Ecuador. La Perla del Pacifico sfigurata dal virus

Le immagini di Guayaquil con i cadaveri abbandonati nelle strade hanno fatto il giro del mondo facendo pensare che la città abbia potuto anticipare quello che potrà accadere nelle prossime settimane in altre metropoli latinoamericane, dove la povertà e il sovraffollamento urbano costituiranno un moltiplicatore per la diffusione del contagio, acuito dalla carenza, se non spesso dall’assenza, di presidi ospedalieri.
CLAUDIO MADRICARDO
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La ministra degli interni dell’Ecuador María Paula Romo ha fatto il punto della situazione dell’epidemia di coronovirus al 10 aprile. Secondo i dati in possesso del governo, i casi di Covid-19 hanno subito un incremento del quaranta per cento rispetto al giorno prima, portando il numero dei deceduti a 297, con 368 persone che sono in trattamento ospedaliero. 

Secondo i numeri del governo, il 68 per cento della diffusione del coronavirus si concentra nella regione di Guayas dove sorge Guayaquil, la città di tre milioni di abitanti che si affaccia sull’oceano Pacifico, il vero cuore commerciale del paese. “La Perla del Pacifico”. Per la Organización Panamericana de la Salud (OPS) la cifra è destinata ad aumentare nelle prossime settimane.

Con una popolazione di 17 milioni di abitanti, l’Ecuador risulta pertanto il paese dell’America Latina con il maggior numero di morti e di contagiati pro capite. Superato in numeri assoluti solo dal Brasile che conta però una popolazione di 210 milioni di individui. 

Le immagini di Guayaquil con i cadaveri abbandonati nelle strade hanno fatto il giro del mondo facendo pensare che la città abbia potuto anticipare quello che potrà accadere nelle prossime settimane in altre metropoli latinoamericane, dove la povertà e il sovraffollamento urbano costituiranno un moltiplicatore per la diffusione del contagio, acuito dalla carenza, se non spesso dall’assenza, di presidi ospedalieri. 

La violenta eloquenza delle immagini ha spinto il presidente Lenín Moreno ad ammettere che la cifra reale dei decessi e dei contagi è molto più alta dei dati ufficiali, dato che dalla fine di marzo le autorità governative hanno raccolto 1350 cadaveri, spesso avvolti in teli di plastica nera e in avanzato stato di decomposizione favorito anche dal clima caldo umido della città. 

Racconta un medico di Guayaquil – l’abbiamo raggiunto al telefono e preferisce mantenere l’anonimato – che i cadaveri vengono sepolti in scatole di cartone usate per commercializzare frutta e gamberoni in mancanza di bare di legno, e che spesso le imprese di pompe funebri fanno lievitare il costo di un funerale dai trecento dollari che normalmente chiedevano ai tremila attuali. 

Nella situazione d’emergenza che si vive in città, spesso accade che i corpi siano seppelliti e che solo a sepoltura avvenuta sia data informazione alle famiglie attraverso un nuovo portale internet. 

La ministra dell’interno Romo ha dichiarato che saranno avviati controlli sui prezzi praticati dalle imprese funebri, dai crematori e cimiteri, punendo i colpevoli degli aumenti. Mentre la procura generale ha aperto un fascicolo su pagamenti illeciti ottenuti da personale che lavora negli opedali di Guayaquil in cambio della consegna dei cadaveri ai parenti. 

Questa la situazione vissuta a Guayaquil, alla quale si è giunti per una serie di gravi errori e trascuratezze delle autorità cittadine che appartengono a un partito differente da quello di governo, e centrali, pur esse non esenti da colpe e ritardi.

L’Ecuador è un paese in cui c’è una forte componente cinese, e dal quale molti cittadini si sono trasferiti in Spagna e Italia per motivi di lavoro o studio. Non è un caso quindi che i primi due contagi registrati nelle scorse settimane riguardino un cittadino cinese rientrato dalla repubblica popolare e una signora proveniente da Madrid. 

Alle notizie della diffusione del virus le autorità hanno reagito in maniera spesso conraddittoria, sottovalutando il pericolo. In un periodo in cui molti ecuadoriani residenti in Europa facevano ritorno nel loro paese, non si è pensato di chiudere gli aeroporti, e questo è stato il primo errore. 

