei giorni successivi Protsenko è risultato positivo al test, secondo quanto riportato da Rossija 24.

Secondo gli economisti, il governo dispone, comunque, di importanti strumenti: 150 miliardi di dollari, ossia il dieci per cento della sua economia, presenti nel National Wealth Fund (Nwf) e un livello ridotto di debito pubblico. Ma in questa fase l’attenzione è focalizzata sulle risposte che il Cremlino saprà dare alle pmi che hanno criticato duramente il pacchetto di aiuti predisposto dal presidente.

Secondo Alexei Navalny, la logica di Putin è determinata dal fatto che

[…] la maggior parte del tessuto economico appartiene allo stato. I salari dei funzionari di stato, degli impiegati delle aziende statali o controllate per una quota significativa dallo stato saranno pagati. Le altre categorie – designer, avvocati, tassisti, camerieri e altri – potranno essere sacrificate. 

Inoltre, molti imprenditori non avranno i soldi per pagare i salari, le grandi compagnie riusciranno a gestire la situazione per un mese, ma alcuni subiranno perdite significative.

Sembrano lontani i tempi (ma in realtà parliamo del 18 marzo) in cui era stato proprio Putin a dichiarare che “tutto era sotto controllo” e, mentre gli altri paesi gestivano quarantene e lockdown di intere città, lo “show”, com’è stato definito sempre dalla BBC, proseguiva: Putin si è recato in Crimea per festeggiare il sesto anniversario dell’annessione della penisola alla Russia, ignorando il “social distancing” previsto per limitare il contagio, anche se, in realtà, chiunque sia in stretto contatto con il presidente deve sottoporsi agli esami per verificare il proprio stato di salute. Una regola che vale anche per lo staff del Cremlino e per i giornalisti accreditati. È notizia di alcuni giorni fa che avrebbero individuato una persona positiva al virus nello staff dell’amministrazione presidenziale, che, tuttavia, non è in contatto con il presidente. Putin avrebbe, invece, stretto la mano il 24 marzo a Denis Protsenko, responsabile dell’ospedale moscovita dedicato solo ai pazienti Covid-19, che è risultato positivo al test, secondo quanto riportato da Rossija 24.

Nel corso delle settimane antecedenti al discorso Putin aveva criticato la malagestione della pandemia da parte dell’Europa, evidenziando il fallimento dell’idea di “un’Europa solidale” e definendo il coronavirus “una minaccia straniera”. Secondo quanto riportato da Mike Eckel di Radio Free Europe Radio Liberty, le autorità russe, consapevoli della minaccia in anticipo rispetto ad altri paesi a causa di 144 cittadini russi residenti a Wuhan, evacuati in Siberia e posti in quarantena per quattordici giorni, hanno sottolineato la tempestività delle misure restrittive attuate, come la chiusura dei confini con la Cina il 30 gennaio – parliamo di circa 4.200 chilometri – e l’attivazione dell’obbligo di quarantena per le persone provenienti da Paesi toccati dal coronavirus, solo per citare alcuni esempi.

Perché era tutto “sotto controllo”, dunque? Perché per Putin era fondamentale mantenere un clima di stabilità in vista del referendum che chiamerà i cittadini ad approvare le modifiche alla costituzione, incluso l’emendamento, approvato da parlamentari e dalla corte costituzionale, che azzererà il numero dei mandati (il cosiddetto “zeroing”) della figura del presidente, consentendo, eventualmente, a Putin di candidarsi, se riterrà, anche nel 2024 e di rimanere al potere per altri due mandati, fino al 2036.

A minare questa “illusoria stabilità”, dunque, oltre al crollo del prezzo del petrolio e del rublo, è stata la trasformazione del fenomeno Covid-19 in una minaccia reale che, secondo quanto indicato alcune settimane fa dal presidente stesso ai membri della business community, potrebbe essere risolta in “meno di tre mesi”. 

Giovedì 26 marzo, durante il meeting G20, Putin ha anche richiamato l’attenzione sulla necessità di levare le sanzioni imposte alla Russia durante il periodo della pandemia, affermando che si tratta di una “questione di vita o di morte”. 

Se si trattava di una “questione di vita o di morte”, perché non sono stati presi provvedimenti più stringenti? Secondo Tatiana Stanovaya, analista politico e fondatrice di R. Politik, forma e sostanza del discorso di Putin sono coerenti con la sua storia di leader populista:

In Russia le autorità hanno sempre avuto il timore di manifestare timori o esprimere debolezza per evitare di instillare il panico nella società, dando l’idea che sia tutto sotto controllo.

