Messico. La solitudine del presidente

López Obrador ha ottenuto il più grande successo elettorale della storia del paese nordamericano, sulla base di una credibilità conquistata con lunghi anni di battaglie politiche. Oggi, però, non riesce a mettere in campo le forze necessarie per la trasformazione reale del paese.
FRANCO AVICOLLI
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Nel suo ultimo report trimestrale pronunciato in piena fase pandemica del Covid-19, il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador (Amlo) ha illustrato i provvedimenti di politica economica confermando la politica di austerità e di moralizzazione avviata in apertura di mandato. Le misure denotano l’attenzione riservata alla popolazione meno abbiente fra cui il commercio al dettaglio, dove si concentra il “lavoro informale” privo di misure protettive e sostanzialmente dipendente dalla mobilità della popolazione, le comunità contadine storicamente abbandonate a se stesse, i giovani incentivati a seguire programmi di apprendistato con un piccolo salario. Finanziamenti importanti sono destinati alle scuole, alla costruzione di una rete viaria rurale e di case popolari.

Amlo in un recente incontro pubblico.

Il presidente ha, fra l’altro, registrato una diminuzione dei rapimenti, dei furti e degli omicidi che nel primo trimestre, però, hanno superato le settemila unità, confermando l’alto indice delittivo che nel 2019 ha raggiunto il record storico di 35.588 vittime. L’elenco dei provvedimenti comprende la costruzione del nuovo aeroporto di Città del Messico, della raffineria dello stato natale di Tabasco e varie altre opere, tra cui l’avvio della costruzione degli oltre mille chilometri del controverso treno maya.

Il tutto, sottolinea Amlo, senza aumentare le tasse e il debito pubblico, ma con la lotta alla corruzione, alla diminuzione degli stipendi delle alte cariche dello stato, che nel corso dell’anno subiranno un’ulteriore decurtazione, e a un forte taglio alle spese, fra cui quella consistente dei mass media. Fra i vanti del proprio governo, il presidente ha giustamente ricordato lo sradicamento della tortura, lo smantellamento della rete di corruttela, dei connubi e complicità tra lo Stato e la delinquenza organizzata. 

Tutto sommato, il report riflette quanto il presidente del Messico ha promesso in campagna elettorale. Tuttavia, non si riesce a percepire qual è il progetto di paese e se la giustizia sia un metodo di governo o una sua ragione. Le guerre dei vari cartelli del narcotraffico, nonché l’entità del malaffare nell’economia, sarebbero sufficienti per mostrare la difficile situazione in cui si trova a operare il governo. Le necessità della popolazione sono enormi e i provvedimenti presi sono sicuramente necessari, ma danno la sensazione di una politica troppo schiacciata sull’idea del riscatto rigeneratore del popolo e su uno sviluppo come generica fonte di nuove possibilità e ricchezze. 

Il complesso dei provvedimenti attacca le rendite di posizione o l’uso a fini privati dei beni pubblici, pone fine al furto diffuso del petrolio, ad esempio, ma non prospetta una politica energetica. Manifesta il proposito di costruire un futuro per i giovani, ma non riforma il sistema scolastico pubblico né in materia formativa, né di trattamento economico del personale scolastico. Ben poco può la riforma del diritto del lavoro in un quadro economico caratterizzato dalle regole dell’economia di mercato e dai protagonisti di sempre.

In Messico ci sono attualmente più di 5.800 casi di Covid-19 e 449 morti

Grandi provvedimenti con capitale pubblico in opere strutturali nel sistema scolastico, nella scienza e nella cultura potrebbero dare allo Stato un importante e necessario ruolo di indirizzo e, insieme, formare gruppi sociali e una classe dirigente capaci di essere il vento rigeneratore del paese e la sua ossatura. Fondamentale sarebbe la creazione di un sistema sanitario pubblico necessario per risolvere la più macroscopica delle ingiustizie sociali, legata appunto al diritto alla salute. Il tal senso, l’arrivo del coronavirus in Messico può essere considerato come un evento “propizio” per affrontare il problema con tutte le sue implicazioni sociali. 

Ma l’atteggiamento di Amlo nei confronti della pandemia virale guarda in altra direzione, rivelando che la Quarta Trasformazione da lui indicata manca di obiettivi strutturali e non solo in chiave interna, ma anche sul piano internazionale, con un sistema di alleanze che permetterebbe di ridefinire i rapporti tra gli Stati Uniti, il Messico e l’America Latina come era sembrato per le questioni del Venezuela, della Bolivia e dalle problematicità dei fenomeni migratori. Il tutto in un mondo in cui l’1 per cento della popolazione dispone di una ricchezza superiore al restante 99 per cento. Qual è il ruolo del Messico in tale contesto globale? 

In apertura del report, e a conferma di una sua inadeguata valutazione, Amlo ha definito “transitoria” l’epidemia virale, aggiungendo che il suo antidoto fondamentale è “il popolo che ha sempre salvato il paese e ha permesso al Messico di recuperarsi da terremoti, epidemie, corruzione e corrotti”. 

Come indicano gli avvenimenti in corso, esperti, analisti, scienziati, figure autorevoli della cultura e della politica, il Papa, la crisi è senza precedenti ed è epocale, stravolge i sistemi produttivi e i meccanismi della convivenza sociale obbligando gli stati a prendere provvedimenti eccezionali che costringono alla lontananza sociale e alla limitazione delle libertà individuali, all’interruzione dei cicli di produzione di beni, a scelte che avranno effetti a lungo termine e di grande peso. 

Il coronavirus mette in evidenza i punti deboli dei sistemi fra cui la salute e la precarietà della vita nella sua modalità biologica più elementare ed essenziale, cioè della vita come valore in sé, anche se è quella di un anziano alla cui fine manca soltanto un giorno. E le decisioni in tale direzione sono elemento qualificante dei governi e degli stati. C’è appunto da domandarsi perché Amlo, che qualifica il riformismo del proprio governo con la difesa delle classi meno abbienti, possa ridurre un evento di tale portata a una fastidiosa questione transitoria. 

Human Rights Watch ha criticato la gestione del presidente della pandemia di Covid-19. Nonostante le raccomandazioni delle autorità sanitarie ha continuato a svolgere incontri pubblici, con scarsa attenzione per le distanze

In questo senso, la figura di un presidente che ha ottenuto il più grande successo elettorale della storia del Messico sulla base di una credibilità conquistata con lunghi anni di battaglie politiche appare in una solitudine che per alcuni aspetti è tragica.

Perché il popolo informale del Messico è sicuramente abituato ai sacrifici ed è capace di sorreggere il paese in caso di pericolo, ma è necessario che esso diventi esercito di tale trasformazione e non semplice destinatario di una temporanea bonifica morale che, per quanto necessaria, non riesce a mettere in campo le forze necessarie per la trasformazione reale del paese.

A differenza di altre occasioni, López Obrador ha parlato nel Cortile d’onore del Palazzo Presidenziale e senza pubblico. E nelle parole e circostanze risuona l’eco di Octavio Paz e del suo labirinto, di García Marquez con Macondo, di Juan Rulfo con Pedro Paramo e Comala, e della solitudine delle loro narrazioni che non riesce a diventare storia. 

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Messico. La solitudine del presidente ultima modifica: 2020-04-16T11:34:57+02:00 da FRANCO AVICOLLI
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