“Abbiamo chiamato il 911 [emergenza], nessun intervento”

La gente poi pensava di essere in presenza di una variante di un’influenza e gli ospedali non hanno ordinato gli strumenti per affrontare in tempo la crisi. Anche quando il governo ha dato mostra di voler intervenire, ha adottato la misura del coprifuoco per alcune ore al giorno, provvedimento di scarsa utilità per contrastare la diffusione del virus. 

Già prima dello scoppio dell’epidemia – accusa un altro medico al telefono – era impossibile trasportare un paziente dalla provincia in un ospedale cittadino. Io stesso ho visto morire ammalati nell’impossibilità di portarli a Guayaquil. Avere un respiratore in Ecuador prima dello scoppio del Covid-19 era molto complicato, e il sistema ospedaliero era pessimo prima dell’epoca di Rafael Correa, e ha continuato e continua ad esserlo.

Una realtà che si spiega col fatto che la gente non ha accesso alla sanità privata, che potrebbe garantire un certo livello di cure:

In un paese in cui – conclude il nostro interlocutore – la percentuale degli ecuadoriani che hanno un’assicurazione privata credo non arrivi al quattro per cento.

Una volta preclusa la sanità privata, gli ospedali pubblici non hanno alcuna possibilità di farcela, mentre sono molti gli ecuadoriani che pensano che se anche si fosse anticipato un provvedimento di chiusura ormai era troppo tardi, dopo che alla signora venuta da Madrid, il caso zero, era stato concesso tutto il tempo di andare in giro a contagiare una infinità di gente. 

Ne consegue che la scarsa disponibilità di letti ospedalieri determinerà una catastrofe. E se pur esistono sistemi di protezione antivirus per chi lavora nella sanità, per un comune mortale entrare in possesso di una mascherina protettiva è impossibile. 

Questa la situazione descritta dalle persone che abbiamo sentito, in buona parte medici, nella provincia di Guayas, dove i provvedimenti di quarantena sono considerati di difficile attuazione, dal momento che se la gente non esce in strada non mangia. 

La festa organizzata a Guayaquil, già in vigore il coprifuoco, per il matrimonio del rampollo di imprenditori del cacao.

Ciò detto, uno dei motivi di contagio più consistenti è stata una festa organizzata a Guayaquil, già in vigore il coprifuoco, per il matrimonio del rampollo di una ricca famiglia. Un’occasione mondana alla quale ha partecipato molta gente da molte parti del mondo.

Per organizzarla, denuncia il 4 aprile elsaltodiario.com,

si tralasciò completamente la quarantena perché far parte dell’oligarchia ti permette di saltare le regole, compresa quella del rispetto della vita degli altri.

Tanto più che, trattandosi dei padroni del cacao, per i quali l’Ecuador è solo un feudo, dell’evento come possibilità di contagio si è parlato molto poco, molto meno di quanto i giornali hanno scritto della paziente zero. Quando con tutta probabilità avrebbero avuto buon motivo di farlo, visto che molti degli invitati provenivano dall’Italia, già allora nota per essere colpita dall’epidemia, a tal punto che

molto probabilmente – conclude il giornale – questa festa è il secondo focolaio del contagio a Guayaquil.

“Come mi sento?” mi dice una dottoressa che, come molti suoi colleghi, si è specializzata in Spagna:

Mi sento piena di vergogna di fronte ai provvedimenti presi dal governo centrale in una maniera, diciamo così, molto sottile. Non in modo drastico come hanno fatto altri paesi. Si parlava di un virus che veniva dalla Cina, mentre già si era diffuso in Italia e in Spagna. Con tutti gli emigranti ecuadoriani che vivono in quei paesi, il ministero della sanità non ha preso misure. In questo momento tutti gli ospedali cittadini stanno curando pazienti affetti da Covid-19 e tutto il personale sta discutendo su come proteggersi. Insomma tutte le misure prese dal governo sono state molto sottili, voglio dire inutili.
Guayaquil è una città autonoma governata dal Partito Socialcristiano di destra che ha dato grande impulso alla medicina privata. Mentre l’ospedale pubblico lo considera come fosse una cloaca. In Ecuador esiste una rete sanitaria pubblica, anche se non funziona come quella che avete in Europa, e la nostra società, la società di Guayaquil, è molto classista e lavora molto di più con cliniche e assicurazioni private. Assolutamente normale, quindi, che la sanità pubblica in città abbia collassato.

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Ecuador. La Perla del Pacifico sfigurata dal virus ultima modifica: 2020-04-11T18:18:01+02:00 da CLAUDIO MADRICARDO
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