Ma oggi sono in tanti a chiedersi, tuttavia, quanto siano realmente attendibili le stime e i dati forniti dal governo. Il primo ministro ha dichiarato che in Russia vengono effettuati 36.000 test Covid-19 al giorno.

Come riportato da Mike Eckel, una spiegazione per l’apparente asimmetria tra i dati può derivare dalla diversa metodologia di analisi adottata per compiere i test. La città di Mosca, il 23 marzo, ha deciso, infatti, di cambiare il protocollo, considerando positivi al coronavirus i pazienti dopo un singolo tampone, evitando di inviare i campioni al laboratorio di stato a Novosibirsk (Vektor) per un secondo controllo. Come spiega bene Mike Eckel, in questo laboratorio si utilizzava uno strumento che rilevava il virus solo ad uno stadio avanzato, dando un numero molto più alto del previsto di “falsi positivi”. 

Un altro fattore che ha destato numerosi sospetti è legato alla “classificazione” delle patologie. Negli ultimi mesi, infatti, è stato riportato un incremento dei casi legati alla polmonite, che può derivare anche dal virus. Rispetto al periodo 2018-2019, tuttavia, i casi di polmonite sono aumentati del tre per cento a livello nazionale e del 37 per cento a Mosca, secondo l’agenzia Rosstat. A gennaio a Mosca sono stati rilevati, infatti, 6.921 casi di infezioni polmonari, un dato duecento volte superiore a quello del medesimo periodo dello scorso anno.

Naturalmente questi dati hanno sollevato sospetti e dubbi anche tra i medici russi. Anastasia Vasilyeva, responsabile dell’associazione indipendente Doctors’ Alliance (e arrestata proprio il 3 aprile, secondo Amnesty International, per aver svelato alcune delle falle del sistema), è convinta che il governo stia mentendo, classificando i decessi in categorie diverse dal Covid-19. Sospetti rafforzati dalle prime due persone morte, già deboli a causa di altre patologie ed esposte al virus, il cui decesso è stato classificato dai medici come Covid-19 e dalle autorità secondo altre patologie. Il Coronavirus Resource Center della Johns Hopkins University, che monitora la diffusione del virus, ha continuato a calcolare un decesso in Russia dal 19 marzo, mentre le autorità russe al 24 marzo non registravano ancora alcun decesso.

Il ricordo di molti cittadini va, naturalmente, alla gestione di altre gravi crisi che hanno interessato il paese nei decenni scorsi. Basti pensare a Černobyl’ di cui solo ora si iniziano a scoprire tutti i dettagli. Come ha sottolineato Stanovaya, la Russia di oggi non è l’Unione Sovietica di ieri. Dunque, le persone hanno la possibilità di accedere a fonti di informazione diverse da quelle ufficiali controllate dal governo. Sarebbe impossibile nascondere del tutto la verità.

Uno dei motivi della renitenza delle autorità a condividere i dati ufficiali con l’opinione pubblica è anche il timore che si possa realmente conoscere lo stato del sistema sanitario pubblico. Secondo un sondaggio del Levada Center condotto tra il 19 e il 25 marzo, riportato da Radio Free Europe Radio Liberty, molti russi sono convinti che il paese non sia in grado di affrontare un’emergenza sanitaria di questa portata, mentre Il 24 per cento non si fida neanche dei dati ufficiali.

Meduza ha intervistato il personale medico sul campo per capire, al di là dei provvedimenti adottati dalle autorità, la situazione reale. Grazie al riscontro “certificato” di dottori e personale sanitario che hanno voluto mantenere l’anonimato per paura di perdere il lavoro, sono state raccolte alcune importanti informazioni non solo sulle criticità già presenti, ma anche su quanto sta avvenendo ora a causa del coronavirus. Sicuramente si registra la scarsità di dispositivi di protezione personale, respiratori, mascherine, guanti, antisettici (per evitare di infettarsi o infettare i pazienti), tute di protezione (oppure vi sono tute, ma prodotte con materiali di scarsa qualità). In alcuni casi i medici hanno dovuto acquistare le mascherine di tasca propria oppure sono stati costretti a cucire e preparare le mascherine con la garza, pena il licenziamento. Il budget ridotto di alcuni ospedali ha costretto, dunque, il personale a utilizzare anche le mascherine per più di due ore (poi devono essere sostituite) per non sprecare quelle nuove oppure indossare sempre le stesse per giorni di fila.

