In mezzo agli aggiornamenti riguardanti il coronavirus, una notizia di cronaca dalla Turchia è passata praticamente inosservata. Si tratta del decesso, avvenuto il 3 aprile, della cantante e attivista Helin Bölek, 28 anni, dopo 288 giorni di sciopero della fame. İbrahim Gökçek, un altro membro del gruppo Grup Yorum di cui anche Bölek faceva parte, sta continuando la protesta, ormai giunta quasi al trecentesimo giorno. Le loro richieste includono il rilascio dei membri della band arrestati, l’annullamento dei mandati di cattura e del divieto per il gruppo di esibirsi in concerto.
Il Grup Yorum infatti è da sempre nel mirino del governo a causa delle sue canzoni dai temi politici e delle sue idee di sinistra. Nel corso della sua carriera trentennale, la band ha visto album sequestrati, concerti annullati (le esibizioni del gruppo sono proibite dal 2016) e frequenti raid della polizia al Centro culturale İdil a Istanbul, base del gruppo, con relativi danni e sparizioni di spartiti e strumenti. Fondato nel 1985 da studenti universitari per denunciare gli abusi seguiti al golpe del 1980, il gruppo si è presto fatto conoscere, diventando popolare grazie alla combinazione di sonorità tradizionali anatoliche (inclusi testi spesso cantati in lingue locali) con argomenti come la violazione dei diritti umani e la violenza di stato, che in Turchia rasentano il tabù.

Per questo, nonostante il grande successo, con ventitré album pubblicati, due milioni di dischi venduti e diversi concerti all’estero, il gruppo è stato ed è tuttora al centro di molte vicende giudiziarie. L’ultimo di tali processi è iniziato a febbraio scorso e coinvolge una trentina di imputati con l’accusa di appartenere o sostenere il DHKP-C (Partito-Fronte Rivoluzionario di Liberazione Popolare), un’organizzazione marxista-leninista considerata terrorista da Turchia, Unione Europea e Stati Uniti.
La numerosa formazione del gruppo, che nel corso della sua lunga carriera ha spesso cambiato componenti, attualmente conta una ventina di membri, due dei quali fuggiti all’estero nel 2018 e sette invece dietro le sbarre. Fra questi vi erano anche Bölek e Gökçek, rilasciati a novembre scorso dopo vari mesi di sciopero della fame. L’11 marzo la polizia aveva fatto irruzione nell’abitazione in cui si trovavano i due, che erano stati successivamente trasferiti in ospedale contro la loro volontà. Le condizioni di Bölek hanno tuttavia continuato a peggiorare e, meno di un mese dopo, è deceduta.
Moltissimi sono stati i messaggi e le espressioni di cordoglio, provenienti da attivisti, esponenti del mondo della musica, dello spettacolo e della politica, tra cui deputati dei partiti d’opposizione HDP e CHP. Molto aspre anche le critiche contro il governo, visto come il responsabile principale di una tragedia che si sarebbe potuta evitare attraverso il dialogo.


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