Trasporto aereo ko. Ecco come farlo rialzare. Parla Ivan Viglietti

Per la ripartenza occorre dar vita a un grande vettore nazionale di proprietà dello stato, che potrà essere affiancato o integrato da altre realtà. Intervista col segretario di Uil Trasporti.
TOMMASO BRAIT
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Il trasporto aereo è messo ko dal Covid-19. Il settore è fermo, la crisi è drammatica. Sono necessari “interventi radicali e coraggiosi” da parte del governo, ci dice in quest’intervista Ivan Viglietti, segretario di Uil Trasporti.

Segretario Viglietti, oggi alle 16 ci sarà l’incontro al ministero dei trasporti, cosa vi aspettate dal governo?
Ci aspettiamo che finalmente il governo, in un’azione corale tra ministero dei trasporti, del lavoro e dello sviluppo economico, cominci a lavorare con noi a un progetto di ripartenza del settore. Pensiamo che sia necessario fare degli interventi radicali e coraggiosi perché il settore è attualmente azzerato – non c’è più traffico – e i vettori, al di là di Alitalia che mantiene un minimo di operatività, sono praticamente tutti fermi e c’è una situazione di crisi di tutto il comparto.

Quali sono i punti più urgenti secondo la Uil Trasporti?
Noi chiediamo al governo di mettere in piedi un’azione organica che si può dividere in tre parti:

la prima parte è affrontare l’emergenza: quindi dare il via libera a tutto quell’ambito che va sotto il nome di ammortizzatori sociali che è troppo lento nelle sue procedure, lento nell’erogazione e invece è proprio quello che ci serve per garantire l’occupazione e dare corso alle disposizioni del presidente consiglio dei ministri circa i divieti di licenziamento. Bisogna inoltre alimentare adeguatamente il Fondo di Solidarietà del Trasporto Aereo che serve a dare risposte alla tutela dell’occupazione e al reddito delle persone. 

La seconda parte è un’azione forte e coraggiosa d’investimenti per la ripartenza del settore con una prospettiva temporale di almeno due anni e creare quel volano produttivo – che in Italia purtroppo si è fermato – affinché riparta il settore. 

La chiave di volta è sicuramente la nascita di un grande vettore nazionale di proprietà dello stato che deve avere una capitalizzazione adeguata e non può essere una mini-compagnia. Le dimensioni della compagnia devono essere tali da garantire connettività al paese, che sviluppi il settore cargo e entri nell’ambito della manutenzione – settore nel quale abbiamo sempre eccelso – e creare dunque il famoso campione nazione alla stregua di quello che sta accadendo il Germania con Lufthansa, in Francia e Olanda con AirFrance/KLM e nel regno Unito con British Airways.

È il momento per il governo di gettare il cuore oltre l’ostacolo, altrimenti alla ripartenza del settore del trasporto noi ci ritroveremo, un’altra volta, a giocare il ruolo di comprimari.

Accanto a ciò, occorre ricreare le condizioni di mercato affinché questo nuovo vettore possa operare in modo armonico e naturale, e non in condizioni di competizione svantaggiata com’era in precedenza.

È necessario quindi rivedere le regole di sistema con maggior trasparenza nell’erogazione dei contributi da parte delle società di gestione aeroportuali ed occorre inserire una norma di sostegno che renda il contratto nazionale di settore il riferimento minimo per tutti i lavoratori del comparto. 

Creato questo sistema, il nuovo vettore può essere affiancato o integrato da altre realtà, non ci dimentichiamo che la crisi ha già colpito vettori nazionali come Air Italy, Ernest Airlines e compagnie charter come Blue Panorama stanno avendo fortissimi problemi. C’è un tema di aziende italiane del trasporto aereo in crisi e quindi la soluzione va trovata a 360 gradi. 

Secondo lei, il governo italiano, visto anche l’esiguità degli interventi messi in campo rispetto ad altre nazioni europee – LH riceverà 4,86 miliardi di euro, TUI ne ha ricevuti 1,8 miliardi, AF/KLM 6,5 miliardi di euro- –può, nell’ambito degli aiuti finanziari ai vettori, fare uno sforzo ulteriore?
Deve assolutamente fare di più. L’unico intervento fatto fino ad oggi in termini di sostegno alle imprese, escludendo il campo degli ammortizzatori sociali che sono diretti alla tutela del reddito dei lavoratori, è stato destinare cinquecento milioni a tutto il settore nel decreto “Cura Italia”. È chiaro che in questa situazione disastrosa è un valore estremamente insufficiente, va assolutamente previsto un meccanismo d’investimenti con una leva finanziaria di capitale e debito che deve essere nell’ordine di alcuni miliardi di euro. Bene ha fatto il governo tedesco a prevedere degli aiuti di oltre sette miliardi di euro e una cifra analoga sta per essere stanziata dai governo di Francia e Regno Unito. Gli americani, in misura molto più grande, stanno facendo la stessa cosa. Il governo italiano deve andare su quella strada.