La dottoressa Anastasia Vasilyeva, responsabile dell’associazione indipendente Doctors’ Alliance. Secondo Amnesty International è stata arrestata il 3 aprile, per aver svelato alcune falle del sistema sanitario russo

Altri hanno confermato l’assenza di misure di protezione contro il Covid-19, giunte solo dopo aver rilevato pazienti positivi al virus. Molti pazienti che hanno problemi polmonari gravi, ma non hanno viaggiato, vengono talvolta lasciati nelle stesse aree di pazienti ancora sani e anche i dottori e il personale sanitario non vengono testati fino alla comparsa dei primi sintomi. In molti ospedali hanno iniziato a misurare la temperatura al personale, vietando tutte le visite. In altri casi i medici hanno dovuto sostenere turni ancora più intensi a causa della presenza non solo dei Covid-19, ma anche dei pazienti affetti da patologie standard, talvolta affetti solo da crisi di panico.

A questo si aggiunge il sottodimensionamento in termini di organico degli ospedali in cui i dottori devono diventare “tuttologi”, occupandosi di altre specialità e lavorando il doppio rispetto all’orario standard. Alcuni vengono richiamati dalle vacanze o viene negata loro la possibilità di prendere giorni di ferie. In realtà, secondo alcuni medici, anche prima del coronavirus la situazione era simile a questa e ora emergono maggiormente le gravi carenze che hanno afflitto negli ultimi anni il sistema sanitario, il calo materiale e motivazionale. Le persone, sempre secondo alcune testimonianze, non amano i dottori, considerati responsabili se qualcosa va storto. Si registra, inoltre, una mancanza di fiducia in chi amministra, essendo tutti abituati a risolvere i propri problemi da soli. Siamo abituati, sostiene uno dei medici interpellati, alle bugie sui nostri aumenti e sull’acquisto delle forniture. In sintesi, vi è carenza di tutto.

Dunque, cosa ne sarà del futuro politico che Putin ha cercato di plasmare in questi ultimi anni? Per Reid Standish di Foreign Policy la sfida posta dal Covid-19, aggravata dalla guerra collegata al prezzo del petrolio, potrebbe essere del tutto nuova rispetto alle minacce degli ultimi decenni, rendendo la Russia incapace di rispondere alla grave crisi che si prospetta in futuro.

Secondo il professore Nikolai Petrov, Senior Research Fellow presso Chatham House, si tratta di un importante “crash test”. Non si può lottare contro il virus “secondo modalità centralizzate”. Stanovaya, analizzando il discorso di Putin del 25 marzo, ha rilevato la sua tendenza a lottare non contro il virus, ma contro il proprio livello di gradimento popolare. Le autorità russe pensano che misure molto rigide diano l’impressione di uno stato che sta perdendo il controllo, incapace di gestire la situazione. Emerge un chiaro conflitto al Cremlino che ha bisogno di ridurre la diffusione del virus, evitando di rovinare la propria posizione politica. Finora stabilità e global standing a livello internazionale potevano forse compensare l’adozione di provvedimenti più autoritari. Ma in questa fase di profonda frustrazione per pensioni, salari, corruzione e ora anche per il virus è emersa la sfiducia popolare verso le autorità.

La nota del portavoce del ministero della difesa russo, il maggior generale Igor Konashenkov, contro l’articolo de La Stampa. Il giornalista Jacopo Iacoboni ha criticato l’effettiva utilità degli aiuti inviati dalla Russia all’Italia.

Il Cremlino potrebbe affrontare la situazione ricorrendo a due metodi familiari: la sorveglianza e la propaganda. In tal senso, come si accennava in precedenza, grazie al Covid-19 stanno testando il sistema di riconoscimento facciale attuato attraverso l’utilizzo di 170.000 telecamere di sorveglianza. Strumenti che, abbinati all’attivazione del QR-code system (per ora sospeso a Mosca), preoccupano gli attivisti per i diritti umani in quanto potranno essere usati in futuro per altri scopi (pensiamo, ad esempio, ai rischi cui potranno essere esposti gli esponenti dell’opposizione durante le manifestazioni). Inoltre, il Cremlino, partendo dal Sovereign Internet Bill, potrebbe isolare alcune regioni rispetto al resto del paese o la Russia dal resto del mondo. In base a questo scenario, il flusso di informazioni sarebbe totalmente controllato dal governo. 

