È la fine di un’epoca. Oggi il partito laburista britannico ha eletto il suo nuovo leader, Sir Keir Starmer, figura per certi versi antitetica a Jeremy Corbyn, padre padrone del partito negli ultimi cinque anni e autore di una svolta radicale rispetto al Labour di Tony Blair e Gordon Brown.
Dopo la disfatta elettorale dello scorso 12 dicembre, quando i laburisti avevano ottenuto il numero di seggi più basso dal 1935, Corbyn aveva infatti annunciato di non volersi ricandidare alla guida del partito. Di lì a qualche giorno sarebbe cominciata la corsa per la successione che, nonostante l’incertezza e i ritardi provocati dall’epidemia di coronavirus, ha portato oggi alla nomina di Starmer.
Durante tutto il mese di marzo, ogni membro del partito ha potuto esprimere per posta o via mail la sua preferenza per uno dei tre candidati in lizza, che erano stati proposti dai parlamentari e dagli europarlamentari laburisti: Rebecca Long-Bailey, avvocata e “delfina” di Corbyn, Lisa Nandy, candidata con posizioni invece molto distanti dal leader uscente e, appunto Starmer, avvocato cinquantasettenne, prestato alla politica dal 2015 e noto per le sue posizioni moderate.
Starmer era dato favorito dai sondaggi e per questo la sua vittoria al primo turno, con il 56,2 per cento dei voti, non ha troppo stupito i commentatori. Nella compagna appena conclusa il nuovo leader del partito ha potuto contare su endorsement di peso, come quello del sindaco di Londra, Sadiq Kahn, dell’ex primo ministro Gordon Brown e del più grande sindacato britannico, l’Unison.
Una volta che il partito ha proclamato la sua vittoria, in molti sono accorsi a congratularsi con lui, a partire dal primo ministro Boris Johnson e dagli ultimi leader del Labour, da Corbyn a Ed Miliband, da Gordon Brown a Tony Blair. C’è tuttavia anche chi ha fatto notare, come Professoressa Rohan McWilliam, della Anglia Ruskin University, che scegliendo di nuovo un leader uomo il Partito laburista
si è dimostrato, una volta di più, un partito dominato dagli uomini, nel quale le donne non possono ancora aspirare alla leadership,
una critica questa che almeno un po’ di male lo fa, tenuto conto che questa volta due candidati su tre erano donne e che i conservatori, invece, nella loro storia sono già riusciti a nominare due donne primo ministro.

Nato a Londra, nel quartire di Southwark, Keir Starmer è figlio di un costruttore di utensili e di un’infermiera. Deve il suo nome a Keir Hardie, politico scozzese tra i fondatori del partito laburista. Dopo aver studiato legge, si è affermato come un avvocato di successo specializzato nei diritti umani, arrivando a occupare il posto di direttore dell’ufficio del pubblico ministero britannico nel 2008. Pochi anni dopo, nel 2014, ottiene la nomina di “Sir”, cosa che fa di lui il primo baronetto a diventare leader del partito laburista.
Nel 2015 la discesa in politica: Starmer viene eletto membro della Camera dei Comuni per la circoscrizione di Holborn and St Pancras, un posto che riesce a conservare nelle elezioni generali del 2017 e del 2019.
Da membro del parlamento, Starmer si è distinto per la sua opposizione decisa alla Brexit. Con Jeremy Corbyn leader del partito, Starmer ha infatti occupato la posizione di “ministro ombra per la Brexit” e da questo punto di vista ha giocato un ruolo decisivo nello spingere il partito a esprimersi a favore di un secondo referendum, per restare in Europa, alla vigilia del voto dello scorso anno. Una posizione che invece Corbyn non ha mai abbracciato del tutto e questo atteggiamento, a posteriori, può essere visto come una delle ragioni della sua disfatta.
Dopo la vittoria di Boris Johnson in dicembre, Starmer ha in ogni caso ammesso di aver accettato l’idea che il Regno Unito esca dall’Unione europea, ripromettendosi comunque di continuare a lavorare per raggiungere un accordo il più stretto possibile con Bruxelles, che permetta di tutelare lavoratori, consumatori e ambiente.
Se dal punto di vista dei contenuti l’aperta opposizione alla Brexit e il profilo moderato sono gli elementi che più distinguono Starmer da Corbyn, le differenze tra i due non si fermano qui. È anche una questione di stile.
Ci sono modi diversi per ispirare le persone. Puoi ispirare le persone in modo tale che queste vogliano sedersi ai tuoi piedi e attendere la tua prossima parola. Ma questo non sono io,
ha detto Starmer in quella che potrebbe essere letta come una critica indiretta al protagonismo per cui Jeremy Corbyn è stato spesso criticato.
Puoi anche ispirare gli altri creando una squadra di persone che partecipano insieme a te a un viaggio che ha l’ambizione di cambiare il partito e il paese.
Questo è quello che Starmer ha provato a cominciare a fare durante la sua campagna e che dovrà continuare a fare nei prossimi mesi: cercare di riunire un partito diviso, galvanizzato e poi lacerato dalle proposte radicali di Corbyn.
Sempre dal punto di vista dello stile, molto significativa è la scelta di Starmer di pronunciare, poco dopo la sua nomina, le sue scuse alla comunità ebraica per gli atteggiamenti antisemiti di cui si è resa colpevole negli scorsi anni una minoranza del partito laburista e per i quali Corbyn non si era mai veramente scusato.
È quindi l’inizio di un lungo viaggio che, salvo sconvolgimenti in grado di far cadere anzitempo l’attuale governo, punta dritto alle elezioni generali del 2024, quando i laburisti avranno l’occasione di invertire la serie di quattro sconfitte consecutive che hanno inanellato a partire dal 2010.
È l’onore e il privilegio della mia vita essere eletto leader del partito laburista. Condurrò questo grande partito verso una nuova era, con fiducia e speranza, in modo che quando sarà il momento potremo servire di nuovo il nostro paese come partito di governo,
ha dichiarato su Twitter Starmer in seguito all’ufficializzazione della sua nomina.
Il compito del nuovo leader appare gravoso fin dal primo giorno: non dovrà solo riunire il partito, facendo chiarezza là dove Corbyn aveva invece seminato incertezza, ma dovrà anche dimostrare di essere un buon equilibrista, capace da un lato di indossare il mantello dell’anti-Boris Johnson e dall’altro di collaborare con il governo in questa fase di emergenza nazionale.

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