Il perimetro della new company, immaginato dal ministro Patuanelli – così come dichiarato a Radio Rai il 26 marzo – dovrà essere costituito solo da Alitalia, oppure potrà includere anche i lavoratori di altre realtà nazionali?
Noi crediamo che debba essere fatta un’operazione strutturata: il vettore nazionale che dovrà ripartire deve necessariamente avere delle dimensioni tali da rispondere alle esigenze del mercato che verrà, non a quello odierno. Non riteniamo quindi adeguato – sul medio periodo – un dimensionamento, così come dichiarato da alcuni politici, di soli quaranta aerei del nuovo vettore.

Questo nuovo vettore nazionale, al suo interno, o attraverso altre società sempre partecipate dallo stato o dallo stesso vettore, deve andare a sfruttare fasce di mercato fino ad oggi preda di operatori stranieri.

Crediamo quindi che nel futuro del trasporto aereo italiano ci sarà spazio per una compagnia major, per un vettore low cost italiano, per un vettore cargo e uno leisure che si occupi della parte charter. 

Questo si può fare costituendo un vettore unico oppure una holding con al suo interno le varie specializzazioni. Questo è già successo, in passato, con Alitalia Team. Chiaramente l’assetto societario deve vedere lo Stato come elemento centrale. 

Tornando agli aspetti emergenziali della situazione odierna, lei pensa che i tempi tecnici per l’erogazione degli ammortizzatori sociali nella vicenda Alitalia, con quasi 6300 dipendenti da mettere in cassa integrazione, possano costituire un problema?
Assolutamente si. Abbiamo già chiesto al governo di velocizzare le procedure di erogazione perché, in questa fase, la burocrazia che gestisce queste procedure è ancora eccessivamente lenta: passa troppo tempo dal collocamento del lavoratore in cassa integrazione all’effettiva percezione della prestazione e soprattutto passa ancora troppo tempo per l’arrivo delle integrazioni da parte del Fondo di Solidarietà. 

Proprio alla luce di queste problematiche abbiamo chiesto che venga velocizzata la procedura di erogazione da parte dell’INPS e da parte del Fondo anche reintroducendo la possibilità per le aziende di anticipare entrambe le prestazioni ai lavoratori che, incomprensibilmente, venne tolta con un decreto di conversione dell’aprile 2016.

Segretario, alla luce dell’importanza strategica di un vettore di bandiera, viste anche le necessità di approvvigionamento medico a causa del COVID-19, ritiene che esista una necessità strategica nazionale di un vettore cargo controllato dallo Stato e integrato all’interno della nuova compagnia di bandiera?
Noi pensiamo che questa emergenza abbia portato alla luce due fattori determinanti che conoscevamo già prima ma di cui forse il paese non si era reso conto o non aveva percezione. 

Un paese sovrano e moderno non può pensare di delegare a terzi paesi i collegamenti necessari al movimento delle persone e delle merci perché altrimenti si diventa in qualche modo succubi delle decisioni altrui. Questo non significa inibire il libero mercato, ci mancherebbe altro. Vuol dire però che nei settori strategici lo Stato deve mantenere una forza e una presenza rilevante pena il doversi ritrovare senza beni e servizi di prima necessità nel momento in cui altri – che hanno interessi diversi – decidono che è più conveniente sospenderlo. Questo vale in misura uguale dalle reti telefoniche alla rete autostradale, alla produzione di mascherine e al trasporto aereo.

Passata questa situazione emergenziale e terminate le derivanti conseguenze economiche, ritiene che una volta che si tornerà a livelli di traffico simili al pre Covid-19 ci possa essere un problema nel reperire le risorse professionali necessarie a far ripartire la macchina del trasporto aereo se non si mette in atto una politica di ritenzione di queste figure da parte dello Stato e delle aziende?
Assolutamente sì. A mio avviso, una volta rimosse le restrizioni al movimento delle persone, occorrerà comunque un po’ di tempo prima che si possa tornare a volumi di traffico importanti. 

Le incognite sul futuro sono molto forti: è necessario quindi ripensare il settore del trasporto aereo – ecco perché serve lo Stato – dovendo garantire il servizio al paese e quindi è indispensabile tenere conto dei fattori produttivi. Questi sono: il mezzo con il quale si produce il servizio quindi l’aereo, l’aeroporto e le strutture complementari di terra e volo, ma anche il personale.

Quindi va assolutamente posto in essere un bacino di mantenimento delle qualifiche e delle professionalità che deve passare, per quanto possibile, tramite un aiuto alle imprese. Laddove non ci fosse l’impresa il fondo di solidarietà già prevede questa possibilità ma deve essere alimentato. Ecco perché chiediamo – tra le altre cose –  che il fondo di solidarietà venga alimentato in maniera strutturale. 

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Trasporto aereo ko. Ecco come farlo rialzare. Parla Ivan Viglietti ultima modifica: 2020-04-08T15:30:40+02:00 da TOMMASO BRAIT
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