Poi veniamo alla propaganda. Gestire e orientare l’opinione pubblica è una delle attività chiave per il Cremlino che da sempre veicola messaggi di ottimismo (o minaccia) attraverso la tv di stato, evidenziando i fallimenti degli altri paesi. 

Secondo Kolesnikov, la crisi derivante dalla diffusione del coronavirus costituirà una scusa per le difficoltà economiche cui sarà sottoposto il paese nei prossimi mesi: seguendo questo ragionamento, la colpa di tutte le criticità sarà legato al virus e non a un sistema politico ed economico ormai sclerotico.

Secondo l’analisi del Center for European Policy Analysis (Cepa), in queste settimane, mentre il paese lottava contro la diffusione del virus, i medici russi erano privi di dispositivi di protezione, antisettici e sopportavano le carenze di un sistema sanitario ormai “sopraffatto”, la Russia ha deciso di lanciare una campagna diplomatica di aiuti a paesi come l’Italia, l’Iran, il Venezuela, la Corea del Nord, la Mongolia e altri paesi ex Urss. Spesso le forniture si sono rivelate inutili o difettose. Non si tratta, tuttavia, di missioni “umanitarie”, ma di operazioni di propaganda volte a diffondere disinformazione, fake news sul virus (creato secondo il Cremlino dall’Occidente), teorie complottiste attraverso i media di stato, pseudoscienziati. Va incluso anche il desiderio di vendetta per le sanzioni che ancora permangono nei confronti del paese. 

Tra i casi di “aiuti umanitari”, non possiamo non trattare quello italiano (operazione denominata “From Russia with love”) segnalato da La Stampa, che ha rilevato che l’ottanta per cento del materiale era “totalmente inutile o poco utile”. In realtà il quotidiano, pesantemente attaccato da alcuni esponenti del ministero della difesa russo, aveva riportato “dubbi e perplessità, italiane e non, sulla possibile presenza nella missione russa di militari impegnati in missioni di intelligence”.

Altre polemiche hanno accompagnato anche la missione denominata #Russiahelps a supporto degli Stati Uniti. Dopo l’atterraggio negli USA di 600 tonnellate di aiuti umanitari (mascherine, forniture mediche, respiratori), il dipartimento di stato, contrariamente a quanto indicato dalla Russia, ha specificato che si trattava di merce comprata (l’acquisto riguardava solo metà della merce, ha precisato il Cremlino secondo quanto riportato da Steve Rosenberg, in una giornata di dichiarazioni altalenanti e discordanti). Una “beffa”, secondo i medici russi privi delle medesime attrezzature che sono state vendute o “regalate” agli Stati Uniti. 

Secondo quanto riferito da RBC, il carico contiene anche respiratori prodotti da una società controllata da Rostec, soggetta a sanzioni statunitensi. 

Il tweet dell’ambasciata russa in Gran Bretagna con le foto degli “aiuti” inviati negli Stati Uniti. Secondo il dipartimento di stato non sarebbero aiuti umanitari ma parte di uno stock di materiale acquistato regolarmente dagli Stati Uniti.

Russia e Cina hanno offerto un supporto proprio durante questa crisi, ma per ragioni completamente diverse. La Cina sta cercando di “offuscare la propria sconfitta e il ritardo nella fase cruciale del contagio”, mentre la Russia tenta di distogliere l’attenzione da quanto sta avvenendo in Ucraina, Siria e in altre aree controverse.

È, dunque, in corso una competizione tra sistemi politici. Da una parte, l’Occidente e, dall’altra, i paesi che vorrebbero vedere un nuovo ordine mondiale modellato in base alle loro esigenze. Per questi paesi la pandemia, secondo Alexander Baunov, Senior Fellow al Carnegie Moscow Center, è l’occasione per rimetter mano a quell’ordine: il risultato dipenderà dall’atteggiamento dei paesi occidentali e dalla capacità di preservare un senso di solidarietà e di coesione comune. 

E per il Cepa i paesi autoritari vedono in questa crisi mondiale anche una chance per presentarsi sulla scena internazionale quali soggetti responsabili in grado di offrire aiuti ai paesi che un tempo – e il primo pensiero va agli Stati Uniti – erano i primi ad assicurare un contributo significativo.

Non è chiaro chi riuscirà a prevalere: secondo Baunov, la battaglia è tutt’altro che conclusa.

Cremlino e Covid-19, tra propaganda e ambizioni geopolitiche ultima modifica: 2020-04-04T12:47:36+02:00 da ANNALISA BOTTANI
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